di Jack Spencer
(Traduzione da: Heritage Foundation)
Prezzi dell’energia alle stelle. Razionamento del carburante. Deindustrializzazione. Ecco cosa sta avvenendo in Europa proprio in questo momento. E se il Presidente Joe Biden non invertirà le sue politiche energetiche, presto gli USA si troveranno ad affrontare gli stessi problemi.
Il Presidente Biden sostiene che la sua agenda verde creerà posti di lavoro, abbasserà i prezzi dell’energia, renderà gli Stati Uniti più sicuri e migliorerà l’ambiente. Ma un recente studio racconta una storia molto diversa. I ricercatori della Heritage Foundation hanno concluso che, nei prossimi 18 anni, le politiche energetiche di Biden comporteranno una perdita di 7700 miliardi di dollari di PIL e 1,2 milioni di posti di lavoro. Ma non bisogna fidarsi solo della parola degli esperti. Basta guardare all’Europa, che è più avanti nella transizione (su imposizione governativa) dai combustibili convenzionali all’energia eolica e solare.
La Germania è un buon esempio di ciò che accade quando i governi costringono i consumatori e le imprese ad affidarsi a fonti energetiche inaffidabili e non ancora commercialmente sostenibili. L’Associazione delle Camere di Commercio e Industria tedesche riferisce che il pessimismo industriale sull’economia è tanto grave quanto durante la crisi finanziaria del 2008 e le prime chiusure anti-covid. Il 78% delle imprese intervistate ha identificato l’aumento dei prezzi di energia e materie prime come uno dei maggiori rischi da affrontare, contribuendo alle aspettative di deterioramento delle loro attività. Un’altra indagine ha rilevato che quasi il 25% delle piccole e medie imprese tedesche sta prendendo in considerazione o già effettivamente delocalizzando parti delle proprie attività in un altro Paese.
La Germania sta passando alle energie rinnovabili mentre acquista gas naturale dalla Russia, che ha ridotto drasticamente le forniture. Si tratta di un piano simile a quello del Presidente Biden, che intende tagliare le forniture nazionali di combustibili abbondanti e a buon mercato, come il gas e il carbone, e imporre una transizione verso le energie rinnovabili, cercando di alleviare artificialmente il dolore a breve termine aumentando le importazioni e attingendo alla Riserva Strategica di Petrolio.
L’approccio della Germania è stato quello di forzare la transizione dai combustibili convenzionali e dall’energia nucleare a fonti di energia meno dense come l’eolico e il solare. Ciò ha reso il Paese incapace di generare l’energia necessaria ad alimentare la sua moderna economia industriale, costringendolo a rivolgersi a fornitori stranieri. All’inizio dell’anno, la Russia forniva oltre la metà del gas naturale della Germania. Ora che la fornitura di gas russo si è drasticamente ridotta, la Germania è in difficoltà.
Questa dinamica si sta riproducendo in tutta Europa. Secondo Goldman Sachs, il Vecchio Continente sta entrando in una crisi energetica che sarà persino peggiore di quella degli anni Settanta. Gli analisti di Goldman prevedono che l’anno prossimo la bolletta energetica di una tipica famiglia europea sarà tre volte superiore a quella del 2021.
Non c’è dubbio che le turbolenze geopolitiche, come la guerra della Russia contro l’Ucraina, possano innescare impennate dei prezzi. Ma le politiche che limitano lo sviluppo di gas, petrolio e carbone, sia negli Stati Uniti sia in Europa, esacerbano e prolungano le impennate dei prezzi energetici e possono creare vere e proprie crisi.
I politici europei hanno ignorato la richiesta dei cittadini di avere energia abbondante e a prezzi accessibili, scegliendo di scoraggiare la produzione di energia tradizionale a favore delle alternative “verdi” da loro preferite. Quando il potere del mercato si sposta dai consumatori ai governi, spesso gli investimenti privati lo seguono. Il risultato in Europa è stato un sottoinvestimento in gas, petrolio, carbone e nucleare. Il denaro è confluito invece su fonti meno affidabili come l’eolico e il solare, che in genere funzionano solo in determinate condizioni meteorologiche.
I politici europei si sono resi conto che avrebbero dovuto affrontare una rivolta degli elettori se i cittadini avessero dovuto pagare appieno il prezzo di questa politica, così hanno cercato di alleviare il dolore della transizione rivolgendosi a quella che ritenevano essere una fonte di energia affidabile: il petrolio e il gas russi. La situazione era gestibile, finché Putin non ha iniziato a interrompere le forniture di gas naturale.
I problemi dell’Europa erano evitabili. Il continente dispone di notevoli riserve energetiche: quasi 14 miliardi di tonnellate solo di riserve accertate di carbone. Si tratta di oltre 85 volte il consumo totale di carbone dell’UE l’anno scorso (160 milioni di tonnellate). Analogamente, l’Europa dispone di oltre 7.000 miliardi di metri cubi di gas naturale. Il consumo di gas naturale nell’UE nel 2021 è stato di circa 397 miliardi di metri cubi. Inoltre, si ritiene che l’Europa abbia una quantità di gas di scisto recuperabile addirittura superiore a quella degli Stati Uniti. Si tratta di una quantità di carbone e gas naturale tale da alimentare le case e le aziende europee per molti decenni.
Inoltre, l’Europa sottoutilizza l’energia nucleare. Il continente ha oltre 100 reattori che forniscono circa un quarto del suo consumo di elettricità. Ma la metà di questi reattori si trova in Francia, che ottiene il 70% dell’elettricità dal nucleare. La metà degli Stati membri dell’UE non ha alcun reattore.
I problemi energetici dell’Europa hanno poco a che fare con l’accesso a un’energia pulita, affidabile e a prezzi accessibili, e tutto a che fare con la spinta verso opzioni di politica energetica irrealistiche. E le famiglie e le imprese europee stanno pagando a caro prezzo queste decisioni sbagliate.
Il Presidente Biden ha portato l’America sulla stessa strada sbagliata. Se non cambia rotta, ci ritroveremo nella medesima, triste situazione.
Ricercatore senior presso il Center for Energy, Climate, and Environment di Heritage Foundation, Washington DC.
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