La “dittatura della minoranza intollerante” è stata concettualizzata da Nassim Taleb, già autore del Cigno Nero, simbolo di eventi imprevedibili di impatto radicale. Questa tirannia è meglio spiegata con un esempio: siccome un piccolo numero di studenti è altamente allergico alle arachidi, molte scuole americane qualche anno fa bandirono del tutto prodotti a base di arachidi. La maggioranza tollerante si adatta alle esigenze di quella intollerante.

In politica, è un ottimo concetto per spiegare la polarizzazione politica del mondo occidentale, con la questione Brexit come esempio. In Gran Bretagna esistono (almeno) due minoranze intolleranti: chi vuole uscire dall’Unione Europea a tutti i costi, il Brexit Party appunto, e chi vuole rimanere nell’Unione Europea a tutti i costi, identificabili con i Liberal-Democratici. Alcuni sondaggi aiutano a comprendere il livello di intolleranza: i primi sono disposti ad accettare un danno economico notevole, la secessione della Scozia e la riunificazione irlandese, mentre chi vuole evitare la Brexit a tutti i costi è tranquillamente disposto ad ignorare il risultato del referendum del 2016 e le proprie promesse prima dello stesso di onorare il risultato. La maggioranza tollerante – chi, come Theresa May, ha cercato il compromesso – è schiacciata.

Quest’ultima ha chiuso la sua carriera politica, mentre il Partito Conservatore, 185 anni di storia, rischia la scomparsa. Boris Johnson deve negoziare in base alle esigenze di Farage: o ottiene un buon accordo, o si esce comunque. Ad ulteriore testimonianza della forza della minoranza intollerante di Farage, quest’ultimo ha già promesso che, in caso di nuove elezioni, il suo Brexit Party non competerà in collegi elettorali dove i Conservatori presenteranno candidati che sostengono una “no-deal Brexit“. In breve, se Johnson vuole vincere le elezioni, deve candidare solo quelli.

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Il Remain/Leave britannico si sovrappone a molte fratture già presenti anche nel panorama italiano: globalista/sovranista, classe medio-alta/medio-bassa, città/campagna, progressista/conservatore. In uno scenario simile, il voto moderato sparisce. Non a caso chi ha puntato sui ‘’moderati’’ di recente (Berlusconi) è in via di estinzione. Lo stesso Movimento 5 Stelle ha progressivamente chiuso la stagione ‘’populista’’ e dimezzato i consensi.


Carlo Sacino è un analista politico indipendente.