di Yuri Kofner
(Traduzione da: MIWI)
Nel romanzo La moschea di Notre Dame (2015), a causa dell’immigrazione di massa, del declino culturale e dei cambiamenti demografici, in un futuro non troppo lontano la Francia è diventata uno Stato musulmano totalitario. La sharia ha sostituito la famosa “Laïcité” francese, tutte le donne sono costrette a indossare l’hijab e la minoranza cristiana è nuovamente perseguitata in Europa per la prima volta dal regno dell’imperatore Diocleziano.
Questo scenario distopico è solo allarmismo di destra? Oppure è un avvertimento – piuttosto letterario, ma comunque basato sui fatti – sul possibile futuro dell’Europa occidentale, se le sue nazioni non cambieranno le loro politiche migratorie, educative e familiari?
Per quanto riguarda la questione di quanto e se l’islamizzazione della Germania e dell’Austria sia imminente, la prima metà dell’articolo intende fornire una breve panoramica degli ultimi studi empirici, senza giri di parole, ma anche senza esagerazioni. Nella seconda metà vengono prese in considerazione le potenziali contromisure demografiche.
Immigrazione di massa, differenze culturali e demografiche
Secondo l’Agenzia Federale per la Migrazione e i Rifugiati, tra il 2014 e il 2021 sono giunti in Germania oltre 2,3 milioni di presunti “rifugiati” (prima e successive richieste di asilo). Circa l’86% di questi era di fede musulmana, ossia 2 milioni, pari a circa il 2,5% della popolazione tedesca nel 2014. Di tutti i richiedenti solo il 6,3% è stato effettivamente espulso, cioè solo 147 mila persone.
Nello stesso periodo sono giunti in Austria oltre 263 mila presunti “rifugiati”, di cui solo l’11,8% (31 mila) è stato espulso. Considerando che il 72% dei richiedenti asilo era di fede musulmana, ne risulta un afflusso lordo di 190 mila musulmani, che corrisponde al 2,2% della popolazione austriaca nel 2014.
Una ricerca di Stonawski et al. (2015) mostra che gli immigrati musulmani hanno in media più figli degli autoctoni: in Germania e Austria il tasso di fertilità per i tedeschi etnici era di 1,4, quello per i musulmani di 2,4. Nel 2022 il tasso di fertilità totale delle due nazioni era rispettivamente di 1,5 e 1,44.
Di conseguenza, anche a causa dell’immigrazione di manodopera risalente alla seconda metà del XX secolo, nel 2020/21 i musulmani costituivano già il 6,6% della popolazione tedesca e l’8,3% di quella austriaca.
Già nel 2021, il numero di musulmani praticanti supera quello dei cristiani praticanti: 1,8% contro 1,6% della popolazione totale. Per la prima volta da Carlo Magno, i membri della Chiesa, con il 49,6%, non rappresentano più la maggioranza della popolazione tedesca. Il 42% della popolazione si dichiarava non confessionale. Insieme ai cristiani “passivi”, quasi il 90% della popolazione tedesca non praticava attivamente il cristianesimo. In Austria, cattolici e protestanti costituivano il 59,1% della popolazione totale, mentre il 22,4% non era affiliato.
An-Nimsā e Frankfwrt ‘am Mayin: quanto è probabile l’islamizzazione di Germania e Austria?
Nel 2019, i ricercatori Pierre e Alexandra Rostan hanno stimato per conto dell’Higher College of Technology di Abu Dhabi se e quando i musulmani potrebbero diventare la maggioranza demografica nei Paesi europei.
Nello scenario ad alta migrazione, basato sui flussi del 2017, i musulmani costituiranno oltre il 10% della popolazione tedesca già nel 2030, oltre il 25% nel 2075 e oltre il 50% nel 2180. In Austria il processo di sostituzione sarà più rapido: nel 2030 i musulmani costituiranno oltre il 10% della popolazione, nel 2065 oltre un quarto, nel 2130 oltre la metà e nel 2200 la quota di musulmani supererà i tre quarti.
Nello scenario di immigrazione zero, sempre considerando la differenza dei tassi di fertilità, i musulmani non supereranno mai il 10% della popolazione tedesca. Se in Austria venisse attuata la politica migratoria del “No Way!”, i musulmani continuerebbero a costituire oltre il 10% della popolazione entro il 2075, ma non supererebbero mai il 25%.
Uno studio analogo è stato condotto nel 2017 dal Pew Research Centre americano ed è giunto a risultati simili.
Nello scenario ad alta immigrazione, entro il 2050 i seguaci dell’islam costituiranno quasi il 20% della popolazione di Germania e Austria, con 17,5 e 2,1 milioni di musulmani rispettivamente.
Inoltre, utilizzando i dati di Destatis e BAMF, si possono stimare significative differenze regionali: anche nello scenario ad alta immigrazione, i musulmani costituiranno solo il 4% della popolazione della Germania orientale, ma quasi un quarto in quella occidentale (24,7%). In futuro, questo potrebbe purtroppo diventare un fattore politico importante per la secessione degli Stati tedeschi orientali e una potenziale ri-partizione della Germania, oltre a portare alla rottura dell’Unione Europea tra Est e Ovest.
Nello scenario che prevede l’immediata cessazione dell’immigrazione di massa, entro il 2050 i musulmani costituiranno circa il 9% della popolazione di Germania e Austria, cioè rispettivamente quasi 6 milioni e 750 mila persone. Nella Germania dell’Est i musulmani rappresenterebbero solo l’1,5% della popolazione, nella Germania dell’Ovest il 9,1%.
Se il governo federale tedesco attuasse, oltre a una politica di immigrazione zero, anche una di remigrazione basata sul fatto che, persino in base all’attuale legge tedesca, meno della metà dei richiedenti asilo ha effettivamente il diritto di rimanere mentre gli altri dovrebbero lasciare il Paese, allora nel 2050 la quota di musulmani, stimata approssimativamente, potrebbe effettivamente essere inferiore e costituire solo il 4,4% della popolazione tedesca totale.
Tuttavia, come dimostrano entrambi gli studi, se gli attuali governi di sinistra in Germania e Austria continueranno con la loro politica migratoria lassista, l’islam avrà l’adesione di un quinto della popolazione entro la metà del XXI secolo e diventerà la confessione maggioritaria in Europa Centrale entro il XXII secolo.
La sharia diventerà legge?
La legislazione nazionale romano-germanica, basata sui valori cristiani e sull’Illuminismo europeo, sarà sostituita dalla sciaria islamica? A quali condizioni una religione diventa sostenuta dallo Stato – sembra che ci sia ancora un notevole bisogno di ulteriori ricerche. Ma sulla base di due confronti si può forse affrontare la questione.
Nel 380 d.C. l’imperatore Teodosio dichiarò il cristianesimo religione ufficiale di Stato dell’Impero Romano. Secondo le stime dello storico Peter Turchin (2016), a questo punto i cristiani costituivano il 76,3% della popolazione dell’Impero: la netta maggioranza.
Attualmente, la sciaria, che è vincolante per tutti i cittadini, è applicata in 15 Paesi del mondo, tutti a netta maggioranza musulmana (oltre il 90% della popolazione). Tuttavia, ci sono 32 Paesi che hanno implementato un sistema “legale duale”, in cui la sciaria islamica è applicata ai musulmani per confessione o in alcune regioni subnazionali. In Paesi come la Thailandia, il Kenya, l’Uganda, l’India, Israele e il Ghana, la legge islamica viene applicata solo a quella quota (che varia dal 5,4% al 19,9%) della popolazione che aderisce all’islam. Pertanto è abbastanza immaginabile che, in uno scenario di immigrazione di massa, la sciaria possa essere implementata come sistema giuridico parallelo o in alcune città e Stati federali, dove i musulmani sono diventati la maggioranza assoluta, ad esempio a Vienna o in Nord-Reno-Westfalia, dove nel 2021 i musulmani costituivano già rispettivamente l’11,2% e il 31% della popolazione locale.
Reconquista demografica: “Dio, Patria, Famiglia” come compito del governo
Possono i patrioti europei scongiurare una simile prospettiva e preservare in futuro l’identità culturale autoctona di Germania e Austria? Se ai partiti di destra, come l’AfD e l’FPÖ, venisse affidata (di nuovo) la responsabilità di governo, dovrebbero attuare un mix di politiche ampio e coerente.
Patria
In primo luogo, come dimostrano gli studi di Rostan e del Pew Research Center, una politica di immigrazione restrittiva sarebbe necessaria per dimezzare la pressione espansiva dell’islam in Europa Centrale. L’applicazione di programmi di remigrazione può amplificare l’effetto di tali politiche. Approcci come l’accordo di remigrazione tra Regno Unito e Ruanda possono servire da modello in tal senso.
Famiglia
In secondo luogo, è necessario correggere il fallimentare sviluppo demografico dagli anni ’60 a oggi e aumentare nuovamente il tasso di natalità delle popolazioni autoctone. A tal fine è essenziale una politica familiare attiva.
La letteratura empirica mostra in modo relativamente chiaro che tra le misure economiche statali, da un lato gli incentivi fiscali (come i trasferimenti diretti, il sussidio di maternità, i mutui per la casa familiare senza interessi, gli sgravi fiscali e il frazionamento dell’imposta sulle famiglie, nonché le migliori condizioni del sistema pensionistico) e dall’altro il miglioramento dell’offerta di servizi di assistenza all’infanzia sono gli strumenti più efficaci per incrementare la natalità. Una valutazione dettagliata di ciascuna di queste misure in base all’efficacia, ai costi e alla fattibilità andrebbe oltre lo scopo di questo articolo.
Dio
Infine, per un eventuale governo di destra, sarebbe non meno importante affrontare un terzo aspetto che, a causa del fatto che il tono socio-politico generale si è spostato molto a sinistra, purtroppo non riceve quasi mai l’attenzione scientifica e politica che merita: la ricostituzione dei valori cristiani tradizionali della famiglia. Perché proprio questo sviluppo, a quanto pare, avrebbe il più forte effetto positivo sulla demografia interna.
Una ricerca di Hayford et al. (2009) dell’Arizona State University mostra che i cristiani abbastanza religiosi negli Stati Uniti hanno il 15% di figli in più rispetto ai non credenti, mentre i cristiani molto religiosi hanno in media il 35% di figli in più. Il possesso di valori familiari tradizionali aumenta il numero di figli di un ulteriore 6%. Una ricerca analoga dell’Institute for Family Studies (2022), con sede negli Stati Uniti, mostra che il tasso di fertilità degli americani non credenti è di 1,3, mentre è di 2,2 per i cristiani praticanti.
Utilizzando questi risultati e combinandoli con l’indagine sulla religiosità di Fowid, si può stimare che l’aumento del numero di cristiani praticanti dall’1,6 al 90% della popolazione tedesca (con una quota di musulmani del 9%) farebbe salire il tasso di fertilità totale della Germania dall’1,5 al 2 o addirittura al 2,2.
Esaminando la relazione tra religiosità cristiana (valori familiari tradizionali) e fecondità in Austria, il professor Guido Heineck dell’Università di Bamberg (2012) e il Centro Wittgenstein per la Demografia e il Capitale Umano Globale (2021) sono giunti a conclusioni simili: gli austriaci cristiani hanno in media un tasso di fertilità di 1,5, mentre è solo di 1 per gli austriaci non confessionali. I forti credenti cristiani tendono ad avere un tasso di fertilità di 1,8, mentre è di 0,9 nel caso degli atei. Di conseguenza, aumentando la quota di cristiani praticanti in Austria al 91% della popolazione (con, ancora una volta, il 9% di musulmani), il tasso di fertilità totale del Paese passerebbe da 1,44 a 1,9. Inoltre, le donne cristiane in Austria, che vanno spesso in chiesa, desiderano avere in media 2,4 figli, il che significa che un aumento degli incentivi fiscali e una migliore offerta di servizi per l’infanzia potrebbero addirittura far salire il tasso di fertilità totale dell’Austria a 2,4.
Ex Oriente lux?
La questione è naturalmente se una tale rinascita religiosa, che si potrebbe definire una “rivoluzione conservatrice”, sia possibile nell’Occidente postmoderno del XXI secolo.
Guardare a est potrebbe offrire un barlume di speranza.
Nei Paesi dell’ Europa Orientale, l’attuale percentuale di musulmani non supera lo 0,4% e non supererà il 4,5% nel 2050, anche nello scenario peggiore.
Tra il 2000 e il 2020 Paesi dell’Europa dell’Est come la Russia, la Georgia e l’Ungheria sono stati in grado di aumentare il loro tasso di fertilità nazionale: in Russia da 1,2 a 1,5 (raggiungendo un picco di 1,8 nel 2016, lasciando intendere che il ridimensionamento degli ultimi anni sia dovuto piuttosto alle sanzioni); in Georgia da 1,6 a 2 e in Ungheria da 1,3 a 1,6, dove l’aumento è iniziato nel 2010, cioè con il secondo governo cristiano conservatore di Victor Orban.
L’analisi di Stone L. (2017) dell’Institute for Family Studies mostra che la Chiesa ortodossa e il Patriarca Ilia II in prima persona hanno avuto un ruolo fondamentale nell’aumentare il tasso di fertilità della Georgia dello 0,5.
Anche all’interno della Germania e dell’Austria si può guardare alla Chiesa ortodossa più tradizionale come a un possibile faro di speranza per una rinascita del significato spirituale e dei valori familiari conservatori. Mentre il numero di membri delle Chiese protestanti e cattoliche in entrambi i Paesi è in calo da decenni, la tendenza tra i cristiani ortodossi è opposta: in Germania il loro numero è più che raddoppiato, passando da 1,3 milioni nel 2013 a 3 milioni nel 2021, e in Austria tra il 2001 e il 2021 è aumentato di 2,4 volte, passando da 180 a 437 mila.
Economista del Institut für Marktintegration und Wirtschaftspolitik (MIWI) di Monaco (Germania), in precedenza ha lavorato presso istituto Ifo e International Institute for Applied Systems Analysis. Dottore di ricerca presso Vysšaja Škola Ekonomiki di Mosca.
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