Del 29 febbraio la notizia della firma di un memorandum tra Leonardo e Textron Bell per cooperare nello sviluppo di un nuovo convertiplano nell’ambito del programma NATO Next Generation Rotorcraft Capability. È il ritorno a una cooperazione tra le due aziende su un convertiplano dopo che nel 2011 l’allora AgustaWestland aveva rilevato dalla Bell l’intero programma del convertiplano civile AW 609, nato proprio da una joint venture tra Bell e AgustaWestland.
Il programma NATO Next Generation Rotorcraft Capability vede coinvolti Italia, Francia, Germania, Grecia e Paesi Bassi (mentre Regno unito, Canada, Spagna e Stati Uniti sono presenti come osservatori) per sviluppare un nuovo aeromobile medio da trasporto destinato a rimpiazzare oltre 900 elicotteri da trasporto nel periodo 2035-2040.
Il memorandum tra le due aziende, le uniche al mondo ad avere convertiplani operativi (Bell) o in fase di certificazione (Leonardo), oltre alle ovvie opportunità per l’industria italiana (anche se la produzione del convertiplano AW609 avviene nelle filiali statunitensi) è un ulteriore segnale di come per le forze armate occidentali possa imporsi il convertiplano in molti dei ruoli un tempo pertinenza degli elicotteri. Questo nonostante sull’affidabilità operativa dell’unico convertiplano ad oggi operativo, il Bell V-22 Osprey, periodicamente si addensino nubi.
Breve storia del convertiplano
I convertiplani sono quei velivoli in grado di passare da un decollo verticale come quello degli elicotteri a un volo orizzontale come quello dei normali aerei grazie alla capacità di orientare gli assi delle eliche. I motori turboelica sono posti all’estremità delle ali in gondole che possono ruotare da posizione verticale (per il decollo come un elicottero) a orizzontale (per il volo come un normale aereo). I primi progetti iniziarono ad apparire negli anni ’40, con i primi modelli sperimentali negli anni ’50 fino ad arrivare al Bell XV-15 che effettuò il primo volo nel 1977 diventando la base dei futuri convertiplani come il Bell V-22 Osprey e dell’AgustaWestland AW609.
Il vantaggio di un convertiplano rispetto all’elicottero è ovviamente in termini di velocità: ad esempio a parità di truppe trasportate un elicottero CH-46 Sea Knight vola a 267 km/h, l’V-22 Osprey a 509 km/h.
Il V-22 è entrato in servizio nel 2007 e ad oggi ne sono stati prodotti oltre 400 esemplari in servizio con le forze armati statunitensi e quelle giapponesi. Per quanto riguarda l’AW609 per cui è di fatto previsto il solo impiego civile (l’accordo per la cessione del programma da parte di Bell prevede che non ne possano essere sviluppate varianti armate, anche se non esclude l’uso con le stellette per trasporto e ricerca e soccorso) è invece in corso di certificazione per le autorità del volo civile.
A questi due convertiplani è da aggiungere il Bell V-280 Valor, più piccolo dell’Osprey e che si distingue dal fratello maggiore per avere solo l’elica e relativo riduttore a ruotare. Convertiplano che ha vinto il programma Future Vertical Lift delle forze armate statunitensi a dicembre 2022. Una vittoria su un altro mezzo poco convenzionale, l’“elicottero composito”, compound helicopter (anche identificato con il termine desueto di girodina), Sikorsky–Boeing SB-1 Defiant, mezzo caratterizzato da rotori controrotanti e un’elica spingente che gli assicura una velocità superiore a quella di un normale elicottero, ma inferiore (in volo orizzontale) a quella di un convertiplano.
La tecnologia del Sikorsky Defiant e del Raider è peculiare perché i due rotori controrotanti hanno una rigidità maggiore rispetto a quella di un normale elicottero a rotori controrotanti come i russi Kamov. Pur essendo quella del Defiant una nuova tecnologia molti analisti ritenevano che un modello di serie del Defiant potesse essere più efficiente sul piano della manutenzione rispetto al convertiplano della Bell. Ad agosto 2022 anche il sentimento dell’aeronautica italiana in un’ipotesi di coinvolgimento nel programma sembrava più propendere proprio verso lo sconfitto Sikorsky–Boeing SB-1 Defiant che appariva più convincente sul piano della manutenzione (costi e tempistiche).
Il “rivale” composito della Sikorsky
Sulla vicenda della sfida tra i due campioni dell’ala rotante statunitense Bell e Sikorsky è da osservare come a febbraio 2024 le forze armate statunitensi abbiano annullato il programma Future Attack Reconnaissance Aircraft per un elicottero da ricognizione e attacco leggero.
Un programma annullato per le mutate esigenze del campo di battaglia contemporaneo. Come dimostra la situazione del conflitto russo-ucraino dove gli elicotteri anticarro Kamov Ka-52, pure considerati agili e buoni incassatori, hanno subito grosse perdite. Evidenze che hanno in parte ridisegnato il ruolo dell’elicottero sul campo di battaglia, delegando molte delle funzioni di un elicottero da ricognizione e assalto leggero come quelle del Future Attack Reconnaissance Aircraft ai droni. Il programma Future Attack Reconnaissance Aircraft vedeva sfidarsi due progetti: l’elicottero convenzionale Bell 360 Invictus e il Sikorsky Raider X. Quest’ultimo caratterizzato dalla stessa tecnologia di rotori controrotanti rigidi ed elica spingente del Defiant.
Diversi analisti ritenevano che proprio l’elicottero composito della Sikorsky grazie alla sua velocità, potesse imporsi sull’elicottero convenzionale della Bell nel Future Attack Reconnaissance Aircraft. Anche per avere l’opportunità di continuare nello sviluppo di un progetto pure ritenuto promettente come quello della Sikorsky. L’annullamento del Future Attack Reconnaissance Aircraft per le ovvie ragioni tattiche del campo di battaglia contemporaneo fa sì che inevitabilmente i piani di sviluppo del futuro degli elicotteri americani siano finiti tutti nel paniere dei convertiplani Bell.
Convertiplani, luci e qualche ombra
Nonostante i 400 mezzi in servizio e le migliaia di ore di volo accumulate dal V-22 Osprey, periodicamente si sollevano ombre sulla affidabilità del convertiplano. Come si è recentemente verificato con tutti gli V-22 fermi a terra per tre mesi dopo un incidente mortale a un mezzo dei Marines in Giappone.
Va subito ribadito che il V-22 Osprey statistiche alla mano può essere considerato più sicuro della media degli elicotteri. Ma essendo un mezzo unico nel suo genere, oltre agli inevitabili ritardi nella messa in linea, i suoi incidenti fanno comunque più notizia degli altri (ad esempio la Guardia Nazionale ha temporaneamente bloccato i voli degli AH-64 Apache in seguito a due incidenti nelle scorse settimane).
Ma in questa occasione il fermo di tre mesi dei V-22 Osprey (ne era già stato un altro in passato per problemi alle frizioni delle gondole motore rotanti) ha iniziato a mettere in crisi la stessa filiera delle forze armate USA (persino dei voli domestici in elicottero del presidente Biden con una dozzina di MV-22B in uso per il trasporto del personale di scorto). Il ruolo degli Osprey è stato ridistribuito sugli altri elicotteri da trasporto disponibili, congestionando la filiera della manutenzione.
Manutenzione specializzata che resta un settore chiave e critico: negli Stati Uniti in questi ultimi mesi è emerso anche un carenza di meccanici aeronautici specializzati nel settore civile, e anche gli obiettivi di reclutamento del Pentagono sono ben al di sotto delle previsioni. E non sono mancate notizie isolate di errori di tecnici durante manutenzioni di routine, come il motore di un F-35 distrutto da un utensile lasciato da un meccanico. Mezzi complessi richiedono tecnici qualificati ed esperti.
Al problema generale del fermo tecnico degli Osprey si è aggiunto un’altra nota negativa per la variante in dotazione alla US Navy e destinata all’impiego sulle portaerei come trasporto. Il nuovo CMV-22B Osprey va a ricoprire il ruolo di trasporto leggero, sostituendo il bimotore turboelica C-2 Greyhound. Un report del Pentagono ha definito questa variante dell’Osprey del tutto inadatta all’impiego operativo!
Affermazione forte ma che non ha nulla a che vedere con la tecnologia di un convertiplano a motori basculanti. Oggetto del contendere è il sistema anti-ghiaccio dell’Osprey che, semplificando, per la natura del velivolo è più vicino a quello di un elicottero che a quello di un aereo da trasporto e quindi ha mostrato alcuni limiti nell’impiego in condizioni meteo avverse.
La vicenda degli aiuti di Stato all’AW609
Sulla storia recente dei convertiplani vale ricordare anche una questione squisitamente politica che riguarda la Commissione Europea e l’AW609. Prima ancora che l’allora AgustaWestland rilevasse completamente il progetto dalla Bell, limitandone gli eventuali impieghi militari, l’azienda aveva ricevuto fondi governativi dall’Italia per una possibile variante con le stellette. Nonostante l’AW609 sia sul mercato europeo ed internazionale un mezzo assolutamente unico, nel 2009 la Commissione Europea aveva ritenuto che quello all’AW609 fosse un “aiuto di Stato” che minasse la concorrenza, costringendo ad inizio 2011 l’azienda a restituire quei fondi.
Vicenda secondaria ma che vale la pena oggi ricordare quando la Commissione Europea si fa interprete di una nuova volontà di impegno militare, sia con lo scorporo delle spese della difesa dai vincoli di bilancio del patto di stabilità, sia con strumenti che vanno verso una visione centralizzata e verticistica da parte della Commissione, con la possibile definizione di un commissario ad hoc.
Un tema in cui la presidente della commissione von der Leyen ha anche rivendicato un parallelo con la gestione dell’emergenza Covid e la centralizzazione dei contratti con l’industria farmaceutica a livello europeo.
La Difesa è tema complesso in cui l’approvvigionamento di sistemi adeguati deve andare di pari passo con il resto della filiera: ricerca, addestramento e manutenzione. Se l’idea della Von Der Leyen e della Commissione Europea è semplicemente allargare i cordoni della borsa e privilegiare l’industria europea certamente si potrà facilmente raggiungere l’obbiettivo del 2% del PIL. Ma allo stesso modo se si dimentica l’intera filiera industriale e militare nel suo complesso, fatto anche di manutenzione e addestramento si rischia di fare un cattivo servizio ai militari.
È bene ricordare che prima di diventare presidente della Commissione Europea la Von Der Leyen era stata ministro della Difesa nel governo di Angela Merkel dal 2013 al 2019. Un periodo in cui non mancarono notizie di vicende al limite del grottesco in merito alle forze armate tedesche: dal ritiro da un’esercitazione internazionale nel 2016 perché i soldati avevano finito gli straordinari, i problemi con i fucili d’assalto G36 e i ritardi e gli imprevisti nella messa in linea delle nuove fregate F125.
Una filiera che è fatta anche di costi di messa a punto, di esercizio per l’addestramento e della manutenzione (vedi anche l’ingloriosa vicenda degli Eurocopter NH-90 assemblati in Australia e dismessi dopo pochi anni di servizio per scarsa affidabilità e costi di esercizio elevati). Inutile prendere il meglio del mercato e poi non aver il budget per consentire l’addestramento e garantire la manutenzione. O peggio, come tra le righe inizia ad emergere come performance di alcuni sistemi NATO sul campo di battaglia ucraino, avere sistemi d’arma perfetti per esercitazioni ma inadatte ad un contesto operativo di uso prolungato dove non è sempre possibile svolgere manutenzione come da libretto d’uso e manutenzione, o in cui le riparazioni possano essere svolte solo da personale super qualificato.
Oggi si vive nella grande illusione che grazie ai simulatori basti poco per far diventare un ragazzo pilota di droni o di carri armati. Ma per diventare un tecnico in grado di rimetterli in funzione non ci sono ancora simulatori o IA che tengano. E in un Europa che perde la sua filiera industriale civile il rischio è che in caso di mobilitazione il capitale umano europeo potrebbe non disporre più delle necessarie competenze per far ripartire cingolati, velivoli, elicotteri, convertiplani e chi più ne ha più metta.
Ovvero come nell’adagio attribuito al generale Omar Bradley «I dilettanti parlano di strategia, i professionisti di logistica», senza una catena di competenze e capacità ben distribuite non c’è piano centralizzato della commissione europea che tenga.
Foto di copertina: Opera propria CC BY-SA 4.0 –
Saggista e divulgatore, tra le sue pubblicazioni Alessandro Blasetti. Il padre dimenticato del cinema italiano(Idrovolante, 2023). E con Emanuele Mastrangelo Wikipedia. L’Enciclopedia libera e l’egemonia dell’informazione (Bietti, 2013) e Iconoclastia. La pazzia contagiosa della cancel culture che sta distruggendo la nostra storia(Eclettica, 2020).
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