di Guglielmo Picchi

È stata una notte come nessun’altra, una notte che ha dimostrato che tutto aveva portato a questo momento. Ricordo che nel 2016 ho iniziato a seguire il percorso di Donald Trump. Le sue idee audaci, i suoi discorsi impenitenti, le onde d’urto che ha scatenato nel panorama politico: tutto sembrava surreale, eppure ha attinto a qualcosa di crudo e reale in America. Come alleato, ho riconosciuto il suo fascino al di là dei confini, parlando di valori che risuonavano con coloro che credevano nella forza delle nazioni sovrane, nella cooperazione ma non nella sottomissione.

In quei primi giorni, ho osservato come Trump riunisse la sua cerchia ristretta: Corey Lewandowski, inflessibile e leale; Steve Bannon, un maestro di strategia; e Rudy Giuliani, sempre pronto a difenderlo. Ero presente in spirito quando ha incontrato Matteo Salvini nell’aprile 2016: due leader provenienti da continenti diversi, che discutevano di sovranità, orgoglio nazionale e della loro visione condivisa di persone al primo posto. Trump era molto più di un uomo d’affari che si dilettava in politica; stava segnalando un cambiamento nel panorama politico, che raggiungeva alleati come me.

All’inizio del 2019, dopo che Trump aveva raggiunto l’apice della politica americana, è iniziato il vero lavoro. L’entusiasmo del 2016 era vivo, ma per ricostruirlo ci voleva determinazione. Le mie visite ufficiali a Washington in questo periodo divennero cruciali. Durante una di queste visite, fui invitato a una cena privata nella casa di città di Steve Bannon, un incontro che sembrava quasi un consiglio di alleati per questa nuova era. Tra gli invitati c’erano membri di spicco dell’amministrazione Trump, tra cui Robert O’Brien, il futuro consigliere per la sicurezza nazionale. Nel corso della serata, abbiamo approfondito il tema della sicurezza globale, della forza delle alleanze sovrane e della volontà condivisa di garantire che le nazioni possano mantenere la propria posizione in modo indipendente. Fu un raro momento di chiarezza strategica, in cui fu chiaro che l’America cercava dei partner, non dei subordinati.

Negli anni successivi, il mio legame con gli Stati Uniti si è approfondito attraverso numerosi impegni, tra cui il mio coinvolgimento con il Centro Machiavelli per gli Studi Politici e Strategici. Il Centro ha ospitato innumerevoli eventi, creando connessioni attraverso l’Atlantico e promuovendo profondi legami personali. Molti di questi legami sono ora profondamente personali, forgiati da esperienze e valori condivisi che vanno oltre la sfera professionale. I miei viaggi a Washington e New York sono diventati regolari, dove ho incontrato personaggi come Matt Gaetz, Raheem Kassam e Marjorie Taylor Greene. Non si trattava di raduni formali, ma di incontri informali di menti affini che discutevano della nostra visione di nazioni forti e sovrane. A Washington, in mezzo alle restrizioni del COVID, gli incontri al Trump International Hotel, in una città semichiusa, hanno avuto un’intensità tranquilla: conversazioni riflessive e propositi fermi.

A New York, mi sono unito a Gavin Wax e al New York Young Republican Club, testimoniando come la nuova generazione stesse abbracciando con energia gli ideali di Trump. Gli eventi del Centro ci hanno messo in contatto con altri alleati al CPAC, dove ho incontrato Matt Schlapp, e altri incontri strategici con l’America First Policy Institute hanno consolidato gli obiettivi comuni. La Heritage Foundation ha aggiunto profondità a queste discussioni, con molte conversazioni e intuizioni basate sui principi di un conservatorismo forte e resistente, che si allineano bene con il lavoro del Centro.

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Nel corso di questo viaggio, i miei legami con la sfera politica e strategica americana sono cresciuti, diventando più che semplici alleanze. Le discussioni con i leader della comunità militare e dell’intelligence, che hanno compreso l’importanza di un Occidente forte e unificato, hanno solo rafforzato questi legami. Si trattava di una visione di un’alleanza resiliente e sicura che dava priorità alla forza e al rispetto reciproco.

Questa sera, con l’arrivo dei risultati, tutto ha avuto un senso. Da quella cena cruciale nella casa di Bannon ai dialoghi strategici che sono seguiti, ogni legame ha contribuito a questa storia condivisa. Per coloro che sono stati al fianco di Trump e dei suoi alleati, la vittoria di questa sera è stata più di un risultato americano: è stata la realizzazione di una visione di forza nazionale in cui tutti credevamo. Mentre si svolgevano i festeggiamenti, sapevo che questa vittoria valeva ogni passo, ogni conversazione, ogni connessione. Insieme, avevamo costruito qualcosa di duraturo: un movimento, una storia e un futuro che avrebbero superato la prova del tempo.

Con l’Italia di Giorgia Meloni al timone, la partnership italo-americana è pronta a raggiungere nuovi traguardi, soprattutto con la leadership di Trump. Questa alleanza ha il potenziale per crescere in forza, equilibrio e rispetto reciproco, sulla base di valori condivisi di sovranità, resilienza economica e sicurezza. Per l’Italia non c’è alcuna minaccia in questa partnership, ma solo l’opportunità di stare al fianco di un’America forte, sostenendo un’Europa altrettanto coraggiosa e indipendente. Per l’Italia, per l’Europa e per la comunità transatlantica, Trump non rappresenta una sottomissione ma una vera partnership, pronta a costruire un Occidente resiliente e sovrano.

Ma il viaggio della Meloni non sarà privo di sfide e potrebbe aver bisogno delle intuizioni e dell’esperienza di persone come me, che hanno lavorato con umiltà e perseveranza per costruire questi ponti. Grazie ai profondi legami personali che ho instaurato e a una solida base di comprensione delle priorità sia americane che italiane, sono pronto a sostenere la sua visione e a rafforzare la nostra partnership senza compromettere l’indipendenza dell’Italia. Il cammino da percorrere è luminoso e, con uno scopo condiviso, siamo pronti a costruire un futuro che onori entrambe le nazioni, unendoci nella ricerca di resilienza e prosperità.

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Direttore per le Relazioni internazionali del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Deputato nelle legislature XV, XVI, XVII, XVIII e Sottosegretario agli Affari Esteri durante il Governo Conte I. Laureato in Economia (Università di Firenze), Master in Business Administration (Università Bocconi), dirigente di azienda bancaria.