di Giovanni Giacalone
Un recentissimo report dell’organizzazione per i diritti umani “Syrians for Truth and Justice” (STJ) ha messo a nudo e denunciato il trasferimento di mercenari provenienti dalla Siria e catapultati in Libia dal governo turco in supporto al Gna di Fayez al-Serraj. Un fatto tra l’altro confermato dallo stesso presidente turco Erdogan in almeno tre occasioni (05-01-2020, 21-02-2020 e 22-02-2020), come illustrato dallo stesso report.
La STJ è riuscita a mettersi in contatto con un testimone che lavora al confine turco-siriano di Jarabulus e che ha testimoniato come il Ministero della Difesa turco abbia incaricato alcune compagnie di sicurezza privata, tra cui Sadat ed Abna al-Umma di reclutare volontari tramite l’ombrello dell’Esercito Libero Siriano. Le compagnie in questione si occuperebbero di esaminare i potenziali mercenari per poi preparare tutta la documentazione necessaria e trasferirli legalmente dalla Turchia alla Libia, con tanto di contratto che va dai 3 ai 6 mesi.
Secondo testimonianze raccolte e pubblicate nel report, i volontari che passano i test di reclutamento vengono poi trasferiti con dei bus in territorio turco dove le compagnie di sicurezza si occupano di registrare i dati di ciascun volontario (impronte, dna, impronta ottica digitale). In seguito, a tutti viene consegnato un documento di identità da utilizzare in Libia e un Kimlik (documento che i turchi rilasciano ai rifugiati siriani). Un processo di circa 3 o 4 giorni, dopo di che i mercenari vengono inviati in Libia.
L’STJ ha poi raccolto la testimonianza di un volontario registratosi con un ufficiale della Divisione “Sultan Murad” noto come Abu Stef ma che ha poi desistito dal partire. L’intervistato ha illustrato l’esperienza di un suo compagno che dopo i test veniva messo in un hotel per poi ricevere documenti turchi, in modo da uscire dalla Turchia senza essere individuato come cittadino siriano. I mercenari vengono trasferiti in Libia con navi ed aerei per poi essere mandati al fronte senza alcun tipo di supporto logistico o indicazioni di alcun tipo. Il volontario ha poi smentito il salario di $3 mila al mese, spiegando che si tratta di soli $1.200 e senza possibilità di poter rientrare in Siria.
Sarebbero 4 mila i mercenari siriani già presenti in Libia a combattere in sostegno del Gna, ma testimonianze affermano che Ankara ha chiesto alla resistenza siriana altri 10 mila volontari da traslocare a Tripoli. Alcuni di questi volontari risultano inoltre essere minorenni, come documentato dalla giornalista ed esperta di Libia, Vanessa Tommasini, su “Kedisa“.
Una situazione che se confermata necessita di una presa di posizione chiara ed immediata da parte dell’Unione Europea e in primis dell’Italia, coinvolta in prima linea nel caos libico. È infatti inammissibile che Ankara, già presa in castagna più volte nel sostegno ai jihadisti, possa reclutare mercenari e utilizzarli a poche centinaia di km dalle coste italiane senza che Roma dica o faccia qualcosa.
Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.
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