di Daniele Scalea

Due anni fa (quasi esatti: era giugno anche allora), commentando le sommosse di Black Lives Matter negli USA, scrivevo:

Tutti i fattori del caos americano sono presenti anche da noi. […] Oggi il fuoco divampa Oltreatlantico, presto potrebbe farlo da noi, se non sapremo prendere contromisure.

Quanto avvenuto di recente a Peschiera del Garda sembra darmi ragione.

I fatti di Peschiera

Il 2 giugno, organizzandosi spontaneamente tramite “Tik Tok” e altri social, si radunano a Peschiera migliaia di giovani. L’evento è una “Giornata Africa” e i giovani sono tutti o quasi originari di quel continente. Nati qui in Italia, magari, ma con un’identità che guarda alla terra dei loro padri più che a quella che li ha accolti. Non è un raduno pacifico. Come dimostrano gli stessi video circolati per chiamare all’adunata, le parole d’ordine sono bellicose e razziste – contro i bianchi, ca va sans dire. Persino testate sinistrorse come “Open” devono riportarle (“Questa è Africa” “Questo è territorio nostro”), assieme alla cronaca di vandalismi e molestie contro la città e i suoi abitanti. Il culmine è una maxi-rissa scoppiata tra gruppi di immigrati, pare originata da un tentativo di furto degenerato in accoltellamenti e pestaggi, prima che l’intervento della polizia in tenuta anti-sommossa provvedesse a ricompattare il fronte degli auto-proclamatisi “conquistatori africani”.

Verso sera, un gruppo di ragazzine italiane che rientrava da una giornata al parco di divertimenti “Gardaland”, ha avuto la sfortuna di incappare in un treno gremito anche dalla racaille (per usare la felice espressione dell’allora presidente francese Sarkozy). Sono state accolte da epiteti razzisti (“Le bianche non possono sedersi”) e quindi molestate sessualmente secondo il metodo, ormai tristemente radicato in Italia (come denunciato ancora di recente dal Centro Studi Machiavelli) del taharrush jamai, una delle barbare pratiche importate dal Nordafrica assieme all’immigrazione incontrollata.

L’ipocrisia della Sinistra

Quasi superfluo, ma inevitabile, sottolineare l’ipocrisia palesata dalla Sinistra. Ogni giorno paladina – a parole – delle donne, immancabilmente se ne dimentica se a opprimerle o violentarle è uno straniero. Per giorni abbiamo visto i nostri Alpini trattati come un’organizzazione a delinquere, perché nel raduno a Rimini alcuni avrebbero rivolto apprezzamenti non graditi alle passanti (numerose le “denunce” raccolte dalle militanti femministe, molte meno quelle presentate formalmente alle autorità: sui media ad oggi si parla di una sola).

Tutto diverso l’atteggiamento rispetto ai fatti di Peschiera. Prendiamo ad esempio la scrittrice Michela Marzano, editorialista di “Repubblica”. Commentando le molestie al raduno degli Alpini, ha additato una presunta “cultura dello stupro” che sarebbe insita negli italiani. Scrivendo invece delle molestie di Peschiera, ha invitato i lettori a non dare troppo peso all’etnia dei perpetratori. Accusare il popolo italiano per le colpe di alcuni è occhei. Accusare gli immigrati africani per le colpe di alcuni è razzismo. Gli italiani sarebbero culturalmente inclini allo stupro. Notoriamente i nordafricani si distinguono invece nel mondo per la parità sessuale e le grandi libertà di cui godono le donne.

Il mix letale

I progressisti, però, hanno ottime ragioni per cercare di sminuire quanto avvenuto a Peschiera. Perché le loro responsabilità sono enormi.

Torniamo all’articolo sui tumulti americani citato in apertura. Vi raccontavo che c’è, in Europa come negli USA, il medesimo mix letale: minoranze non pienamente integrate e una narrazione cosiddetta “anti-razzista”, in realtà anti-occidentale e razzista verso i bianchi.  Questa miscela ha acceso le polveri a Peschiera, rendendo quei fatti più preoccupanti: perché non sono stati l’eccesso occasionale di qualche balordo, ma l’avvisaglia dell’Italia che verrà. A Peschiera, del resto, si è solo vista la periferia delle città lombarde – già conquistate dall’immigrazione – operare in trasferta in un borghese centro turistico. In queste periferie, sempre più degradate e pericolose (vedi il nostro dossier sull’insicurezza a Milano), rivediamo l’evoluzione delle banlieues francesi o dei centri islamizzati della Svezia (dove gli ultimi tumulti si sono avuti non più tardi di un mese e mezzo fa).

La narrazione cui si faceva riferimento è quella che negli USA ha preso il nome di Critical Race Theory, che i locali progressisti cercano di inserire nei curricula scolastici per indottrinare bambini e ragazzi. Gli intellettuali della Sinistra europea stanno già recependo questa dottrina. La fatica per adattarla al contesto nostrano è del resto minima: la CRT è un frutto del marxismo e del postmodernismo decostruzionista. Piatti europei che tornano a casa dopo essere stati cucinati in salsa americana. Qui s’incontrano con un antico filone terzomondista, di matrice catto-comunista.

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I cattivi maestri

Il credo del razzismo anti-bianco è semplice: tutto l’Occidente – il suo benessere, le sue istituzioni, la sua democrazia – sono dovuti allo sfruttamento coloniale. L’intero ordine in cui viviamo sarebbe finalizzato all’oppressione razziale dei non bianchi (il cosiddetto “razzismo sistemico”). Tutti i bianchi sono razzisti: anche quelli che non disprezzano le altre razze lo sarebbero comunque, poiché godrebbero di un “privilegio di nascita” connaturato alla loro razza (nota bene: i molestatori del treno di Peschiera hanno accusato le ragazzine bianche di essere “privilegiate”). Il sistema occidentale andrebbe dunque distrutto alle fondamenta e ricostruito su nuove basi.

In questo credono le masse di giovani allogeni. Trovandosi spesso in situazioni socio-economiche disagiate, sono facile preda di narrazioni estremiste, che soffiano sulla loro rabbia e senso di rivalsa. Vale per l’estremismo islamico, vale per l’estremismo “anti-razzista”, ossia anti-bianco.

Non è importante se questi giovani non hanno mai letto né Foucault né Robin DiAngelo. Il bello di avere l’egemonia culturale è proprio che non hai bisogno che i tuoi intellettuali di riferimento siano letti da tutti. I cardini ideologici percolano dalla punta della piramide – università, circoli intellettuali – e passano agli strati circostanti – media, multinazionali, apparati statali – che li distribuiscono (semplificati ma ancora operanti) alla base. Alla base stanno le gang, i violenti, i molestatori; ma i mandanti morali sono i cattivi maestri che siedono al vertice della piramide.

Sappiamo bene chi sono, cosa vogliono e come operano. Sappiamo anche come fermarli?

Che fare

Abbiamo bisogno di un governo che finalmente blocchi l’immigrazione, riducendola ai livelli fisiologici di ingressi e privilegiando i flussi da Paesi più affini a noi. Un governo che da un lato offra agli immigrati e ai loro figli un percorso di ascesa sociale accompagnato da assimilazione culturale, e che nel contempo usi il pugno duro contro teppisti e bande criminali. Se si utilizzassero contro i “cattivi” il 10% degli strumenti e sforzi messi in campo contro i normali cittadini che non indossavano la mascherina all’aperto o che cercavano di prendere il caffè al bar senza essersi vaccinati, in pochi mesi si avrebbe un pieno successo.

Questo governo non potrà mai essere espresso da un parlamento come l’attuale. Perché possa farlo uno futuro, bisogna vincere le elezioni, assicurarsi che i nostri rappresentanti non tradiscano il mandato ricevuto, fare in modo che sappiano esattamente cosa fare. Come? Costruendo.

Costruendo una narrazione e delle istituzioni (associazioni, centri di ricerca, comitati ecc.) in grado di scalfire l’egemonia culturale avversaria e di controllare i politici di destra più di quanto li controlli la Sinistra (con le armi della persuasione, dell’inganno e della persecuzione). Idee, parole e persone coraggiose, che non abbiano paura di abbattere gli idoli progressisti e dissacrarne i tabù. Nessuna ideologia forte è mai stata sconfitta da proposte deboli e vili.

Agli aspiranti costruttori e distruttori di idoli, che stiano leggendo quest’articolo, ricordo che il Centro Studi Machiavelli può offrire loro una base da cui agire.

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Fondatore e Presidente del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Scienze storiche (Università degli Studi di Milano) e Dottore di ricerca in Studi politici (Università Sapienza), è docente di "Storia e dottrina del jihadismo" presso l'Università Marconi e di "Geopolitica del Medio Oriente" presso l'Università Cusano, dove in passato ha insegnato anche in merito all'estremismo islamico.

Dal 2018 al 2019 è stato Consigliere speciale su immigrazione e terrorismo del Sottosegretario agli Affari Esteri Guglielmo Picchi; successivamente ha svolto il ruolo di capo della segreteria tecnica del Presidente della Delegazione parlamentare presso l'InCE (Iniziativa Centro-Europea).

Autore di vari libri, tra cui Immigrazione: le ragioni dei populisti, che è stato tradotto anche in ungherese.