I recenti femminicidi di Giulia e Vanessa hanno comprensibilmente esasperato la già diffusa indignazione per questi odiosi delitti e per la violenza sulle donne in generale creando un clima di sospetto e timore nella popolazione femminile riguardo ad una presunta potenzialità femminicida celata in ogni maschio, una specie di allarme-pandemia lanciato dai mezzi di informazione che, per ovvi motivi, selettivamente riportano le notizie a più forte impatto emotivo.
Eppure, il report del Ministero dell’Interno relativo agli omicidi volontari in Italia nel 2023, indica sorprendentemente che il femminicidio è in diminuzione: (In blu i commenti di chi scrive)
“Alla data odierna, relativamente al periodo 1 gennaio – 31 dicembre 2023 sono stati registrati 330 omicidi, con 120 vittime donne (quindi 210 vittime uomini), di cui 97 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste 64 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Analizzando gli omicidi commessi nel 2023 rispetto a quelli avvenuti l’anno precedente, si nota un aumento nell’andamento generale degli eventi, che da 325 passano a 330 (+2%), mentre il numero delle vittime di genere femminile si riduce, passando da 128 a 120 (-6%) (Il numero di vittime maschili invece aumenta da 197 a 210: perché non si dice?). Per quanto attiene all’andamento generale dei delitti commessi in ambito familiare/affettivo si evidenzia un aumento degli eventi, che da 144 passano a 146 (+1%); in tale ambito si registra però un decremento del numero delle vittime di genere femminile, che da 104 passa a 97 (-7%) (e quindi un aumento di vittime maschili, che da 40 diventano 49: perché non si dice?). Rispetto al 2022 risulta invariato il numero di omicidi commessi dal partner o ex partner (69 casi), mentre si registra un aumento delle vittime donne, che da 61 passano a 64 (+5%). Infine, nel periodo 27 – 31 dicembre 2023 risultano commessi 4 omicidi, tutti con vittime di genere maschile”. (Chi lo sapeva? Un maschio ucciso non deve fare notizia?!)
Prendendo i dati annuali del Ministero dell’Interno che chiunque può consultare online, ho dunque preparato la sottostante tabella relativa solo agli ultimi 8 anni, per brevità, ma comunque sufficientemente esplicativa:
Anno | Uomini uccisi | Donne uccise | Donne uccise dal compagno o ex |
2016 | 251 | 149 | 76 |
2017 | 234 | 123 | 54 |
2018 | 212 | 133 | 73 |
2019 | 204 | 111 | 68 |
2020 | 170 | 116 | 67 |
2021 | 186 | 122 | 70 |
2022 | 197 | 128 | 61 |
2023 | 210 | 120 | 64 |
Vorrei subito chiarire che in questo articolo considero femminicidi tutti gli omicidi volontari di donne e maschicidi tutti gli omicidi volontari di uomini; questo perché il numero di omicidi volontari non legati al genere è irrilevante sia per l’uomo che per la donna (l’uccisione di un ostaggio, l’eliminazione di un testimone scomodo, vendetta tra famiglie, eredità contesa, sono cause di omicidio senza distinzione di genere ma incidono poco sul numero totale di omicidi). Oggi, chi vuole creare divisione e rancore tra maschi e femmine, insinua che le donne vengono uccise in quanto donne e cioè per odio, disprezzo, punizione e prevaricazione dell’uomo sulla donna, in una parola: per Patriarcato. Questo non è vero, è demagogico, perché le donne oggi vengono prevalentemente uccise da uomini disperati all’interno di relazioni malate, moribonde o morte, uomini che poi, in buona percentuale, si suicidano. Le donne oggi vengono semplicemente uccise perché in giro ci sono uomini assassini che comunque uccidono molto di più uomini che donne, sebbene con moventi differenti: le donne vengono uccise prevalentemente all’interno del proprio tradizionale territorio, tipicamente femminile e cioè famiglia, affetti e relazioni; gli uomini vengono uccisi all’interno di domini differenti e tipicamente maschili: competizione, sfida, litigio, guerra, rapina. Cause diverse per generi diversi, dunque, ma cause ugualmente abiette per omicidi di uguale gravità che meriterebbero uguale risalto mediatico e uguale indignazione generale.
Da premettere ancora che, ad uccidere sia uomini che donne (e molto di più uomini), sono quasi sempre gli uomini; sia i femminicidi che i maschicidi dunque, sono commessi quasi esclusivamente da uomini. Non dovremmo pertanto concentrarci tendenziosamente solo sulle cause di femminicidio ma piuttosto sul perché esistono ancora uomini assassini (e tali assassini, lo ripeto, uccidono più uomini che donne, nel rapporto 3:2)
In generale, ci sono molte convinzioni e luoghi comuni da correggere, miti da sfatare e demagogie da sbugiardare con dati scientifici e statistici, ad esempio:
Non c’è alcuna epidemia di femminicidio in corso ma, al contrario, il femminicidio nel 2023 (120) è diminuito sia rispetto al 2022 (128) sia rispetto alla media dei 7 anni precedenti (media 126).
Addirittura nel 2016 i femminicidi furono 149; 123 nel 2017; 133 nel 2018; 122 nel 2021 e 128 nel 2022. Solo nel 2019 (111) e nel 2020 (116) sono stati di meno. Tra i femminicidi poi, quelli commessi dal partner o ex partner, nel 2023 sono leggermente aumentati (64) rispetto al 2022 (61) ma diminuiti rispetto alla media dei 7 anni precedenti (media 67); e non solo: sono stati di più nel 2016 (76), nel 2018 (73), nel 2019 (68), nel 2021 (70) e uguali nel 2020 (67). Sono stati di meno solo nel 2017 (54) e nel 2022 (61). (Dati forniti da ISTAT e Ministero dell’Interno)
Da diverso tempo e dall’omicidio di Giulia Cecchettin in particolare, i mezzi di “informazione” fanno a gara per distorcere la realtà dando risalto solo agli omicidi di donne e riservando a quelli di uomini solo minuscoli trafiletti, creando perciò la falsa percezione di un’emergenza femminicidio in corso, come se fossimo entrati nella stagione della caccia alla donna da parte del maschio prevaricatore e omicida. Ancora, senza nulla togliere alla gravità di ogni singolo femminicidio, la probabilità che una donna venga uccisa dall’uomo con cui ha o ha avuto una relazione amorosa rimane estremamente bassa: negli ultimi 8 anni sono state uccise dal compagno o ex compagno in Italia una media 67 donne l’anno su una popolazione femminile di 26 milioni (dai 15 ai 90 anni).
Gli uomini vengono uccisi molto più spesso delle donne, non hanno più colpe e la loro morte non vale di meno.
Osservando infatti i dati relativi agli omicidi in generale, si nota che gli uomini vengono uccisi molto più delle donne; fino ai primi anni novanta eravamo addirittura a valori altissimi, tipo 5:1, perché la criminalità organizzata uccideva molto di più e ovviamente uccideva quasi solo uomini: quanti maschi innocenti furono uccisi da organizzazioni politiche eversive e dalla mafia! Considerando solo i nostri ultimi 8 anni, i maschi sono stati uccisi in media 1,66 volte più delle donne (per ogni 2 donne, vengono uccisi circa 3 uomini, 3,2 per la precisione); e consideriamo che durante la pandemia Covid gli omicidi di maschi sono scesi molto, essendosi fermate le attività, altrimenti il rapporto sarebbe ancora più alto.
Le donne vengono uccise prevalentemente in ambito relazionale, famigliare o affettivo da colleghi di lavoro, conoscenti, amici, parenti, compagni o ex compagni, mariti o ex mariti quindi con molti segnali premonitori che, se ascoltati, possono far evitare la tragedia; l’uomo colpevole inoltre viene quasi sempre identificato e, nel 20% circa dei casi, dopo aver commesso l’omicidio, si suicida (il fatto che l’assassino si suicidi o venga incarcerato nulla toglie alla gravità e irreparabilità del gesto, però è indicativo del livello di sofferenza che precede, accompagna e segue un omicidio passionale, anche da parte dell’autore).
Gli uomini invece vengono uccisi prevalentemente in modo repentino, imprevedibile, inevitabile, senza segni premonitori e da assassini che non si suicidano anzi, si dileguano e spesso restano impuniti; tali omicidi avvengono in seguito a liti, rancori personali, rapine e motivi economici, risse, futili motivi (come l’apprezzamento ad una donna, un banale diverbio alla guida o l’aver negato una sigaretta). Ancora, se scoppia una guerra sono da sempre i maschi a partire e morire mentre le donne proseguono la loro vita a casa.
Vista l’indignazione che sorge quando viene uccisa una donna e l’indifferenza o quasi che accompagna l’omicidio di un uomo, sorge immediata la domanda: ma un uomo ucciso vale forse meno di una donna uccisa? Io penso di no perché un papà che viene ucciso per un banale diverbio in auto non vale meno di una donna e non ha più colpe; un ventenne che viene picchiato a morte dal branco fuori da una discoteca, non vale meno di una donna e non ha più colpe; un giovane padre che parte e muore per una guerra insensata, non vale meno di una donna e non ha più colpe.
In realtà, l’uccisione di una donna da parte di un uomo ha sempre indignato di più l’opinione pubblica rispetto all’uccisione d’un uomo perché la donna è fisicamente più debole, indifesa e c’è quindi un che di intrinsecamente vile e spregevole nel femminicidio. Attualmente però il femminicidio viene strumentalizzato a scopo ideologico da progressisti più o meno sinceri che spingono per la creazione di un unico genere ibrido, dalle femministe e da una sinistra in cerca di voti che adula le minoranze tra cui la comunità LGBTQIA+.
Oggi la donna ha tutti gli strumenti per difendersi dal compagno maltrattante e sa umiliare e maltrattare psicologicamente come e più dell’uomo.
A proposito di maltrattamenti, va detto che la donna maltrattata fisicamente dal compagno ha oggi tutti dalla propria parte e può abbondantemente difendersi sia per vie legali che economiche essendo di solito lavorativamente autonoma. Sì, ci sono anche maltrattamenti psicologici, ma attenzione: la donna è brava quanto e più dell’uomo a maltrattare psicologicamente e con un’arma in più: un uomo separato, in Italia, resta di solito senza casa, senza soldi e senza figli e il tutto per decisione di un giudice; non è questa una forma estrema di maltrattamento legalizzato?
I maltrattamenti maschili di oggi hanno poco a che vedere con il patriarcato; sono invece conseguenza di disperazione e segnale di una crisi nel rapporto uomo-donna.
Per ogni donna maltrattata c’è un uomo infelice: l’uomo che maltratta non è oggi un autoritario patriarca che decide il destino e i compiti delle donne di casa ma un uomo disperato, solitamente di basso livello socio-culturale, che tenta di sistemare il rapporto con la donna alzando le mani.
L’abbattimento delle differenze di genere ha esasperato il conflitto uomo-donna.
Oggi in Europa e America è in atto il tentativo di azzerare le differenze di genere tra uomo e donna (si spera lascino quelle anatomiche) e in questo contesto si trovano parole sacre in Occidente come “Parità di genere” e “Pari opportunità”: purtroppo però si è notato che nei Paesi del Nord Europa, ad esempio, dove si è raggiunta una notevole parità di genere, i tassi di violenza sulle donne sono maggiori rispetto ad altri Paesi europei in cui vi è maggior conservazione dei ruoli tradizionali di uomo e donna (fenomeno che ha preso il nome di “Paradosso nordico”)[1]. Perché questo?
Probabilmente perché la spartizione di ruoli, compiti e comportamenti tra uomo e donna, sulla base delle innegabili differenze fisiche, ormonali e psicologiche, ha consentito finora una convivenza e una collaborazione sinergica tra i due sessi, equilibrio che si rompe se si vuole creare un unico genere ibrido. È cioè intuitivo che se la sera torna a casa una donna che ha fatto lo stesso lavoro di un uomo, con lo stesso livello di stress, di frustrazione, e (quasi) di testosterone, lo scontro violento e rabbioso è più probabile. Nei piani della Natura, la spartizione dei ruoli sulla base delle diverse attitudini di maschio e femmina, serve anche per evitare conflitti e una donna con le doti tradizionali femminili di arrendevolezza, pazienza e accoglienza non è una donna frustrata, sottomessa e umiliata, tutt’altro: è una donna felice di essere differente dall’uomo, che non si pone gli stessi traguardi del maschio perché è orgogliosa dei propri (capisco, il parlare di piani e leggi di Natura fa molta rabbia a chi non conosce la biologia e ha fantasiosi piani creativi per il futuro dell’umanità).
Nella storia dell’umanità, il rapporto tra uomo e donna è sempre stato una sinergia, una collaborazione e non un rapporto tra carnefice e vittima come si vorrebbe oggi insinuare e prova di ciò è che le donne hanno sempre avuto e hanno una vita media addirittura più lunga dell’uomo; e qualcuno può forse dire che l’uomo sia più felice della donna?
Se non si fosse raggiunto un perfetto equilibrio di forze tra uomo e donna, se davvero l’uomo fosse un carnefice prevaricatore sempre vittorioso sulla donna, la biologia ci insegna che il genere femminile si sarebbe ormai estinto (e con esso la specie umana) mentre invece è vivo, longevo e in buona salute.
Sono d’accordo dunque sulla rieducazione culturale e sentimentale di alcuni maschi prepotenti con le donne; ma è necessario anche la rieducazione delle donne alla femminilità, altro che insegnare loro come scimmiottare il maschio per avere successo nella vita! Ognuno dei due sacri sessi si riappropri del proprio territorio e vivrà in pace. Viva le differenze dunque, l’unica strada da percorrere per migliorare il rispetto reciproco.
NOTE:
[1] Gracia, E., Merlo J. 2016. Intimate partner violence against women and the Nordic paradox. Social Science & Medicine 157 27-30
Medico psicoterapeuta di formazione cognitivo-comportamentale, oltre che di psicofarmacologia (Tranquillanti: come liberarsene, 2017, e Farmaci antidepressivi: effetti collaterali,2020) si interessa dell’insorgenza dei disagi psico-emotivi tra cause mediche, sociali, ambientali e di stile di vita. Sull’argomento ha scritto nel 2015 il libro Quarant’anni di riflessioni. Il suo sito è www.angelomercuri.it
Non ho mai letto così tante stupidaggini in vita mia! L’autore dell’articolo si è dimenticato di scrivere che la maggior parte degli omicidi sia verso donne che verso uomo viene commesso in stragrande maggioranza sempre da UOMINI!!! Sono gli uomini che uccidono, oltre ad essere più violenti per natura (non da sottovalutare il testosterone che rende il maschio più aggressivo). Secondo l’Istat la maggior parte degli omicidi, commessi da ex partner, compagni, parenti, riguardano le donne. Una percentuale ridicola riguarda gli uomini. I dati sono chiari!!! Cosa c’entrano gli omicidi totali di qualunque genere (visto che sono poi sempre commessi da maschi nella maggior parte dei casi) se si parla di femminicidio! E nella storia le donne sono state sempre sottomesse dall’uomo! Ma questo signore non ha studiato che le donne non avevano neanche il diritto di voto, non sa che non le si faceva neanche studiare?! Ma quale cooperazione! Ma la storia??! Secoli e secoli di soprusi e viene a raccontare tutte queste sciocchezze?! E magari il patriarcato non è mai esistito… mi mancherebbe solo di sentire questa!
Signora Anna Maria, nell’articolo è riportato “Da premettere ancora che, ad uccidere sia uomini che donne (e molto di più uomini), sono quasi sempre gli uomini; sia i femminicidi che i maschicidi dunque, sono commessi quasi esclusivamente da uomini. Non dovremmo pertanto concentrarci tendenziosamente solo sulle cause di femminicidio ma piuttosto sul perché esistono ancora uomini assassini (e tali assassini, lo ripeto, uccidono più uomini che donne, nel rapporto 3:2)”.
Inoltre, come si spera, il dialogo uomo-donna dovrebbe nutrirsi di aperture verso il tema e comprensione verso il fatto che la vita di una donna vale quanto quella di un uomo, e ciò a prescindere dal carnefice (empiricamente UOMO). La narrativa che deriverei da quanto scrive è quella di una Donna che è interessata esclusivamente al tema “donne morte”, disinteressandosi di uomini morti solo perché morti per mano del proprio genere, e – aggiungerei – anche di uomini uccisi da donne (solo perché in numero molto inferiore).
Dunque, a questo punto, Le chiederei: qual è la differenza tra Lei e un uomo disinteressato al femminicidio?
Ulteriormente, quanto da lei aggiunto è totalmente fuori dal tema, ossia, è sacrosanto che storicamente la misoginia ha avuto livelli orribili che, tra l’altro (da uomo) spero continuino a ridursi fino a rasentare lo 0. Vorrei però aggiungere che il DIALOGO uomo-donna dovrebbe avere dei toni adeguati e capaci di sensibilizzare entrambi verso una tematica fondamentale quale la “morte per mano di”, e non avere un tono accusatorio che rischia di alienare la parte opposta (e, ancora, rischia di confermare che la violenza verbale sia un fenomeno prevalentemente “donna”).
Io in primis riconosco che la società debba depurarsi dai resti di un’educazione patriarcale che, tuttavia, è impartita sia agli uomini che alle donne. Questo tipo di educazione può influenzare entrambi i sessi in modi differenti, perpetuando ruoli e comportamenti che contribuiscono alla violenza di genere. Per esempio, agli uomini viene spesso insegnato a reprimere le emozioni e a risolvere i conflitti con l’aggressività, mentre alle donne viene talvolta insegnato a essere sottomesse o a giustificare la violenza subita. Sarebbe cruciale superare questi stereotipi per entrambi i generi.
I soprusi che le donne hanno subito e che, in parte, subiscono ancora sono uno dei mali che questa società deve debellare, ma, come doveva esserle chiaro, l’articolo vuole dare un metro di paragone del fenomeno femminicidi e rendere chiaro che, seppur purtroppo esistente, il fenomeno è talvolta enfatizzato dai mass media e dalle testate giornalistiche. Queste tendenze mediatiche possono creare titoli sensazionalistici per attirare clic e, conseguentemente, introiti per le proprie testate. Tuttavia, questo non diminuisce la gravità del problema del femminicidio, ma evidenzia la necessità di un’informazione equilibrata e accurata per comprendere appieno la portata del fenomeno.
In conclusione, la speranza è quella di lavorare insieme per affrontare questo grave problema sociale con empatia e razionalità, piuttosto che con rabbia e accuse. Solo così si potrebbe sperare di ridurre la violenza e promuovere una società più giusta e sicura per tutti.