di Repetita Iuvant

È certamente vero – come hanno immediatamente ricordato, sui loro giornali, le vestali delle Procure di tutta Italia – che le conversazioni su WhatsApp intercettate sul telefonino di Luca Palamara non possono provare, da sole, un’ostilità generalizzata del terzo potere dello Stato nei confronti dell’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Ed è altrettanto incontestabile, in linea di principio, che ogni sostituto procuratore, giudice, magistrato abbia il diritto di manifestare, privatamente, la propria opinione politica, anche in termini duri (“C’è anche quella merda di Salvini, ma mi sono nascosto”).
Del resto, non siamo forse tutti d’accordo sul fatto che la politica è fatta anche di valutazioni aspre, passionali, controverse?

Certo, il giudizio tranchant con il quale Paolo Auriemma, Procuratore della Repubblica di Viterbo, liquida i vari procedimenti per sequestro di persona (art. 605 c.p.) instaurati dalla Procura di Agrigento contro Matteo Salvini per la vicenda del trattenimento di stranieri irregolari a bordo di navi che avevano svolto operazioni di salvataggio (“Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c’entri la Procura di Agrigento. Questo dal punto di vista tecnico, al di là del lato politico”) può suscitare qualche perplessità nel cittadino, che potrebbe legittimamente chiedersi come sia possibile che due capi di due diversi uffici requirenti possano avere opinioni radicalmente contrapposte in ordine alla liceità di uno stesso fatto storico, del quale sono ormai noti tutti i più intimi dettagli.

Poi, sì, a ben vedere anche la risposta di Palamara lascia un po’ a desiderare (“No, hai ragione… ma ora bisogna attaccarlo”); come sorprende leggermente anche la controreplica di Auriemma che, anziché chiedere spiegazioni, si butta a pesce in raffinate valutazioni di tattica politica (“Comunque è una cazzata atroce attaccarlo adesso perché tutti la pensano come lui. E tutti pensano che ha fatto benissimo a bloccare i migranti che avrebbero dovuto portare di nuovo da dove erano partiti. Indagato per non aver permesso l’ingresso a soggetti invasori. Siamo indifendibili. Indifendibili”).

Ma, ancora una volta, è sicuramente inopportuno ingigantire la vicenda. Sono boutades! Battute. Scherzi innocenti. In una conversazione privata. Non c’è ragione di fare le vittime. E poi, a ben vedere, nessuno dei due magistrati in questione è mai stato coinvolto, direttamente o indirettamente, nei processi contro l’ex Ministro dell’Interno!

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Eppure, è impossibile non tornare con la mente a fine 2011, quando alcune associazioni presentarono un esposto presso la Procura di Agrigento (e cioè, proprio la Procura che per prima ha ipotizzato un’imputazione per sequestro di persona a carico di Salvini), nel quale venivano illustrate le modalità di trattenimento di stranieri irregolari (per lo più tunisini) nel Centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa. Gli stranieri non potevano uscire dal perimetro del Centro, sorvegliato da guardie armate e delimitato da mura alte più di tre metri, ed erano ivi trattenuti anche per diverse settimane, in plateale contrasto con l’art. 13 co. 2 Cost., che richiede che ogni limitazione della libertà personale sia obbligatoriamente seguita da un provvedimento giurisdizionale di convalida.
Le associazioni, curiosa coincidenza, chiedevano di procedere proprio per il delitto di sequestro di persona. Peccato però che, dopo una rapidissima derubricazione nel meno grave delitto di violenza privata (art. 610 c.p.), il procedimento venne immediatamente archiviato, con una motivazione di nemmeno una pagina e nel silenzio tombale di tutti gli organi d’informazione.

Si dirà: ma il diritto si evolve. Quanto è ingenuo chi crede che il trattenimento di alcuni stranieri, per pochi giorni, a bordo di navi attrezzate per il salvataggio – un fatto, cioè, certamente molto meno grave di quelli che, a fine 2011, non meritavano nemmeno un’indagine per violenza privata – non possa oggi tranquillamente tramutarsi in un sequestro di persona!

Eppure, mai avremmo immaginato che l’evoluzione del diritto potesse essere accompagnata da una serie di calorosi SMS diretti, sempre dal solito Palamara, a Luigi Patronaggio, Procuratore della Repubblica di Agrigento, impegnato a indagare l’ex Ministro dell’Interno per il delitto di sequestro di persona nel caso Diciotti (“Carissimo Luigi, ti chiamerà anche Legnini, siamo tutti con te”: 24 agosto 2018; “Carissimo Luigi ti sono vicino, sii forte e resisti siamo tutti con te, un abbraccio”: 12 settembre 2018).

Insomma: eppur si muove.

Pseudonimo. Ricercatore accademico di scienze giuridiche.