di Vittorio Maccarrone

La sera di martedì 15 novembre il mondo è sembrato a un passo dal baratro. Un missile di fabbricazione russa – che adesso sappiamo essere stato lanciato dalla difesa di Kyiv per intercettare la pioggia di missili cruise russi su tutto il territorio ucraino – è precipitato nella località di Przewodòw, nella parte orientale della Polonia, causando due morti.

Per circa due ore e mezza, quando ancora non si conosceva l’esatta dinamica dei fatti, politici italiani ed europei, giornalisti, semplici utenti di Twitter, deputati ucraini invocavano la necessità di una risposta dura contro la Federazione Russa, alcuni parlando della possibilità dell’attivazione dell’articolo 5 della Nato. Inconsapevoli dell’inesistenza di un automatismo all’interno dell’articolo anche qualora un attacco di tali proporzioni fosse davvero avvenuto e ignari della cautela espressa dalla stessa Varsavia nell’incolpare il regime di Mosca, alcuni esperti si prodigavano già in analisi su possibili apocalittici scenari.

Adesso, rientrata la paura di un attacco diretto russo alla Polonia e scongiurata la Terza Guerra Mondiale, si possono tirare le prime somme di quanto avvenuto qualche sera fa. Esaminando le reazioni degli attori coinvolti, analizzando la sequenza degli eventi, ponendo qualche interrogativo sulle loro ricadute geopolitiche.

L’assetto di guerra dei Paesi baltici

Nei minuti successivi la caduta del missile in Polonia – fatto molto grave, che ha significato i primi due morti di un Paese della Nato, un evento che non sarebbe accaduto senza l’invasione russa dell’Ucraina – le prime reazioni a caldo sono state di Lettonia ed Estonia.

Il ministro della Difesa lettone Artis Pabkriks ha apertamente parlato di responsabilità del “regime criminale russo” accusato di aver “sparato missili non solo contro i civili ucraini” e di aver “colpito il territorio della Nato in Polonia”. Rincarando la dose con un tweet, il ministro degli Esteri dell’Estonia Usmar Reinsalu ha invece affermato che il Paese è pronto “a difendere ogni centimetro di territorio Nato”. I due Paesi baltici hanno immediatamente cercato di drammatizzare lo scenario, fedeli alla loro linea fortemente antirussa, mirata a tenere isolata Mosca e contrari a qualsiasi suo futuro reintegro nella comunità internazionale. Una posizione dettata dalla posizione geografica e dalla memoria storica radicata nelle rispettive comunità.

La reazione di Zelensky

Sulla scia dei due alleati votati al contenimento russo nel fianco orientale della Nato, il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha immediatamente sfruttato l’incidente per cementare il fronte antirusso dell’Alleanza, cercando di coinvolgere maggiormente quest’ultima nell’aiuto alla resistenza di Kyiv contro gli invasori. In un video pubblicato poche ore dopo la diffusione della notizia del missile caduto in Polonia, Zelensky ha accusato apertamente la Russia di voler provocare una escalation. “È il momento di agire” ha concluso il presidente ucraino. Zelensky ha continuato a negare che il missile appartenesse alle forze armate ucraine, anche dopo le conferme in tal senso degli alleati che da mesi riforniscono il Paese di armi e supporto logistico per respingere l’avanzata russa.

L’inusuale flemma polacca, l’equilibrismo Nato, il plauso russo alla cautela americana

Sorprende la reazione equilibrata del governo polacco, da sempre in prima linea contro i rigurgiti imperiali russi. Dopo aver convocato la riunione del Comitato di sicurezza e aver posto l’esercito in stato di allerta, il presidente della Polonia Andrzej Duda ha invitato i cittadini a mantenere la calma, parlando di “incidente isolato” e valutando di attivare l’articolo 4 della Nato, che prevede consultazioni di emergenza tra i membri dell’Alleanza qualora un alleato avvertisse una minaccia al proprio territorio.

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Il giorno successivo l’incidente, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha affermato che “non ci sono indicazioni che sia stato un attacco deliberato, non ci sono indicazioni che sia stato qualcosa di mirato contro il territorio Nato e non ci sono indicazioni che la Russia stia pianificando qualche azione militare aggressiva contro la Nato”, escludendo l’istituzione di una no-fly zone in Ucraina. Salvo poi, con una certa dose di equilibrismo, attribuire l’incidente alla “brutale guerra russa in Ucraina”, aggiungendo che il modo migliore per evitare che accada qualcos’altro di simile “è che la Russia fermi questa guerra”.

Dal canto suo, il presidente americano Joe Biden ha provato a raffreddare gli animi bellicisti provenienti dai Paesi del fianco Est della Nato, citando fonti di intelligence che smentivano l’ipotesi di un attacco diretto russo sul suolo polacco. Una posizione molto conservativa, che ha raccolto addirittura il plauso di Mosca, con il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che ha definito “misurata” la reazione di Washington.

Le lezioni geopolitiche dell’incidente in Polonia

Il panico scatenato dal missile della contraerea ucraina caduto su suolo polacco ha avuto un duplice effetto: cristallizzare gli interessi degli attori in gioco e, paradossalmente, fornire un assist ai tentativi di risolvere il conflitto attraverso una via diplomatica.

Da un lato, i Paesi baltici hanno provato a sfruttare l’incidente per aumentare il coinvolgimento occidentale nel supporto a Kyiv, additando i russi come responsabili della caduta del missile. È probabile che questi Paesi – i cosiddetti “falchi” del contenimento della Russia – cercheranno in futuro di pressare l’Alleanza Atlantica per militarizzare maggiormente il fianco Est della Nato. Mentre anche l’Ucraina – comprensibilmente, date le sofferenze patite in questi nove mesi di guerra – proverà fino all’ultimo a chiudere la via diplomatica – anche per i recenti successi militari – si scopre un’apertura della Polonia, degli Stati Uniti e del Segretario Generale della Nato. Come se, una volta vista davvero la pallina rotolare sul piano inclinato, questi attori si fossero accorti che era necessario fermarla gettando acqua sul fuoco e ridimensionando l’accaduto. Anche il Cremlino ha immediatamente escluso di aver condotto un attacco contro un membro Nato, recapitando a Biden un importante messaggio di de-escalation.

L’evento crea un precedente: nessuno vuole varcare la linea rossa che potrebbe portare al disastro di una guerra mondiale.

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Giornalista e analista geopolitico, lavora per un'agenzia di comunicazione e scrive per "Il Caffè Geopolitico". In precedenza ha avuto esperienze con Mediaset, Institute for Cultural Relations Policy (Ungheria) e European Public Law Organization (Grecia). Dottore magistrale in "World politics and international relations" (Università di Pavia) con un master in Giornalismo (Università Cattolica di Milano).