di Luca Ruggeri
Una nota del capo di gabinetto del ministero dell’Economia e delle Finanze ha riacceso l’interesse circa la ratifica della modifica al trattato del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità, in inglese ESM, European Stability Mechanism) da parte del nostro Paese, inducendo la pubblicazione di articoli che hanno rappresentato la ratifica stessa quale priva di complessità e, sostanzialmente, di rischi per l’Italia.
Appare evidente che modalità e tempistica dell’intervento del ministero vadano inquadrati nella complessa vicenda che ha per oggetto il MES; ricordiamo che il nostro Paese è l’unico ad non aver ancora ratificato l’accorso di modifica ed è chiaro che la tematica si intreccia con altri aspetti di grande rilievo, a partire dal PNRR sino alle prossime elezioni europee.
Lasciamo ad altri, più attrezzati di chi scrive, l’analisi politica della vicenda e le considerazioni circa i riflessi nei rapporti con le strutture europee che evidentemente bramano molto poter chiudere la ratifica.
Ci limitiamo quindi ad analizzare i profili tecnici dei passaggi essenziali della nota dai quali, lo anticipiamo sin d’ora, non si rilevano novità che giustifichino l’entusiasmo delle fonti giornalistiche che da sempre sostengono il MES, senza se e senza ma.
I punti salienti della nota sono tre.
Il primo consta nell’affermazione che la ratifica non importa effetti diretti sulla finanza pubblica dato che non comporta nuovi o maggiori oneri rispetto agli impegni già assunti. In effetti l’Italia ha già versato 14 miliardi di euro e si è impegnata a versarne altri 125 a semplice richiesta; la ratifica quindi non produce nuovi impegni, oltre a quelli assai consistenti già in essere, anche se va ricordato che amplia il ruolo del MES attribuendogli la funzione di supporto (backstop) al Fondo di Risoluzione Unico delle banche (Single Resolution Fund).
Il secondo punto concerne gli effetti indiretti della ratifica. La nota esplicitamente afferma che “appaiono di difficile valutazione”, onesta dichiarazione difficilmente contestabile. In prima battuta si scrive che la ratifica non rende il MES più rischioso ipotizzando quindi un ruolo dell’Italia come creditore. Di maggiore interesse il successivo passaggio secondo il quale “sulla base di riscontri avuti da analisti ed operatori di mercato” la ratifica potrebbe rendere meno costoso il nostro debito nella misura in cui verrebbe percepita come un segno di rafforzamento della coesione europea, anche se “è difficile da prevedere ex-ante” l’impatto effettivo. Si tratta in realtà del profilo più importante soprattutto se letto al contrario, ci si potrebbe domandare infatti quale sarebbe il costo della mancata ratifica nel contesto attuale ma la nota del ministero non entra nel merito di tale ipotesi.
In terzo luogo si scrive circa gli effetti sulla finanza pubblica dell’eventuale attivazione del MES, in altri termini il costo dell’intervento del MES qualora l’Italia lo chiedesse; gli effetti non vengono quantificati in quanto legati a diversi fattori che sarebbe determinati dall’effettiva situazione al momento della richiesta di assistenza.
In estrema sintesi la nota non aggiunge nulla a quanto già noto mentre non affronta alcuni aspetti assai problematici della riforma tra i quali, ad esempio, l’impatto di un giudizio negativo o anche solo dubitativo sulla sostenibilità del nostro debito da parte del MES, al quale la ratifica attribuisce tale ruolo; in tale ipotetica evenienza la frase di Brenno manterrebbe tutta la sua attualità.
Ricercatore senior del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Economia, ha lavorato per oltre venti anni presso una grande banca italiana ed attualmente svolge la propria attività quale direttore generale presso un investitore istituzionale.
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