di Giovanni Giacalone

A due mesi dall’eccidio perpetrato da Hamas in territorio israeliano, la situazione a Gaza è cambiata radicalmente. Israele ha risposto, lo ha fatto duramente e nonostante le molte pressioni da parte di certi ambiti della comunità internazionale che avevano la pretesa di impedire agli israeliani di reagire. I capi di Hamas sono assediati nei tunnel a sud della Striscia e nel nord i terroristi si arrendono all’esercito israeliano.

L’ambasciatore israeliano all’ONU, Gilad Erdan, è stato chiaro nel definire Hamas come i nazisti, come l’Isis e “nessun Paese al mondo accetterebbe di avere un vicino del genere”. Il governo israeliano ha detto fin da subito che avrebbe eradicato Hamas dalla Striscia di Gaza e la situazione sul campo dimostra come Gerusalemme stia andando fino in fondo.

Inizialmente si era ipotizzato che la trattativa per la liberazione degli ostaggi potesse portare a una fine del conflitto, ma l’ipotesi era poco plausibile in quanto questa volta i crimini di Hamas sono di un’atrocità tale che l’unico epilogo può essere quello di eliminarne la presenza da Gaza, in accordo con Washington. Del resto l’organizzazione terrorista palestinese ha chiaramente affermato la volontà di ripetere le azioni dello scorso 7 ottobre.

Un altro punto d’interesse evidenziato da Erdan riguarda l’errore commesso nel credere che far arrivare a Gaza aiuti economici potesse trasformare Hamas in un interlocutore politico attento allo sviluppo socio-economico della Striscia. Non è stato così. Hamas ha utilizzato i finanziamenti per costruire tunnel, centri di comando sotterranei, per costruire e acquistare armi, munizioni, razzi. Tutto ciò ovviamente a discapito della popolazione di Gaza che di aiuti ne ha ricevuti ben pochi.

Del resto è da tempo evidente che a Hamas dei civili non importa assolutamente niente, come affermato dallo stesso Musa Abu Marzouk, dirigente di Hamas, il quale ha dichiarato che i tunnel sotterranei servono a “proteggere i ‘combattenti’ di Hamas e la responsabilità di proteggere i civili è dell’ONU e di Israele”.

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Gli arsenali e i centri di comando di Hamas nascosti nei sotterranei di ospedali e affianco scuole e asili, il tutto documentato dall’esercito israeliano, dimostrano come Hamas si fa scudo con i civili per poi accusare Israele di bersagliare la popolazione. Israele ha optato per far temporaneamente defluire i civili verso “zone sicure” nel sud della Striscia e Hamas ha tentato di fermare con la forza i civili in fuga.

Ora Hamas è in seria difficoltà considerato che l’esercito israeliano controlla la zona settentrionale della Striscia e nel contempo stringe la morsa su Khan Yunis, dove pare siano asserragliati i leader, tra cui il ricercato numero uno, Yahya Sinwar. Le prossime settimane saranno decisive.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.