di Viktor Orban

(Trascrizione del discorso di Viktor Orban in occasione dell’apertura della Conservative Political Action Conference di Budapest, il 19 maggio 2022. Traduzione da: About Hungary)

Signore e signori, cari amici americani e conservatori di tutto il mondo, vi do il benvenuto. E un benvenuto speciale al mio amico Václav Klaus. Non è una sorpresa che sia l’uomo più intellettualmente coraggioso d’Europa, perché è ricco di anni; ma ciò che sorprende tutti è che sia ancora il più giovane e il più fresco tra noi. Caro Klaus, grazie per essere venuto e per essere qui con noi.

So che tutti voi meritate un discorso migliore di questo, ma sappiamo come non si possa nuotare o correre a tempo di record la mattina. Vi prego di tenerlo a mente mentre ascoltate le mie riflessioni. Comunque, è bello avervi qui. Il tempismo è una felice coincidenza: un mese fa abbiamo ottenuto la quarta vittoria elettorale consecutiva, quattro giorni fa ho formato il mio quinto governo conservatore e cristiano e ora sono qui con voi. È sempre bello poter parlare tra amici, ed è particolarmente bello avere qualcosa con cui sostenere le proprie parole; e noi ungheresi sentiamo giustamente di avere qualcosa con cui sostenere le nostre parole.

Come hanno vinto i conservatore ungheresi

Abbiamo fatto molta strada, amici miei. Negli anni Ottanta leggevamo ciò che accadeva negli Stati Uniti dai samizdat distribuiti illegalmente nell’ex blocco orientale; e ora eccoci qui, con l’Ungheria che ospita il più importante raduno politico del Partito Repubblicano, il Grand Old Party. Ricordo bene come vi invidiassimo allora: invidiavamo la vostra cultura del dibattito democratico, la libertà con cui organizzavate gli affari pubblici in America; invidiavamo il vostro Presidente Reagan per il suo carisma, la sua grinta, la sua arguzia e le sue politiche – e, naturalmente, facevamo il tifo per lui. Tutto ciò che avevamo noi erano i funzionari comunisti in abito grigio e il loro Newspeak politico, un’atmosfera soffocante e senza speranza.

Cari amici americani: se avete visto la serie “Chernobyl”, potete avere un’idea di ciò di cui sto parlando. Abbiamo avuto quaranta lunghi anni di quella roba. E oggi ospitiamo questo grande evento, per il quale vorrei ringraziare gli organizzatori – ma soprattutto voi, che ci onorate della vostra presenza. A nome di tutti gli ungheresi, ringrazio i nostri amici americani e quelli di altri Paesi per averci onorato e per essere venuti qui a Budapest.

Come posso contribuire all’incontro di oggi? Forse raccontandovi come abbiamo vinto: come abbiamo sconfitto prima il regime comunista; poi come abbiamo sconfitto i progressisti; infine, più recentemente, come abbiamo sconfitto la Sinistra liberal internazionale quando ha unito le sue forze contro l’Ungheria nelle elezioni. Ora vi dirò come li abbiamo sconfitti per la prima, seconda, terza, quarta e quinta volta – e come li sconfiggeremo ancora. Come cantano i tifosi del Fradi [squadra di calcio del Ferencváros]: “Ancora, ancora, ancora, ancora, c’è ancora da segnare!”. Vi racconterò come ferventi studenti universitari sono riusciti a smantellare una dittatura, poi a rompere l’egemonia sulle opinioni dei comunisti di ritorno e dei liberal, e come sono riusciti a porre fine al dominio dei progressisti nella vita pubblica. Vi racconterò come l’Ungheria sia diventata un bastione dei valori conservatori e cristiani in Europa. Invece del mio lungo discorso, naturalmente, lo stesso lo si potrebbe raccontare in modo breve e semplice. Abbiamo imparato dal generale Patton come la battaglia faccia emergere tutto il meglio e rimuova tutto ciò che è basso. Questo vale anche per il campo di battaglia politico. Qui, amici miei, solo i migliori rimangono in piedi – o, in breve, la condizione ultima per la vittoria è che dobbiamo diventare i migliori. Si può vincere se si è i migliori.

La lotta contro il regime comunista

Cominciamo col dire che voi, politici amanti del proprio Paese, vi trovate di fronte a un problema che noi ungheresi abbiamo già affrontato con successo. Questo problema – se non sbaglio, sia in America sia in Europa occidentale – è il dominio sulla vita pubblica da parte dei liberal-progressisti. Il problema è che essi occupano le posizioni più importanti nelle istituzioni più importanti, che occupano le posizioni dominanti nei media e che producono tutte le opere di indottrinamento politico nella cultura alta come in quella di massa. Loro – la Sinistra progressista – ci dicono cosa sia verità e cosa no, cosa sia giusto e cosa sbagliato. E come conservatori, il nostro destino è quello di sentirci nella vita pubblica del nostro Paese come Sting si sentiva a New York: uno “straniero legale”.

Questa era la situazione anche in Ungheria. Trent’anni fa, anche qui la Sinistra era al potere – e c’era persino una dittatura comunista. L’intera macchina dello Stato lavorava per rafforzare il potere dei comunisti. Per quanto possa sembrare strano, noi – e io – siamo cresciuti in un “mondo woke“. Solo che allora la teoria critica della razza si chiamava “socialismo scientifico” e veniva insegnata all’università nello stesso modo in cui si insegna quella woke nel vostro Paese. Dittatura socialista quotidiana: ecco in cosa siamo cresciuti. Politicamente corretto, Newspeak orwelliano, controllo statale dell’agone pubblico, espropriazione della proprietà privata e stigmatizzazione della Destra.

Sotto il comunismo si scherzava sul fatto se fosse possibile scherzare sotto il comunismo. La barzelletta immaginava che in Unione Sovietica si tenesse un concorso di barzellette politiche, alle seguenti condizioni: il concorrente che si fosse classificato terzo avrebbe vinto un viaggio tutto compreso in Siberia per due settimane, il secondo classificato per un anno e il vincitore per la vita.

L’alleanza liberali-postcomunisti e la riconquista conservatrice

Se sentite che questa battuta stia diventando sempre più significativa per voi, è arrivato il momento di passare all’azione. In ogni caso, ci siamo sollevati e alla fine degli anni ’80 abbiamo deciso di dire basta. Volevamo riconquistare il nostro Paese e la nostra libertà; volevamo riconquistare la libertà della nostra Patria. I comunisti non ce lo hanno lasciato fare senza reagire: attacchi della polizia, divieti, intercettazioni, agenti statali infiltrati, minacce e ricatti. Ma noi abbiamo perseverato e abbiamo vinto. Fuori i sovietici, abbattuti i comunisti. Pensavamo di aver finalmente ottenuto ciò che volevamo, ma ci sbagliavamo: sotto la dittatura liberali e conservatori avevano stretto un patto anticomunista, ma alla prima successiva occasione i liberali si erano schierati con i comunisti. Si è scoperto come in realtà fossero alleati naturali. Se non erro, questo tipo di alleanza peccaminosa si è vista anche negli Stati Uniti. Summa summarum, la vita pubblica dopo le prime elezioni libere in Ungheria era dominata dai post-comunisti, dai liberali e dai progressisti, e la Destra ungherese si trovò spiazzata. Quando il mio amico Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali statunitensi nel 2016, una delle sue principali promesse riguardava la necessità di “prosciugare la palude”. Il Presidente Trump ha dei meriti innegabili, ma nonostante ciò non è stato rieletto nel 2020. Ha fatto la stessa fine del nostro primo governo conservatore e cristiano nel 2002: abbiamo governato in modo eccellente – dopo tanti anni posso forse concedermi tanta immodestia – ma siamo stati trascinati dalla palude della sinistra ungherese. E poi, tra il 2002 e il 2010, abbiamo assistito a ciò che generalmente accade in queste circostanze: i socialisti hanno speso i soldi del popolo. L’Ungheria è sprofondata nel debito, l’economia è caduta in recessione, l’inflazione è andata fuori controllo, la disoccupazione è aumentata e la gente non è riuscita a pagare le bollette. Scoppiò la violenza di strada e i gruppi paramilitari si misero in marcia. È passato molto tempo, ma non dimentichiamolo: una serie di omicidi a sfondo etnico indignò l’opinione pubblica. La Sinistra aveva tagliato a tal punto le spese per la polizia da renderla incapace di mantenere anche solo una parvenza di ordine, con la legge che proteggeva i criminali piuttosto che le vittime.

Amici americani: penso abbiate visto qualcosa di simile. Le Scritture recitano come segue: “Ogni albero si riconosce dai suoi frutti”. Ebbene, i frutti del governo progressista parlano da soli: rovina economica e violenza di strada. Quando un governo di sinistra sale al potere, la storia finisce quasi sempre nello stesso modo. Ma, cari amici, nel 2002 abbiamo organizzato un movimento popolare e di resistenza intellettuale con le truppe che ci rimanevano dopo la sconfitta elettorale. Non abbiamo adottato un atteggiamento difensivo e non ci siamo rassegnati alla condizione di minoranza; abbiamo giocato per vincere e proclamato la Reconquista.

Il piano ebbe successo. Nel 2010 tornammo. Abbiamo lavorato per otto anni: passo dopo passo, mattone dopo mattone, abbiamo combattuto e costruito. La formula è completa. L’Ungheria è il laboratorio in cui abbiamo testato l’antidoto al dominio dei progressisti. Abbiamo appeso il camice al chiodo, questa primavera l’Ungheria ha ricevuto la quarta dose e posso dire che il paziente è completamente guarito. Il farmaco è open-source, gratuito e comprende dodici punti – che ora condividerò con voi. A beneficio dei nostri amici stranieri, preciso che il dodici è il numero fortunato dei combattenti per la libertà ungheresi.

Le dodici regole per il successo

Il primo punto della formula ungherese è giocare secondo le proprie regole. L’unico modo per vincere è rifiutare le soluzioni e i percorsi offerti dagli altri. Come diceva Churchill, avere dei nemici è un segno sicuro che si sta facendo qualcosa di giusto. Per questo non dobbiamo scoraggiarci se veniamo diffamati, se veniamo bollati come deplorevoli o se veniamo trattati all’estero come dei piantagrane. Anzi, sarebbe sospetto se non accadesse nulla di tutto ciò. Ricordate che chi gioca secondo le regole dell’avversario è destinato a perdere.

Il secondo punto: il conservatorismo nazionale in politica interna. La causa della nazione non è una questione di ideologia e nemmeno di tradizione. La ragione per cui le chiese e le famiglie devono essere sostenute è che sono i mattoni della nazione. Questo significa anche che bisogna stare dalla parte degli elettori. Abbiamo deciso di fermare l’immigrazione e di costruire il muro al confine meridionale perché gli ungheresi avevano detto di non volere immigrati clandestini. Dissero: “Viktor, costruisci quel muro!”. Tre mesi dopo la barriera di confine era in piedi. Il segreto è non pensare troppo: la barriera ungherese è una semplice struttura rete metallica con rilevatori di movimento, torri di guardia e telecamere; ma questo è sufficiente, se la gente vuole proteggere il proprio Paese. Il tallone d’Achille dei progressisti è proprio quello di voler imporre i propri sogni alla società. Ma per noi tale pericolo è anche un’opportunità, perché quando si tratta di questioni importanti, in realtà alla gente non piacciono i sogni della Sinistra. Bisogna trovare le questioni su cui la Sinistra è completamente fuori dalla realtà e metterle in evidenza, ma in un modo che possa essere compreso anche da chi non è uno scienziato.

Terzo punto: l’interesse nazionale in politica estera. I progressisti pensano sempre che la politica estera sia una battaglia di ideologie: una battaglia tra buoni e cattivi, in cui il corso della storia sarà deciso una volta per tutte. Ma a mio avviso, cari amici, negli ultimi cento anni ci sono state almeno quattro di queste “grandi battaglie finali”. C’è qualcosa di sbagliato in tale concezione. La nostra risposta dovrebbe essere una chiara e semplice antitesi ai progressisti: prima la nazione! Prima l’Ungheria! Prima l’America! Abbiamo bisogno di una politica estera basata sui nostri interessi. Non è sempre facile, perché il mondo della politica estera è spesso complicato. Prendiamo la guerra in corso al nostro confine. La Russia è l’aggressore e l’Ucraina la vittima. Condanniamo l’aggressore e aiutiamo la vittima dell’aggressione. Ma allo stesso tempo sappiamo che l’Ucraina non sta difendendo l’Ungheria. È un’idea insensata! L’Ungheria può essere difesa dalla NATO e dalle forze di difesa ungheresi. In proporzione alla nostra popolazione, abbiamo accolto il maggior numero di rifugiati e il popolo ungherese è felice di aiutare. Sono felici di aiutare, gli ungheresi, ma non vogliono pagare il prezzo della guerra, perché non è la loro guerra e non trarrebbero alcun vantaggio da essa. Sanno bene che la guerra è accompagnata da sanzioni, inflazione dilagante e stagnazione economica; sanno che la guerra impoverisce sempre le persone. Non dobbiamo cedere alle voci delle sirene, per quanto allettanti possano sembrare. Il nostro obiettivo è ripristinare la pace, non continuare la guerra, perché questo è il nostro interesse nazionale. Prima l’Ungheria!

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Quarto punto: dobbiamo avere i nostri media. Possiamo mostrare le idee folli della Sinistra progressista solo se abbiamo dei media che ci aiutano a farlo. Le opinioni di sinistra sembrano essere maggioritarie solo quando i media contribuiscono ad amplificarle. La radice del problema è che i moderni media occidentali si allineano alle opinioni della Sinistra. I giornalisti sono stati istruiti all’università da personaggi di sinistra progressista. E non appena una figura conservatrice appare sui media, viene criticata, attaccata, diffamata e vilipesa. Conosco la vecchia etica della democrazia occidentale, secondo la quale la politica di partito e la stampa devono essere separate. È così che dovrebbe essere. Ma, cari amici, i democratici negli Stati Uniti, per esempio, non rispettano queste regole. Provate a contare quanti media sono al servizio del Partito Democratico: CNN, New York Times, l’elenco continua – potrei continuare fino a notte fonda. Naturalmente, anche il Grand Old Party ha dei media alleati, ma non possono competere con il dominio dei media da parte dei liberali. Il mio amico Tucker Carlson si staglia saldo e solitario. Il suo programma ha gli ascolti più alti. Che cosa significa questo? Significa che ci dovrebbero essere programmi come il suo giorno e notte – o, come dite voi, 24×7.

Quinto punto: smascherare le intenzioni dell’avversario. Come condizione per la vittoria, il sostegno dei media è necessario, ma non sufficiente. Dobbiamo anche abbattere i tabù. Forse non c’è bisogno di spiegarlo agli amici americani, perché quale demolitore di tabù è più grande del Presidente Donald Trump? Ma si può sempre alzare l’asticella: dobbiamo abbattere non solo i tabù di oggi, ma anche quelli di domani. Qui in Ungheria smascheriamo ciò che la Sinistra sta preparando prima ancora che agisca. All’inizio lo negheranno, ma il successo è ancora più dolce quando si scopre che abbiamo sempre avuto ragione. Per esempio, c’è la questione della propaganda LGBTQ rivolta ai bambini. Qui è ancora una novità, ma noi l’abbiamo già distrutta. Abbiamo portato la questione alla luce del sole e indetto un referendum. La stragrande maggioranza degli ungheresi ha rifiutato questa forma di sensibilizzazione dei bambini. Rivelando tempestivamente ciò che la Sinistra stava preparando, li abbiamo costretti sulla difensiva e, quando hanno attaccato la nostra iniziativa, alla fine sono stati costretti ad ammettere la realtà del loro piano. Permettetemi di citare di nuovo il generale Patton: “Un buon piano, violentemente eseguito ora, è meglio di un piano perfetto eseguito la prossima settimana”.

Sesto punto: economia, economia, economia. Sappiamo tutti che la Sinistra vuole gestire l’economia secondo nozioni astratte. Questa è una trappola per la Destra. Non cadeteci mai! Quando siamo saliti al potere, abbiamo deciso che dovevamo perseguire solo politiche economiche che andassero a beneficio della maggioranza degli elettori. Qui in Ungheria abbiamo un motto a riguardo: “Anche chi non ha votato per noi finisce per stare meglio”. In questo siamo l’opposto dei progressisti: anche chi ha votato per loro sta peggio. In ultima analisi, la gente vuole posti di lavoro, non teorie economiche. La gente vuole fare un passo avanti nella vita e vuole per i propri figli una vita migliore rispetto a quella che ha avuto. Se un governo di destra non è in grado di offrire tutto questo, è destinato al fallimento.

Settimo punto: non lasciarsi spingere all’estremo. Dico questo perché teorie cospirative estreme si manifestano di tanto in tanto a destra, così come utopie estreme si manifestano regolarmente a sinistra. Se guardiamo più a fondo, vediamo che in realtà la gente non vuole né l’una né l’altra cosa. Ma, cari amici, qual è la differenza tra la negazione della scienza da parte dell’estrema destra e la negazione della biologia da parte dei movimenti LGBTQ? La risposta è semplice: non c’è alcuna differenza. Dobbiamo rendere a Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio e alla scienza ciò che è della scienza. Possiamo guadagnare un’immensa popolarità sui forum di Internet promuovendo teorie cospirative – e in effetti a volte c’è del vero in esse; ma in realtà ci alieneremo una gran parte dell’elettorato, ci ritroveremo ai margini e alla fine perderemo.

Ottavo punto: leggere ogni giorno. Un libro al giorno allontana la sconfitta. So che sembra strano. Non sono un accademico, ma il fatto è che nessuna invenzione ha ancora superato il libro come veicolo di comprensione e trasmissione delle idee. Il mondo sta diventando sempre più complesso e dobbiamo dedicare del tempo alla sua comprensione. Io, per esempio, ogni settimana dedico un giorno intero alla lettura. La lettura ci aiuta anche a capire cosa pensano i nostri avversari e dove il loro pensiero è fallace. Se sappiamo questo, il resto è pura tecnica. Dobbiamo tradurre tutto ciò nel linguaggio dell’azione quotidiana e della comunicazione politica. È vero che lo spin doctor è una figura utile, ma la comprensione del problema deve essere fatta da noi politici.

Nono punto: avere fede. La mancanza di fede è pericolosa. Se non credete che ci sarà una resa dei conti finale e che sarete chiamati a rispondere delle vostre azioni davanti a Dio, penserete di poter fare tutto ciò che è in vostro potere. Incoraggiamo quindi i futuri giovani politici conservatori a impegnarsi nella fede. Inizialmente non la consideravo una priorità, ma ho imparato che se dedichiamo tempo alla nostra fede, il successo arriverà più facilmente. Sono stato membro del Parlamento per trentadue anni e sto iniziando il mio diciassettesimo anno come Primo Ministro. Ho ascoltato le parole del profeta Isaia, che ha detto: “Se non resterete saldi nella vostra fede, non resterete affatto in piedi”. In politica, cari amici, questa è la legge.

Decimo punto: fatevi degli amici. I nostri avversari, i liberali progressisti e i neomarxisti, hanno un’unità inesauribile: si coprono le spalle a vicenda. Noi conservatori, invece, siamo capaci di litigare tra di noi anche per la più piccola questione. E poi ci stupiamo di come i nostri avversari ci mettano all’angolo. Noi possediamo una certa raffinatezza intellettuale e ci preoccupiamo delle sfumature intellettuali. Ma se vogliamo avere successo in politica, non dobbiamo mai guardare a ciò su cui non siamo d’accordo, ma piuttosto cercare i nostri punti in comune. Faccio un esempio. Il Vaticano è uno dei nostri più importanti alleati europei. È un alleato in quanto custode dei valori cristiani, nel sostegno alle famiglie, e insieme affermiamo che un padre è un uomo e una madre è una donna. Siamo uniti per la pace e per i rifugiati dall’Ucraina. Ma sulla migrazione illegale il nostro pensiero diverge. Non dobbiamo guardare alle questioni su cui possiamo impegnarci in dispute accese, ma cercare modi in cui possiamo lavorare insieme. Credetemi, se non lo facciamo, i nostri avversari ci daranno la caccia uno a uno.

Undicesimo punto: costruire comunità. Amici miei, nel corso degli anni ho imparato che non c’è successo politico conservatore senza comunità funzionanti. Meno comunità ci sono e più le persone sono sole, più gli elettori vanno ai liberali; e più comunità ci sono, più voti otteniamo noi. È così semplice. Non c’è bisogno che ve lo spieghi: gli Stati Uniti hanno i club, le società e le comunità meglio funzionanti al mondo. Quello che dobbiamo capire è che un’entità politica deve comprendere queste comunità.

Infine, il dodicesimo punto: costruire istituzioni. Per una politica di successo, occorrono istituzioni e istituti. Che siano think tank, centri educativi, laboratori di talento, istituti di relazioni estere, organizzazioni giovanili o altro, devono avere un aspetto politico. Non dimentichiamo che i politici vanno e vengono, ma le istituzioni restano con noi per generazioni. Le istituzioni hanno la capacità di rinnovare intellettualmente la politica. Servono sempre nuove idee, nuovi pensieri e nuove persone. Se si esauriscono, noi esauriremo le munizioni e il nostro avversario non avrà pietà nel metterci al tappeto.

La nuova minaccia comunista che viene da occidente

Il mondo intero sta subendo enormi cambiamenti. È strano ma vero che le ideologie distruttive del fascismo e del comunismo siano nate in Occidente. Non avremmo mai pensato che i comunisti potessero tornare non solo dall’Est, ma anche dall’Ovest. Ora vediamo che i progressisti stanno minacciando l’intera civiltà occidentale, e il vero pericolo non viene dall’esterno ma dall’interno. Voi, cari amici americani, vi trovate di fronte a ciò negli Stati Uniti, mentre noi ci troviamo di fronte allo stesso nell’Unione Europea. Abbiamo a che fare con le medesime persone: burocrati senza volto, ideologicamente preparati, che siedono a Washington DC e a Bruxelles. Liberali progressisti, neomarxisti inebriati dal sogno del benessere, al soldo di George Soros, sostenitori della società aperta. Vogliono abolire lo stile di vita occidentale che voi e noi amiamo tanto: quello per cui i vostri genitori hanno combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda, e quello per cui noi abbiamo combattuto quando abbiamo cacciato i comunisti sovietici dall’Ungheria.

Dobbiamo riprendere la lotta, e in questa lotta possiamo avere successo solo se siamo uniti e organizzati. Dobbiamo riprenderci le istituzioni di Washington e Bruxelles. Dobbiamo trovare amici e alleati gli uni negli altri. Dobbiamo coordinare il movimento delle nostre truppe, perché abbiamo di fronte una grande sfida. L’anno decisivo sarà il 2024: voi avrete le elezioni presidenziali e congressuali e noi le elezioni del Parlamento europeo. Queste due sedi definiranno i due fronti della battaglia che si combatte per la civiltà occidentale. Oggi non controlliamo nessuna delle due. Eppure abbiamo bisogno di entrambe. Abbiamo due anni per prepararci. La lezione ungherese è che non esiste una pallottola d’argento. C’è solo il lavoro. Dobbiamo farlo. Usciamo e facciamolo! Grazie e buona fortuna!

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Primo Ministro dell'Ungheria, presidente del partito Fidesz.