di Emanuele Mastrangelo e Enrico Petrucci
Decolonizzazione botanica
L’International Botanical Congress ha operato una “decolonizzazione di massa” delle denominazioni scientifiche di piante. Operazione che nei fatti suona alquanto cerchiobottista: via caffra, dall’arabo kafir, miscredente, che nella variante kaffir è usato anche come epiteto razzista. Esso è stato tra i primi termini proibiti in Sud Africa con il Promotion of Prevention of Unfair Discrimination Act (tra i termini resi fuorilegge nel corso degli anni anche “coolie” e “ottentontotto”). Nelle denominazione scientifiche caffra verrà rimpiazzato da affra, sempre a denotare l’origine africana della pianta.
Quello botanico rappresenta il primo successo di queste campagne, ma ricordiamo che il coleottero Anophthalmus hitleri ha ancora “quel” nome, o il dibattito sui nomi dei dinosauri di cui abbiamo dato notizia nel Bollettino n° 2
Instagram contro le armi da fuoco. Pure quelle olimpiche…
Mentre Elon Musk annuncia il ritorno dell’emoji della pistola, sostituita nei vari social da più o meno ridicoli giocattoli politicamente corretti, Istagram fa il più realista del re e blocca il profilo social della campionessa paraolimpica McKenna Geer. La campionessa di tiro si è infatti vista oscurare temporaneamente il suo account per alcuni post considerati “contrari” alla policy anti-armi della piattaforma. Il clamore suscitato dall’ennesimo atto di censura ha costretto la piattaforma a un rapido retro-front.
Germania: “sbagli” un pronome trans? Fanno 10.000 euro
Si dibatte in Germania sull’entrata in vigore della nuova legge sull’«autodeterminazione del genere» che consente il cambiamento di nome e del sesso anagrafico come semplice atto amministrativo. Per soprammercato però la legge, dopo aver introdotto di fatto in lingua tedesca i pronomi neutri come xier e dey, prevede multe fino a 10.000 € per i “colpevoli” di deadnaming – ossia l’uso del nome ripudiato dal trans – e misgendering – ossia l’impiego del sesso e dei pronomi naturalmente correlati a una persona anziché quelli pretesi da costui.
Il Die Welt ha intervistato sia il ministro della Giustizia che quello degli Affari Familiari i quali hanno confermato che la punibilità del misgendering sarà solo per i casi in cui via sia stato un danno. Ma è probabile che gli attivisti trans ci andranno pesanti con le cause: in un mondo woke la percezione di un danno non è forse il danno stesso?
L’amministrazione Biden più estremista del WPATH
A maggio il Machiavelli aveva dedicato diversi articoli sulla vicenda dei WPATH Files e di come l’attivismo si fosse travestito da scienza in merito alle transizioni e al non binarismo nei minori. Ma c’è un fronte in cui anche gli attivisti del WPATH sono apparsi come dei moderati in confronto all’amministrazione Biden, quello della transizione chirurgica dei minori, una serie di operazioni irreversibili, come l’amputazione delle mammelle o l’asportazione dell’utero e dei testicoli, la sostituzione del pene con una cavità che imita una vagina e necessita di continue dilatazioni meccaniche per non rimarginarsi, eccetera.
A mostrarsi più estremista del WPATH, i membri entourage dell’ammiraglio Rachel Levine, “donna dell’anno” 2022 per USA Today. Dagli atti di un processo in Alabama è emerso che a far pressioni sul WPATH affinché le sue linee guida prendessero una piega ancora più radicale fossero proprio individui dello staff di Levine. In particolare, i collaboratori dell’ammiraglio vestito da donna avrebbero insistito fin da inizio mandato perché il WPATH eliminasse ogni limite inferiore d’età per l’accesso alla chirurgia genitale cosa che effettivamente è avvenuta nel 2022. In Italia a dare la notizia è solo il Feminist Post.
Elon Musk contro la transizione dei minori
E intanto l’America si polarizza sempre di più in un clima di vera e propria guerra civile culturale. Dalla California la notizia che il governatore ultra-woke Gavin Newsom ha approvato una legge che sostanzialmente proibisce alle scuole di comunicare a terzi (genitori inclusi) le informazioni relative a identità o espressione di genere degli allievi. Tale informazioni potranno essere comunicate ai genitori solo previa autorizzazione del minore. In sostanza una scuola deve celare ai genitori eventuali azioni dei figli in direzione di una “transizione di genere”.
Fa contraltare la notizia che Elon Musk ha deciso di trasferire la sede di Space X dalla California al Texas. Fra i motivi anche la ripugnanza che il miliardario nutre verso l’ideologia trans: Musk infatti negli ultimi giorni è tornato sulle transizioni dei minori, raccontando il proprio punto di vista sul figlio transizionato. In un’intervista con Jordan Peterson per il Daily Wire Musk ha usato parole durissime per biasimare la sorte del figlio ventenne, che oggi dichiara d’essere una femmina e che ha ripudiato anche il cognome paterno: “Ho essenzialmente perso mio figlio,”, ha detto Musk aggiungendo che suo figlio è “morto, ucciso dal virus della mente woke”. Musk ha spiegato di come fosse stato convinto a firmare per autorizzare la transizione del figlio, all’epoca sedicenne, con la minaccia di un suo possibile suicidio qualora non avesse assecondato una transizione.
Il “rischio suicidio” è uno degli elementi cruciali del dibattito in merito alla necessità di assecondare transizioni e non binarismo di genere. In realtà la “minaccia di suicidio” sembrerebbe essere molto più una narrazione che non un dato statisticamente acclarato (mentre resta altissima l’incidenza dei suicidi fra i “transizionati”). La dichiarazione di Musk ha contribuito a portare al grande pubblico un dibattito che va avanti da mesi. Rimandiamo per un approfondimento sulla narrazione dei suicidi a un articolo della charity Sex Matters fondata dalla ricercatrice Maya Forstater, famosa per la causa contro Centre for Global Development Europe che non le aveva rinnovato il contratto per le sue posizioni gender-critical analoghe a quelle di J. K. Rowling (“le donne trans non sono donne”).
Decolonizzare quei colonialisti di Socrate e Aristotele
Nel 2017 presso la School of African and Oriental Studies della London University si era avviato un dibattito per “decolonizzare” gli studi filosofici. Si dirà, è una facoltà di orientalistica e africanistica, liberi di approcciare il tema come meglio credono. In realtà dopo anni di lavoro la SOAS ha realizzato una guida per le scuole superiori e le università il cui meccanismo per “decolonizzare” gli studi filosofici consiste nel Cartesio, Russel, Moore dei “traditional-cum-colonial”, tradizionali-e-coloniali in un contesto di “white fragility” e “Western colonial ideology”. Del programma dei classici rimane solo Platone. Socrate e Aristotele, alle ortiche.
Virginia Woolf – Sic transit gloria mundi
Virginia Woolf è una scrittrice genericamente apprezzata nel mondo queer per il suo famoso romanzo Orlando. Ma come sappiamo, nel fantastico mondo delle wokkate nessuno è al sicuro, neppure i portabandiera arcobaleno. La Woolf infatti era pur sempre una scrittrice bianca figlia dell’élite britannica, colpe gravissime. Motivo per cui il Camden London Borough Council (equivalente delle nostre circoscrizioni) ha deciso di introdurre nel QR code che compare sulla locale statua di Virginia Woolf informazioni relative a come
“Her diaries and letters also present challenging, offensive comments and descriptions of race, class and ability which we would find unacceptable today” .
Senza dimenticare al fatto che la Woolf si macchiò di blackface per la famosa “Beffa della Dreadnought” in cui la Woolf e i suoi amici di Bloomsbury si travestirono da reali abissini tingendosi la faccia di nero.
Anche il QR code relativo alla statua di Bertrand Russell – pensatore di sinistra, ma pur sempre uomo, inglese e bianco – ora informa di come agli inizi della sua carriera ebbe visioni imperialiste e razziste agli inizi, ma gli si concede che cambiò idea.
L’Inghilterra imperiale? Come la Germania nazista
A dirlo non sono dei revisionisti filo-Asse nostalgici e un po’ rosiconi, ma la The Key, società di supporto alle attività scolastiche britannica, di matrice ultra wokeista. La The Key ha rilasciato delle nuove linee guida per realizzare un curriculum scolastico “realmente antirazzista”. Per ottenere l’ambita definizione bisogna calcare la mano sul razzismo di personaggi come Churchill e sul fatto che l’impero britannico commise atrocità. E soprattutto come riporta il virgolettato del Telegraph:
“teach colonialism as ‘invading and exploiting’ other countries, and present the British Empire as you would other global powers that committed atrocities, e.g. Nazi Germany”.
Literally Hitler, come nel convegno di Cambridge di qualche anno fa. A testimonianza che il wokeismo provoca grave dissociazione dalla realtà, il fatto che fra le figure invece da rivalutare in chiave multiculturale, secondo le linee guida “decoloniali”, ci sarebbero anche gli oba, i re del Benin che si arricchirono e contribuirono alla tratta degli schiavi, più o meno come tutti i sovrani del golfo di Guinea, vendendo ai mercanti europei i loro “surplus” di maschi.
Redattore del blog del Centro Studi Machiavelli "Belfablog", Emanuele Mastrangelo è redattore capo di "CulturaIdentità" ed è stato redattore capo di "Storia in Rete" dal 2006. Cartografo storico-militare, è autore di vari libri (con Enrico Petrucci, Iconoclastia. La pazzia contagiosa dellacancel cultureche sta distruggendo la nostra storia e Wikipedia. L'enciclopedia libera e l'egemonia dell'informazione).
Saggista e divulgatore, tra le sue pubblicazioni Alessandro Blasetti. Il padre dimenticato del cinema italiano(Idrovolante, 2023). E con Emanuele Mastrangelo Wikipedia. L’Enciclopedia libera e l’egemonia dell’informazione (Bietti, 2013) e Iconoclastia. La pazzia contagiosa della cancel culture che sta distruggendo la nostra storia(Eclettica, 2020).
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