Si avvicina la data del 25 settembre, quando i cittadini italiani saranno chiamati a eleggere i loro rappresentanti nel Parlamento della XIX legislatura. Mentre i partiti avviano la campagna elettorale nell’inusuale clima ferragostano, il Centro Studi Machiavelli vuole offrire un contributo ai futuri eletti.
Ecco un elenco di 13  princìpi che riteniamo dovranno ispirare i prossimi parlamentari.
Non è un “programma elettorale”: quello compete ai partiti, coi quali non vogliamo porci in competizione. Per tale ragione, nel tridecalogo troverete poche proposte pratiche, ma molte dichiarazioni di principio e indirizzi generali che, a nostro avviso, dovranno informare tutta l’attività legislativa di coloro che ci rappresenteranno in Parlamento.
Ecco dunque i nostri 13 punti, raccolti in cinque aree (nazione, popolo, famiglia, lavoro, libertà). E non finisce qui: invitiamo tutti i nostri lettori a esprimersi in merito. Tramite una votazione aperta potrete selezionare i punti che ritenete più urgenti e importanti. I 6 più votati saranno portati all’attenzione dei candidati.

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NAZIONE
Interesse nazionale

Siamo consci che in politica estera esistono impegni e patti che una volta assunti vanno rispettati; al netto di questi, la politica estera dovrà seguire la stella polare dell’interesse nazionale. Con ciò intendendo che bisognerà prendere tutte le scelte che aumentano la forza, la sicurezza e il benessere del popolo italiano, ed evitare quelle che li diminuiscono.

Tradizione e storia nazionali

In Italia hanno, purtroppo da tempo, successo certe dottrine anti-nazionali, ma ora stanno aggiungendosi anche quelle anti-occidentali che già spopolano nel mondo anglosassone. Esse dipingono l’Occidente e chiunque abbia la pelle bianca come intrinsecamente malvagio, “sistematicamente razzista”; impongono, spesso con la forza, di cancellare la nostra storia e ripudiare la nostra tradizione. Bisogna contrastare questa deriva, reprimendo le manifestazioni violente contro i monumenti. Soprattutto, bisogna contrapporre alla “cultura della cancellazione” una positiva riscoperta dell’orgoglio per la nostra nazione e la nostra civiltà. Ciò deve avvenire per il tramite di politiche scolastiche e culturali, nonché di leggi contro il vandalismo e per la conservazione della memoria storica, del retaggio urbano, paesaggistico e toponomastico.

POPOLO
Sovranità popolare

La sovranità appartiene al popolo. Lo sancisce la Costituzione (che non prevede “cessioni di sovranità”, ma solo “limitazioni in condizioni di parità con gli altri Stati”) ed è un ovvio principio basilare per una democrazia. Tale sovranità viene però sempre più erosa, o cedendola a organismi sovranazionali, o introducendo legislazione tramite trattati internazionali, o ancora permettendo ai tribunali di sostituirsi al Parlamento. La sovranità popolare non va più intaccata ma, al contrario, ricostituita per quanto possibile.

Controllo dell’immigrazione

Gli attuali flussi migratori sono soverchianti e incontrollati. La stessa etnia italiana rischia di diventare presto minoritaria nel Paese. L’immigrazione è spesso controllata dalla criminalità organizzata e attraverso di essa viaggiano anche estremisti e terroristi. Il modello multiculturale (già fallito all’estero) va a creare all’interno dell’Italia delle comunità non integrate, che non si riconoscono nella nostra nazione e ne rifiutano la cultura. Le politiche migratorie devono ridurre drasticamente i numeri dei flussi, stroncare quelli illegali, imporre che i nuovi arrivati – se non intenzionati a ritornare un giorno nel Paese d’origine – si assimilino al popolo italiano. La cittadinanza dev’essere il culmine di questo processo di assimilazione/accoglimento nel nostro popolo (no dunque a ius soli, ius scholae, ius culturae o similari).

FAMIGLIA
Rilancio della natalità

Tra i problemi che più affliggono l’Italia vi è la denatalità; siamo oggi uno dei Paesi con il minor numero di figli per coppia. Da un lato, così, aumenta la proporzione di anziani da mantenere rispetto a sempre meno italiani in età lavorativa, e dall’altro si offre una sponda a chi vuole più immigrazione. Occorre mettere in atto politiche di sostegno socio-economico alle coppie che vogliono avere figli, accompagnandole però anche a un lavoro culturale. Dopo decenni di propaganda anti-natalista, è opportuno tornare a raccontare ai giovani quanto sia meraviglioso avere figli, anziché inculcargli l’idea che siano un “peso” o un “ostacolo” alla loro realizzazione.

Difendere donne e bambini dall’ideologia gender

L’ideologia gender è una minaccia per i nostri figli e la società. La Sinistra cerca di inculcare nei più giovani teorie pseudo-scientifiche che, sfruttando la loro vulnerabilità psico-fisica, può indurli a traumatici percorsi farmacologici e chirurgici. I bambini devono essere protetti dai messaggi sessuali prematuri, da dottrine che li destabilizzano emotivamente e psicologicamente. Scuola e Servizio Sanitario Nazionale non devono agevolare la moda pseudo-scientifica della “riassegnazione di genere” tra giovanissimi. Anche le donne vanno tutelate dall’agenda transgender, che in nome della fluidità di genere sottrae loro quegli spazi che gli erano riservati in via esclusiva: dai bagni agli spogliatoi fino alle competizioni sportive. Infine, sia le donne sia i bambini sono vittime dell’utero in affitto, ossia la barbara pratica di strappare un figlio appena nato dal grembo della madre per consegnarlo al suo acquirente: questa nuova “tratta degli schiavi” deve rimanere illegale e va punito anche chi vi ricorra all’estero.

Educare i giovani

Di fronte al disastro della scuola progressista è necessario proporre un’alternativa. La Sinistra ha generato una scuola che non sa più insegnare né educare: al massimo sa fare propaganda ideologica. Lungi dall’aiutare i figli delle classi più umili, li ha privati di quel potente ascensore sociale che era un’istruzione pubblica di qualità. Serve una scuola che sappia di nuovo insegnare ai giovani le materie più importanti, anche se questo significa richiedere studio, dedizione e disciplina. Serve una scuola che valorizzi la formazione tecnica senza però dimenticare che deve educare i cittadini. Serve una scuola che faccia germogliare nelle giovani generazioni i sentimenti di amor di Patria, appartenenza nazionale e impegno civico.

LAVORO
Prima i lavoratori, poi le multinazionali

L’attuale carico fiscale a danno dei contribuenti è intollerabile. Lo Stato deve ridurre le proprie spese superflue, piuttosto che tassare i cittadini. Lo Stato, come un buon padre di famiglia, non deve indebitarsi se non per investimenti di indubbio ritorno economico o di natura strategica: altrimenti l’indebitamento corrisponde a un aumento differito delle tasse. Lo Stato deve inoltre riequilibrare il carico fiscale, che oggi pesa prevalentemente sui lavoratori e sulle piccole e medie imprese, mentre le grandi multinazionali riescono a eludere le tasse oppure ottengono vantaggi fiscali.

Reindustrializzare

Da trent’anni l’Italia subisce, al pari di molti altri Paesi occidentali, un processo di deindustrializzazione che la impoverisce economicamente, socialmente e tecnicamente. Gli antichi ceti operai provano oggi la piaga della disoccupazione o sottoccupazione. Quella che fu una delle maggiori potenze industriali si vede ormai superare da molte nazioni. Da posizioni di primato siamo passati a quelle di rincalzo nell’alta tecnologia. Serve difendere ciò che resta della nostra industria e anche riportare in patria quella che ha delocalizzato, tramite politiche di reshoring.

No all’abolizione del contante

Il fisco non deve tramutarsi in uno stato di polizia, con misure draconiane come la proibizione o semi-proibizione dell’uso del contante. Il denaro, come misura del proprio lavoro e della proprietà individuale e familiare, non può essere sottoposto a “permessi” da parte dello Stato o tanto meno delle banche. Come recentemente dimostrato anche in democrazie (?) occidentali, più i risparmi si fanno elettronici e virtuali, maggiori sono le possibilità per un governo oppressivo di sottrarli proditoriamente al cittadino.

LIBERTÀ
Basta alle restrizioni pandemiche

L’arrivo della covid ha portato a un’improvvisa e drastica riduzione delle libertà individuali. Dal confinamento di massa ai certificati vaccinali per godere di diritti basilari; dalle mascherine obbligatorie (persino all’aperto) fino alla sospensione dei lavori parlamentari o al rinvio di elezioni. Nessuna emergenza sanitaria (o d’altro tipo) può giustificare una sospensione tanto prolungata di diritti e libertà naturali prima ancora che costituzionali. Anche perché una sospensione che va avanti per anni assomiglia molto più ad una abrogazione. Certe libertà fondamentali dell’individuo devono essere nuovamente considerate sacrosante e intangibili, garantendole con apposite leggi che frenino ogni abuso “emergenziale”.

Libertà di pensiero e di parola

Tra i diritti più minacciati ci sono quelli di pensiero, espressione e parola. Bisogna opporsi a ogni legge o iniziativa che miri a ridurre gli spazi di libera espressione, che lo faccia in nome del contrasto a “fobie” (come il Ddl Zan) o a un non ben definito “hate speech”. Lo Stato deve garantire questa libertà non solo passivamente ma anche attivamente. Nessuna azienda, a partire dai social network che de facto gestiscono il dibattito pubblico, può imporre a dipendenti e clienti limitazioni in contrasto coi diritti costituzionali.

No a credito sociale e cittadinanza a punti

La tentazione di sfruttare (come nella Cina comunista) la tecnologia per sottoporre i cittadini a controlli tentacolari si è concretizzata con gli esperimenti portati avanti durante la pandemia. Occorre scongiurare il rischio di derive totalitarie e di creazione di una società del controllo, in cui l’esistenza del cittadino possa essere “spenta con un clic” da remoto. Bisogna porre limiti all’uso di tecnologie utili alla sorveglianza e controllo dei cittadini (vedi riconoscimento facciale, tracciabilità e conservazione dei dati biometrici e personali), con la consapevolezza che molti possibili vantaggi in termini di sicurezza o di lotta al crimine rischiano di essere pagati sul fronte dei diritti della persona e delle libertà costituzionali.

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