di Antonio Bellizzi di San Lorenzo

“Ero straniero e mi avete accolto” (Mt, 25,11): il precetto evangelico non si limita ad enunciare il valore dell’accoglienza dell’estraneo ad una data comunità e la sua integrazione ma ne fissa la precisa proporzione quantitativa, nel senso che lo straniero bisognoso di accoglienza è uno (ero) rispetto alla pluralità componente la comunità ospitante (mi avete).

La norma è valida solo se proporzionata

La consapevolezza di questa proporzione aurea è fondamentale per rendere possibile la praticabilità concreta dell’accoglienza, giacché solo la hominis ad hominem proportio (Dante, Mon. II,5) ossia la iustitia rende la validità di una norma suscettibile di effettività e quindi, nel caso dello straniero, rende praticamente sostenibile la sua accoglienza in una comunità altra rispetto a quella di sua provenienza. Dunque il dato quantitativo si rivela coessenziale al precetto evangelico di ospitalità dello ξένος, nel senso che, qualora venga meno questa proporzione − poiché la quantità degli stranieri superi le possibilità recettive di una data comunità − ecco che viene meno lo stesso dovere etico di accoglienza per la inesigibilità della condotta in capo ai membri della comunità meta di accoglienza. La quale a sua volta ha il diritto/dovere di preservare la propria coesione sociale, presupposto indefettibile per la stessa integrazione di nuovi arrivati.

Integrazione ovviamente attuabile non solo nella contingente fruizione gratuita di beni della comunità accogliente ma anche nel rispetto della identità produttiva di accoglienza, nella condivisione di diritti e doveri e nella possibilità del lavoro. E poiché ogni azione umana e istituzionale, che non abbia poteri sovrannaturali di moltiplicazione delle risorse scarse in natura, è soggetta alle categorie spazio-temporali, è evidente che i limiti spaziali del luogo di accoglienza insieme ai limiti temporali di organizzazione dell’accoglienza costituiscono il limite primario della soddisfazione del bisogno di accoglienza implicante una pluralità di risorse, alimentari, alloggiative, igienico-sanitarie, logistico-gestionali, di ordine pubblico etc.

Non prosciugare la fonte per dar da bere agli assetati

Dunque tale tomistica autoevidenza è presupposto complementare rispetto al “diritto a non dovere emigrare” perorato da papa Francesco nel messaggio per la 109^ giornata del migrante del 24 settembre 2023, in continuità col magistero di Benedetto XVI e di S. Giovanni Paolo II. Il problema dei limiti della sostenibilità dei flussi migratori è quindi di ordine quantitativo innanzitutto, per cui, oltre una certa misura, connessa ai suddetti limiti di un contesto dato, una migrazione di massa costituisce de facto oggettivamente una invasione seppur armata dall’abuso pilotato di strumenti normativi del contesto di destinazione, la cui mens legis è rivolta a casi limitati e la cui serialità, eccezionalmente espansa, comunque non è moltiplicabile ad infinitum, giacché non è logicamente predicabile che masse umane indeterminate si trasferiscano da una parte all’altra del pianeta con il miraggio consumistico di un luogo di soli diritti senza doveri e di un welfare inesauribile, senza alterazione dello stesso equilibrio assiologico-materiale, che garantisce quei diritti e genera quello specifico welfare.

Qualsiasi problema distributivo di acqua agli assetati presuppone infatti la difesa della integrità del castellum aquae, delle condutture e la intransigibile incorruttibilità della fonte a monte, pena il rischio di avvelenamento collettivo e conseguente inesorabile dissoluzione sociale.

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Armi di migrazione di massa

D’altra parte, contrariamente ad ogni utopica ideologia no borders, in termini plurali, è stato detto “bussate e vi sarà aperto” (Mt, 7-7), con ciò riconoscendosi implicitamente il limite della porta cui bussare, e non da travolgere: porta ancorata a dei cardini e inserita in dei muri con precise fondamenta. Allora il fenomeno d’invasione ad effetto differito ma d’impatto immediato, da parte di masse indeterminate di persone, si manifesta nel senso etimologico di “in-vadere”, nell’evidenza della maggioranza di migranti di sesso maschile in età qui arma ferre possunt, per dirla con la pregnanza concettuale dei classici mentre, da un punto di vista geopolitico, si disvela la dimensione espulsiva di tante persone sradicate da territori molto più ricchi di materie prime esiziali per tecnologia contemporanea rispetto agli stessi territori meta di migrazione (litio, terre rare,etc.).

In tale prospettiva, la elargizione di denaro, da parte della “democrazia che non si difende”, ai responsabili di Stati di dubbia democraticità e trasparenza al fine del contenimento migratorio, non fa che alimentare un circolo vizioso tra ricatto continuo al rialzo, in termini di stop and go di ondate migratorie, e ricatto etico di subdola e metodica precostituzione dello stato di necessità di salvataggio di persone usate come meri strumenti dagli arbitri senza scrupoli della pressione migratoria, di cui gli scafisti non sono che pedine criminali nel dominio finalistico dei designer esterni del disordine europeo supportati internamente da inconsapevoli segatori del ramo dell’albero su cui stanno comodamente seduti.

Ricercatore universitario confermato in Diritto privato strutturato presso il Dipartimento per Economia e Impresa -Universita'degli Studi di Firenze.