Origo“, uno dei principali siti d’informazione ungherese, ha pubblicato questa recensione di György Nógrádi a “Immigrazione: le ragioni dei populisti”, libro di Daniele Scalea recentemente pubblicato in edizione ungherese (clicca per leggere la prefazione di Miklós Szánthó o il testo della presentazione di Daniele Scalea a Budapest).


Nel 1957, i tedeschi hanno proposto un nuovo termine nel Trattato di Roma, creato dai padri fondatori dei sei Paesi che costituirono l’odierna Unione Europea. Gastarbeiter esprimeva il fatto che l’Europa occidentale dell’epoca aveva bisogno di manodopera aggiuntiva e voleva ottenerla da fonti esterne. L’idea era che la manodopera qualificata si recasse sul posto, lavorasse, guadagnasse e tornasse nel Paese di provenienza. Già allora era chiaro che questa idea, soprattutto la parte relativa al ritorno a casa, fosse un errore storico.

Di lì a poco, il concetto di multiculturalismo è drammaticamente fallito. La fusione di culture non è mai avvenuta, da nessuna parte.

In questa situazione, in cui circa il 94% dei giovani che arrivano dal Terzo Mondo sono migranti economici e solo il 6% sono veri e propri rifugiati politici, si è fatto ricorso alla questione della moralità e della religione.

L’autore dimostra la sua tesi con credibilità scientifica. Spiega che, sulla base dell’esempio di successo del governo ungherese, è chiaro che la soluzione al problema demografico e occupazionale non può consistere nell’importare lavoratori dall’Africa e dall’Asia, ma nel produrre più bambini in Europa, anche in Italia. Lo stesso problema ha afflitto gli Stati Uniti negli ultimi decenni.

Si prevede che tra 40 anni la percentuale di popolazione non autoctona in Italia raggiungerà il 40%, rispetto all’1% che era nel 2001. Chiunque osi criticare questa tendenza, come fece la Fallaci, viene tacciato di razzismo.

György Nógrádi e il presidente del Centro per i Diritti Fondamentali, Miklós Szánthó, posano assieme al libro "MIGRÁCIÓ – A populisták igaza" di Daniele Scalea

György Nógrádi e il presidente del Centro per i Diritti Fondamentali, Miklós Szánthó, posano assieme al libro “MIGRÁCIÓ – A populisták igaza” di Daniele Scalea

Il libro cerca di rispondere alle domande sull’immigrazione e riesce a conciliare le diverse posizioni emerse nel dibattito. Afferma che non si tratta di un concetto unico, indivisibile e monolitico. Attualmente stiamo vivendo un grande cambiamento demografico di portata storica e mondiale.

Negli anni ’80, per la prima volta nella storia, la popolazione africana ha superato quella europea. Negli ultimi 60 anni, la popolazione del continente nero è aumentata di 6-7 volte, grazie alle innovazioni sanitarie. Né l’Africa né l’Europa sono state in grado di rispondere efficacemente a queste sfide. L’unica direzione di migrazione è stata l’Europa, poiché le Americhe sono protette da due oceani.

L’Africa è ora vicina alla media mondiale in termini di densità di popolazione. In fatto di superficie coltivabile pro capite, si è registrata una diminuzione del 71,1% in Nord Africa e del 61,4% nella regione dell’Africa meridionale. La migrazione interna all’Africa è diminuita. In 50 anni è scesa dal 71% al 65% e la principale destinazione dell’emigrazione è diventata l’Europa. Ora la percentuale di residenti extracomunitari nell’UE è aumentata dal 3,9% al 5,3% in sette anni.

È interessante notare che la crescita degli ultimi dieci anni non proviene dalla Siria e dall’Afghanistan, devastate dalla guerra civile, ma da Paesi come Pakistan e Bangladesh. Questi due Paesi rappresentano il 70% degli immigrati asiatici. Oggi i dieci gruppi etnici più popolosi in Italia rappresentano il 64% del totale.

Per quanto riguarda i bambini, entro quest’anno ci saranno dieci città tedesche con almeno un milione di abitanti in cui i bambini sotto i sei anni non di madrelingua tedesca saranno la maggioranza. Attualmente, la percentuale di non tedeschi in Germania è del 26%. In Francia, le statistiche etniche e religiose sono vietate dal 1978. Chiunque si presenti con queste cifre e faccia domande in merito viene immediatamente etichettato come razzista.

Il libro fornisce anche un’analisi dettagliata del legame tra innovazione e immigrazione e se la migrazione possa rappresentare una soluzione ai problemi dell’invecchiamento della società, comprese le pensioni. Dimostra che, contrariamente alle idee sbagliate di gran parte della popolazione, l’immigrazione non è una vera soluzione a lungo termine per nessuno di questi problemi. Tanto più che in realtà la stragrande maggioranza dei migranti arriva con tali lacune – mancanza di competenze linguistiche, di qualifiche professionali, di diplomi – che a lungo termine si trova in una situazione di svantaggio che prosegue per le seconde e terze generazioni, non solo nel mercato del lavoro, ma anche a scuola e negli alloggi. Nel complesso, quindi, il divario con la popolazione autoctona non si sta riducendo.

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Già nel 1961 Raymond Aron, uno dei filosofi più noti al mondo, scriveva che la globalizzazione aumenta le differenze tra i Paesi più che tra le classi.

Poiché il migrante medio – in Europa e negli Stati Uniti – guadagna meno del nativo medio, è più probabile che richieda prestazioni sociali. Ciò mette a dura prova il bilancio del Paese ospitante.

La stragrande maggioranza della popolazione indigena più agiata manda i propri figli in scuole private. La stragrande maggioranza degli immigrati frequenta la scuola pubblica gratuita. La qualità di quest’ultima viene così ulteriormente compromessa, impedendo ai bambini indigeni non benestanti di ricevere un’istruzione seria.

L’autore descrive anche i legami tra il deterioramento della sicurezza pubblica, l’immigrazione e l’aumento della criminalità. Lo scrittore svizzero Frisch, dopo la Seconda guerra mondiale, disse che “volevamo manodopera, ma sono arrivate persone”. Gli immigrati commettono molti più reati della popolazione autoctona. La percentuale di stranieri in carcere è del 74% in Svizzera, del 46% in Austria e del 42% in Belgio.

Esiste persino una divisione del lavoro tra le diverse mafie. I cinesi si occupano di immigrazione clandestina, contraffazione, contrabbando, estorsione. I criminali rumeni si occupano di tutto, ma specialmente di lavoro illegale e frodi su Internet. Per quelli provenienti dall’ex URSS, gli affari ruotano attorno a prostituzione, droga, traffico di armi e furti organizzati.

L’autore ha osato fare ciò che pochi hanno fatto. Analizza gli aspetti negativi dell’inclusione. E se sia un obbligo per i Paesi occidentali sviluppati accogliere gli immigrati. Qual è il ruolo e la responsabilità dell’Italia in questo processo, nel traffico di esseri umani nel Mediterraneo. Perché Roma non è stata in grado di applicare i propri principi, adottati anni fa, all’affondamento delle navi dei trafficanti. Perché non è stato possibile riportare i clandestini nel territorio del Paese di provenienza.

Studi hanno rilevato che la maggioranza assoluta dei minori non accompagnati è in realtà formata da maggiorenni. Ad esempio, il governo svedese ha condotto indagini in tal senso e ha scoperto che quasi il 90% dei minori scrutinati non è minorenne; dopo di che, la percentuale di minori all’interno del flusso migratorio è diminuita drasticamente (di oltre il 90%).

L’autore analizza perché il multiculturalismo non funziona. Sottolinea inoltre che chiunque si esprima contro le idee del mainstream viene attaccato dalle ONG e dalla politica per neutralizzarlo. Così Salvini in Italia o la Le Pen in Francia. In pratica, c’è una censura contro il dissenso.

Scalea sottolinea che per i marxisti il proletariato era una classe che non è classe, per i post-marxisti gli immigrati sono un popolo che non è popolo.

La stampa occidentale cerca deliberatamente di dipingere gli atti terroristici commessi dagli immigrati come atti criminali e non terroristici.

Una delle grandi lezioni degli ultimi anni è che i migranti hanno deciso l’esito delle elezioni in diversi importanti Paesi occidentali: nel 2002, il cancelliere tedesco Schröder ha vinto perché i turchi residenti nel Paese hanno votato per lui, che si rifiutava di appoggiare l’azione militare statunitense in Iraq; nel 2012, Hollande ha vinto le elezioni presidenziali francesi grazie ai voti dei musulmani residenti. Negli Stati Uniti, i candidati democratici Kennedy, Carter, Clinton e Obama hanno ottenuto la maggioranza grazie ai voti decisivi delle persone di colore.

La domanda è cosa succederà se queste forze creeranno i propri partiti nazionali o religiosi.

Anche il futuro dell’integrazione o dell’assimilazione è una questione essenziale.

In sintesi, la critica alla politica di immigrazione non è razzismo. Solo per l’Italia, l’accoglienza dei migranti costa più di un miliardo di euro all’anno. Le ultime due frasi del libro recitano: “Si può e si deve trovare una soluzione che vada a beneficio di tutti i popoli. Compreso il nostro”.

Consiglio di leggere il libro.

gyorgy nogradi

Economista ed esperto di politiche di sicurezza, docente a Budapest presso l'Università Nazionale del Servizio Pubblico, l'Università Corvinus e l'Università Nazionale di Difesa.