di Trader

 

La pandemia del coronavirus, originatosi nella regione di Wuhan, Cina, e diffusosi in tutto il mondo, colpendo principalmente le ”società aperte” del mondo occidentale, in teoria avrebbe dovuto mettere la parola fine all’ideologia del globalismo. La crescente libertà di circolazione mondiale ed il progressivo abbattimento delle frontiere hanno eliminato quel necessario filtro che permette ad una comunità di auto-preservarsi: il confine.

L’ideologo liberal-progressista, ignorando completamente perché le società umane nel corso della storia hanno sviluppato forme di protezione (i famosi ”muri”), ne ha richiesto l’abbattimento, utilizzando talvolta argomenti economici, altre volte morali. Alla luce della recessione globale causata dalla pandemia, qualsiasi guadagno dovuto ad una presunta ”migliore allocazione delle risorse” è evidentemente temporaneo e destinato ad azzerarsi, a causa dell’effetto esponenziale che la globalizzazione ha nel generare crisi in grado di devastare la società.

Passando agli argomenti morali: il governo italiano pare completamente accecato dalla propria ideologia, nonostante gli evidenti limiti. Le proposte al vaglio di Giuseppe Conte raggiungono il paradosso: gli italiani potrebbero avere meno diritti di circolazione rispetto agli stranieri.

Da una parte si ha la richiesta di utilizzo di app di tracciamento, allo scopo di monitorare la diffusione del virus: non ottemperare a tale richiesta dovrebbe risultare nel mantenimento delle attuali limitazioni alla propria circolazione sul territorio. Per gli anziani si parla addirittura di braccialetti elettronici. O si accetta quindi che lo Stato possa controllare la propria posizione in qualsiasi momento, oppure non ci si può muovere. Nessun regime totalitario nella storia, nemmeno la Corea del Nord, è arrivato a tanto.

Dall’altra, oltre ad una discutibilissima amnistia per immigrati clandestini, a fronte di una disoccupazione raddoppiata se non triplicata, si aggiunge la proposta di creazione di permessi di soggiorno per ricerca di lavoro. La parola chiave è ”ricerca”. Quali sarebbero quindi i nuovi requisiti minimi per entrare in Italia? Praticamente solo la propria carta d’identità. Apertura totale delle frontiere, con un minimo di autocertificazione di voler ”cercare lavoro”. Non è necessaria quindi un’offerta di lavoro, o tanto meno una qualifica. Quale migliore soluzione alla disoccupazione dell’importazione di milioni di disoccupati senza competenze?

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Il conto presentato dalla auto-proclamata supremazia morale del globalismo per l’italiano è il seguente: deprivazione della propria libertà di movimento nella propria terra, a favore dello straniero. In realtà ciò non dovrebbe stupire molto: nella narrativa liberal-progressista, l’italiano medio è untermensch: vecchio, intellettualmente miope, campanilista, ignorante, poco produttivo, ingrato e dipendente dalla droga della spesa pubblica. Lo straniero è l’Übermensch: giovane, imprenditoriale, portatore di nuove idee, nuova linfa di una società decrepita.

Su quest’ultimo punto si potrebbe anche essere d’accordo: l’Italia è una società diretta al collasso, economico, sociale e dello Stato di diritto, ma a trascinarla verso il baratro è stata la propria élite in preda ad una imbarazzante omogeneità di pensiero: possibile che Presidente della Repubblica, Corte Costituzionae, Chiesa Cattolica, Confindustria, gran parte dei media e del mondo universitario, siano d’accordo?

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