di Nicola De Felice

 

Premessa

Lo smuggling, ossia l’introduzione illegale di migranti nel territorio di uno Stato, ed il trafficking, cioè lo sfruttamento sessuale o economico in condizioni analoghe alla schiavitù, si basano sullo sfruttamento intensivo del migrante già durante il viaggio e sicuramente al termine dello stesso.

Le organizzazioni criminali evidenziano oramai una notevole capacità di adattamento nella gestione dei flussi, diversificando le rotte, le tappe e i mezzi, utilizzando natanti di vario tipo e dimensione, traghetti di linea e voli aerei in relazione al tipo di etnia delle vittime oppure per scelte di tipo strategico come l’elusione dei controlli o la pressione per interventi di soccorso con le navi Ong, coperte o colluse con gli scafisti, con i propri Stati bandiera ed i loro finanziatori.

Questi criminali sono coinvolti nella conduzione di altri illeciti, dal traffico di sostanze stupefacenti ai reati quali gli stupri, le estorsioni, le rapine o le frodi. Non mancano la movimentazione all’estero dei proventi illeciti, l’utilizzo di corrieri e di sistemi vietati per la raccolta e l’invio del denaro.

La tratta degli esseri umani richiede un’azione più complessa di quella finora attuata; non basta relegarla alle sole competenze del Ministero dell’Interno. Gli accordi di Schengen, la Convenzione di Palermo dell’ONU, la Legge del Mare delle Nazioni Unite (UNCLOS) ed il Codice italiano della navigazione forniscono le regole per la gestione delle frontiere e per i controlli da effettuare per chi arriva in Europa. L’Italia ha sottoscritto procedure per i visti di ingresso, per la protezione dei richiedenti asilo e per i rimpatri di coloro che non hanno diritto a permanere nell’area Schengen. Ogni giorno negli aeroporti europei centinaia di extracomunitari, non in regola con i visti, sono rimandati indietro a spese delle compagnie aeree che li hanno trasportati in Europa.

In particolare, l’articolo 92 del Trattato di Schengen disciplina la cooperazione tra gli Stati contraenti in materia di controlli alle frontiere esterne. Esso prevede che:

  • gli Stati collaborino tra di loro e con la Commissione europea per assicurare la corretta attuazione delle disposizioni del Trattato relative ai controlli alle frontiere esterne;
  • gli Stati prendano le misure necessarie per prevenire l’immigrazione illegale, per controllare l’ingresso e l’uscita dei cittadini di Paesi terzi e per lottare contro la criminalità transfrontaliera;
  • gli Stati adottino misure temporanee per reintrodurre i controlli alle frontiere interne in caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna, come hanno più volte fatto la Francia e l’Austria per limitare i flussi migratori dall’Italia;
  • gli Stati coordinino le loro politiche in materia di visti e di asilo nonché garantiscano la cooperazione tra le loro autorità competenti in questi settori.

Il Trattato di Schengen prevede il respingimento alla frontiera (Refusal of Entry) quando un individuo che si presenta ad un varco aeroportuale, marittimo o terrestre non soddisfa i requisiti necessari per l’ingresso nello spazio Schengen. Ci sono diversi motivi per cui una persona è respinta alla frontiera Schengen, tra i quali:

  • non possedere i documenti di viaggio (come il passaporto) o un visto valido per tutti i Paesi extraeuropei che non sono esenti dal visto;
  • non essere in grado di dimostrare la finalità del viaggio o le risorse finanziarie sufficienti per il soggiorno previsto;
  • essere considerati una minaccia per la sicurezza pubblica o l’ordine pubblico dei Paesi Schengen (esiste un database europeo denominato SIS II);
  • avere un divieto di ingresso emesso in uno dei Paesi Schengen.

È necessario inoltre promuovere dei principi comuni europei basati su parametri e requisiti condivisi da tutti gli Stati europei per l’attribuzione della cittadinanza (la cosiddetta “naturalizzazione”) ai cittadini extracomunitari. Gli effetti che le politiche nazionali per il riconoscimento della cittadinanza possono generare, infatti, non hanno conseguenze solo all’interno dello Stato che le ha adottate, ma hanno impatto in tutti gli Stati che aderiscono al Trattato di Schengen. Chiunque acquisisce la nazionalità di uno Stato Schengen acquisisce automaticamente la “cittadinanza” dell’area Schengen; quindi, la libertà di muoversi in tutta Europa.

Negli anni questo ha provocato tensioni con quegli Stati che, avendo adottato politiche di welfare molto generose per i propri cittadini, sono diventati un polo di attrazione anche per quei “nuovi cittadini comunitari” che si sono trasferirsi nel loro Stato per cercare lavoro e per beneficiare del welfare. Nelle more della definizione di politiche comuni per le naturalizzazioni sarebbe opportuno, prima di adottare leggi nazionali in materia di concessione della cittadinanza (a qualsiasi titolo) ai cittadini extracomunitari, di consultare gli altri Stati che partecipano al Trattato di Schengen per acquisire anche il loro parere sulle politiche di naturalizzazione che si vogliono adottare.

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La prima domanda è quindi se gli attuali trattati ed accordi europei siano sufficienti o se, invece, sia necessaria un’azione comune in grado di fornire risposte integrate e omogenee valide in tutta l’area Schengen, anche per chi proviene dal mare e non è in regola.

Proposta

Riconosciuto oramai il nesso tra la schiavitù moderna, la tratta degli esseri umani e la discendente immigrazione illegale, la linea strategica da perseguire deve avere la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti del potere nazionale e internazionale, dal diplomatico al militare, dall’interno all’economico, dall’intelligence al sanitario. Occorre l’azione competente e determinata di un incaricato speciale dedicato a questo unico compito.

L’Ue, su proposta del Governo italiano, nomini dunque un Incaricato di natura speciale e a competenza settorialmente definita, con esperienza militare e diplomatica nel Maghreb, di conoscenza della Sicilia e del Sud dell’Italia, delle lingue e delle norme marittime e di settore internazionali, con l’obiettivo di sconfiggere la tratta degli esseri umani e mitigare l’immigrazione clandestina, secondo le linee guida deliberate dal Consiglio Ue e rese esecutive dalla Commissione europea. L’Incaricato speciale, munito delle necessarie immunità ed indennità normalmente adottate per i Commissari o Capi incarichi speciali europei, dovrà avere la delega per trattare cooperazioni con gli Stati di transito, in particolare nel rafforzamento della sorveglianza e controllo dei loro confini e nel pattugliamento congiunto tra le forze locali e quelle europee nelle loro acque territoriali, con capacità di spesa, potere e capacità di far fronte a particolari esigenze di direzione e coordinamento di più amministrazioni nazionali ed europee.

L’Ue emani una risoluzione politica, fissi gli obiettivi ed i compiti, i mezzi, i fondi, le deroghe ed il personale concessi nonché la durata dell’ufficio. Sia definita la fornitura di personale e di sistemi di supporto ai Paesi Schengen esposti in prima linea ai flussi migratori. Sia assicurata la copertura dei costi sostenuti per la gestione del fenomeno migratorio da ripartire tra tutti i 31 Stati che aderiscono al Trattato di Schengen (Stati membri Ue e non) secondo le quote proporzionali già definite. L’Incaricato speciale coinvolga le organizzazioni specifiche dell’ONU e le associazioni di volontariato e tutte le ONG che operano in Africa, in Pakistan in Bangladesh e nei vari Paesi asiatici da cui originano i flussi migratori affinché realizzino azioni che tutelino i migranti dai trafficanti di esseri umani, assicurando anche la gestione degli hotspot in Africa con forze europee.

Siano potenziate le Rappresentanze dell’Unione presenti negli Stati extraeuropei per una maggiore coordinazione della migrazione legale in Europa. L’Incaricato speciale stipuli accordi a nome dell’Ue con gli Stati da cui originano i flussi migratori per consentire i rimpatri immediati di quei migranti che non hanno diritto a permanere nell’area Schengen. Questi accordi, se non rispettati o se dovesse venire a mancare la collaborazione di questi Stati ad accogliere indietro i propri cittadini, dovranno prevedere conseguenze restrittive sul rilascio dei visti per i cittadini di quel Paese, sull’erogazione dei fondi europei per lo sviluppo e se necessario sugli accordi commerciali e militari con gli Stati membri dell’Unione Europea.

Sia dato spazio a gente responsabile e competente, decisa a salvaguardare gli interessi dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri.

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Senior Fellow del Centro Studi Machiavelli. Ammiraglio di divisione (ris.), già comandante di cacciatorpediniere e fregate, ha svolto importanti incarichi diplomatici, finanziari, tecnici e strategici per gli Stati Maggiori della Difesa e della Marina Militare, sia in Patria sia all’estero, in mare e a terra, perseguendo l'applicazione di capacità tese a rendere efficace la politica di difesa e di sicurezza italiana.