di Fabio Bozzo

Ci sono dei momenti, nella storia, in cui per uno schieramento politico e per le idee che esso rappresenta le cose sembrano andare tutte storte. Da qualche mese la Sinistra italiana sta attraversando uno di questi periodi. Le motivazioni sono varie e non possiamo analizzarle tutte. Ma un argomento specifico sembra, in queste settimane, subire una nemesi storica. O, in un certo senso, è la storia che sta presentando il conto.

L’area politica genericamente definita come “progressista”, fin dall’ormai non più vicino 1991, ha abbandonato le istanze del lavoro, degli operai, del mondo sindacale e di, per dirla con Nanni Moretti, “qualcosa di sinistra”. In loco di tutte queste battaglie storiche gli ex compagni si sono lanciati su quella che pensavano essere la madre di tutte le battaglie: l’immigrazione.

A onor del vero la leadership progressista non aveva tutti i torti. Con l’esaurimento storico dell’ideologia comunista, infatti, l’immigrazione è divenuto l’unico vero strumento con cui distruggere l’odiato nemico di sempre, ossia la Civiltà Occidentale fondata su democrazia e capitalismo (che altro non è se non la democrazia economica). L’immigrazione di massa dal Terzo Mondo, infatti, crea nuove masse di disperati da cui attingere consenso, dà vita a quartieri ghetto refrattari alle leggi dello Stato e si sposa con la troppo spesso dimenticata Dottrina Carlos.

Coniata dal famigerato terrorista comunista venezuelano Carlos lo Sciacallo, essa prevedeva la fusione delle istanze rivoluzionarie marxiste con l’islamismo messianico, l’antisemitismo militante e l’antiamericanismo ideologico. Ciò avrebbe dovuto creare l’alleanza perfetta tra la decadente ma ben organizzata intellighenzia marxista occidentale e le masse di colore del Terzo Mondo. Obbiettivo finale, neanche a dirlo, distruggere l’Occidente.

Ovviamente i partiti politici di sinistra dell’Occidente non hanno mai avuto intenzioni criminali e nessuno dei loro rappresentati può essere umanamente accostato ad un personaggio losco come Carlos lo Sciacallo. La battaglia culturale immigrazionista, tuttavia, nasce dallo stesso humus ideologico. E la Sinistra, a differenza dei liberali e dei conservatori, è sempre stata maestra nel tradurre le idee culturali in politica reale. Pertanto l’immigrazione di massa è divenuta la sua alfa ed omega. Ecco perché gli ex compagni, ogni volta che vanno al Governo, attuano la politica dei porti aperti e dello “avanti c’è posto”. Inoltre, favorire l’immigrazione garantisce uno scudo morale formidabile, in quanto nessuna persona sana di mente gioisce nel vedere le disgrazie dell’Africa o i ricorrenti massacri causati dalle guerre interne al mondo musulmano. Pertanto voler “accogliere” significa automaticamente essere “i buoni”, mentre cercare di spiegare che tutta l’Africa in Europa non ci sta (in Italia neanche a parlarne) significa essere bollati come “i cattivi”, “i razzisti” ed “i fascisti” (chissà poi se gli ex compagni sanno che Mussolini aveva il progetto di costruire a Roma la più grande moschea d’Europa e che si autoproclamò “spada dell’Islam”?). Se poi in un dibattito televisivo un esponente conservatore riesce a dimostrare la follia della sostituzione etnica basta mandare in onda l’immagine (vera o presunta) di un bambino affogato dopo il ribaltamento di un barcone, piuttosto che il video di una donna africana in dolce attesa in attesa nei campi profughi. Lacrime in studio, politici di sinistra che si inginocchiano non si sa a che titolo, show mediatico ed il gioco è fatto: l’avanti c’è posto continua o il marchio di “razzista fascista” è pronto per tutti.

Ma, come detto, alla lunga i nodi vengono al pettine. I quartieri ghetto del Nord Europa sono una piaga sociale sotto gli occhi di tutti, le rivolte delle banlieaus francesi hanno portato il terrore tra la classe media d’Oltralpe (ma non dei radical chic di sinistra, quelli vivono nei quartieri blindati dei ricchi), a Milano Centrale sembra di essere in zona di guerra, la cronaca quotidiana è uno stillicidio continuo di reati commessi da chi non può e non vuole integrarsi e, per ultimo ma non ultimo, i crimini di natura sessuale sono la prova provata che fondere la Civiltà Occidentale con la cultura islamica è impossibile. Per il semplice fatto che si fondano su princìpi incompatibili. Tutto questo ormai è di dominio pubblico, malgrado il mainstream mediatico dominato dalla Sinistra faccia l’impossibile per nascondere e distorcere la realtà.

Da quanto letto finora, tuttavia, sembrerebbe che la battaglia per la sostituzione etnica dell’Occidente portata avanti dall’élite progressista sia frutto di un sincero convincimento ideologico. Una battaglia deprecabile finché si vuole, ma in linea con i princìpi del libero pensiero su cui si basa la Civiltà Occidentale. Inutile negare che molti, a sinistra, siano sinceramente ed onestamente convinti della giustezza delle loro vedute. Ma vi è di più. Vi è il business. Sì, perché l’immigrazione, ormai da un decennio almeno, si è trasformata nella cornucopia economica del politicamente corretto, abilmente mascherata dalla difesa dei diritti umani.

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Come esempio di ciò possiamo citare la punta dell’iceberg, ossia lo scandalo Soumahoro. Aboubakar Soumahoro è un immigrato ivoriano classe 1980 che ce l’ha fatta o, per meglio dire, a cui ce l’hanno fatta fare. Coccolato dalla Sinistra estrema e da essa fatto eleggere in Parlamento, per qualche anno è stato trasformato nell’etichetta vivente della bellezza dell’immigrazione, della società multietnica e dell’antirazzismo (ovviamente senza mai pronunciare una parola contro il razzismo antibianco). Non sono mancati nemmeno i gesti pacchiani stile corrente di sinistra grillina, come presentarsi in Parlamento con gli stivali di gomma da finto proletario.

E poi…la bomba. Soumahoro e famiglia sono finiti nel pieno di uno scandalo che fa a pezzi tutta la falsa retorica buonista dell’accoglienza: cooperative rosse che lucrano sui disperati, bilanci allegri, bugie a non finire smascherate da video ed audio vari e 640.000 euro spariti dalla cooperativa della moglie. Sic transit gloria mundi verrebbe da dire, almeno finché il Black Lives Matter non vieterà anche le citazioni latine.

Ma come detto all’inizio dell’articolo le disgrazie non vengono mai da sole, e questo vale anche per la Sinistra. Persino in Europa vi sono segnali che qualcosa sta cambiando. Il partito socialdemocratico danese, ossia il partito di governo “eterno” della Danimarca, per evitare che la Destra identitaria gli drenasse tutto l’elettorato ha sostanzialmente modificato la sua linea sull’immigrazione, passando dal classico “avanti c’è posto” ad una posizione molto più di chiusura e rimpatri. Non solo. La cosa che probabilmente fa più male ai progressisti immigrazionisti è che il ragionamento della Sinistra danese parte da un presupposto… di sinistra! Ossia che per mantenere il livello di welfare tipico della Scandinavia non è ammissibile creare ghetti afroislamici, così come non è economicamente sostenibile allargare certi diritti, pagati dai cittadini danesi con fior di tasse e superiore senso civico, a decine di migliaia di persone appena arrivate e che spesso non sanno neanche cos’è la democrazia (per non parlare dell’uguaglianza tra uomo e donna, giusto per restare su temi teoricamente cari alla Sinistra).

Concludiamo con la notizia probabilmente più dirompente sul fronte immigrazione, che ovviamente in Italia è stata quasi completamente tralasciata dal mondo dell’informazione. Parliamo della legge britannica varata nell’aprile del 2022 dal Governo Johnson (che per inciso fu il Governo più multietnico della storia britannica), secondo cui gli immigrati clandestini africani arrivati senza permesso in Gran Bretagna o saranno rimpatriati o, nel caso non si riesca a risalire alla loro nazionalità, trasferiti in Rwanda, ovviamente col beneplacito del Governo rwandese.

Apriti cielo! Ovviamente i laburisti e le ONG (colleghe di Soumahoro?) hanno aperto il fuoco di repertorio a base di “razzisti”, “fascisti”, ecc. Ma poiché i conservatori godono di un’ampia maggioranza a Westminster i progressisti sono andati a piangere nell’unico posto dove sperano di ribaltare i verdetti elettorali, ossia in tribunale (ex compagni uguali in tutto il mondo). Il lavoro dei giudici è stato lungo, ma pochi giorni fa è arrivata la sentenza: la legge in questione è perfettamente legale ed attuabile. È ancora presto per dirlo, ma tale sentenza potrebbe rappresentare un precedente a livello europeo e forse occidentale. Questo perché la Gran Bretagna ha un peso internazionale di tutto rispetto e non è ricattabile come, per esempio, l’Italia con armi quali lo spread.

Ps: per l’intellighenzia di sinistra sembra destino che dal Regno Unito arrivino notizie disastrose o, per lo meno, che distruggono la retorica progressista. La prima donna Premier della storia britannica fu la conservatrice Margaret Thatcher; dopo di lei vi sono state altri due Primi Ministri donna, entrambe conservatrici; ad oggi donne Premier di sinistra non pervenute; come già visto il tanto vituperato Johnson mise insieme il Governo più multietnico di sempre e, dulcis in fundo, il suo successore è l’oriundo indiano Rishi Sunak, di etnia punjabi e religione induista. God save the King.

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Laureato in Storia con indirizzo moderno e contemporaneo presso l'Università di Genova. Saggista, è autore di Ucraina in fiamme. Le radici di una crisi annunciata (2016), Dal Regno Unito alla Brexit (2017), Scosse d'assestamento. "Piccoli" conflitti dopo la Grande Guerra (2020) e Da Pontida a Roma. Storia della Lega (2020, con prefazione di Matteo Salvini).