di Giovanni Giacalone

La scorsa settimana il ministro dell’Interno britannico, Suella Braverman, è tornata sulla questione del terrorismo di matrice islamista definendolo “la minaccia predominante per la sicurezza del Regno Unito”, dopo che già lo scorso febbraio era stato annunciato un aggiornamento in tale direzione del programma Contest, la strategia antiterrorismo britannica suddivisa in quattro rami: Prevent, Pursue, Prepare, Protect.

La Braverman ha inoltre spiegato che il terrorismo islamista attuale è caratterizzato dall’attività di singoli individui o piccoli gruppi che si muovono in autonomia, al di fuori del controllo delle grandi organizzazioni terroristiche come Al-Qaeda e Isis che ne restano però le principali fonti di ispirazione e radicalizzazione, in particolar modo sul web. Tutto ciò rende la minaccia particolarmente pericolosa in quanto imprevedibile e più difficile da anticipare e prevenire.

C’è poi la questione relativa al Pakistan, dove sono presenti predicatori islamisti radicali, alcuni dei quali appartenenti al movimento Majlis-e-Tahaffuz-e-Khatme Nabuwwat (Assemblea per proteggere il fine della Profezia), che riescono ad avere un consistente impatto sulla diaspora  nel Regno Unito, diffondendo odio nei confronti dell’India, in particolare relativamente alla questione del Kashmir. Nel settembre del 2022 a Leicester, dopo una partita di cricket tra una squadra indiana ed una pakistana, si erano verificati violenti scontri che avevano portato all’arresto di 47 soggetti.

Intanto lo scorso 17 luglio il predicatore islamista radicale britannico Anjem Choudary è stato arrestato nella sua abitazione di Ilford, a est di Londra e accusato di terrorismo; poche ore dopo un altro individuo, Khaled Hussein, cittadino canadese di 28 anni, veniva arrestato all’aeroporto londinese di Heathrow dove era appena arrivato a bordo di un volo proveniente dal Canada. I due hanno partecipato a un’udienza lunedì pomeriggio dove il magistrato ha confermato la detenzione fino al prossimo 4 agosto quando appariranno davanti alla Central Criminal Court.

Choudary è accusato di appartenenza a un’organizzazione già messa al bando nel 2010 (al-Muhajiroun, di cui Choudary è stato co-fondatore), di istigazione ad unirvisi ed anche di aver svolto un ruolo direttivo nell’organizzazione. Secondo gli inquirenti, il gruppo sarebbe stato ricreato con un differente nome, Islamic Thinkers Society, ma con i medesimi obiettivi radicalizzanti. Hussein è invece accusato di aver operato per Choudary per almeno due anni, in particolare sul web, dove avrebbe fornito la piattaforma per i messaggi del predicatore. Choudary era già finito dietro le sbarre nel 2016, con una condanna a 5 anni e 6 mesi, accusato di sostegno all’Isis, ma nell’ottobre del 2018 era stato rilasciato e sottoposto a sei mesi di libertà condizionata per poi tornare alla piena libertà nel maggio del 2019.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.