di Luca Marcolivio
Sono più pericolosi e più complicati da maneggiare degli scooter, reggono le buche per strada meno di qualunque altro mezzo. Dalla loro apparizione, nella fase declinante della pandemia, hanno già provocato parecchi incidenti nelle grandi città. Eppure, complici in primo luogo gli incentivi del governo, sono diventati la moda del momento. Nell’ennesima grande crisi, tra i pochi a gongolare sono i produttori di monopattini elettrici. Quasi tutti stranieri, inutile dirlo. La golden share del mercato italiano dei nuovi mezzi è detenuta da imprese cinesi, come Xiaomi, e si attesta sul 39%. Seguono l’americana Segway (rilevata però dai cinesi nel 2015) e la tedesca Hudora. Molto distanziati i produttori italiani Nilox, Nito e Vivobike, nessuno dei cui monopattini, comunque, viene realizzato nel nostro paese.
Qualche settimana fa, il “Sole 24 Ore“ha menzionato i cinque modelli più gettonati sul mercato italiano: Ninebot Max G30, Ninebot ES2, Xiaomi Mi, Electric Scooter Pro, Urbetter Kugoo S1 PROI, VivoBike E-scooter S3. I primi quattro sono cinesi, solo l’ultimo è italiano ma prodotto in Cina. Significativo non sia stato dato nessun incentivo all’acquisto di moto e motorini (come lamentato anche da Confindustria), sui quali, guarda caso, i cinesi non sono competitivi.
Siamo all’ennesimo paradosso del Governo Conte: 120 milioni di euro di bonus mobilità che, per la stragrande maggioranza, andranno ad arricchire altri paesi. Con il bonus monopattino si copre fino al 60% e fino a 500 euro del prezzo di listino per monopattini elettrici da acquistare entro il 31 dicembre 2020. È solo uno dei primi segnali di un Green New Deal che, a differenza del suo illustre predecessore rooseveltiano, non va certo ad avvantaggiare il popolo ma le lobby della Green Economy. L’incentivo all’acquisto e all’uso dei monopattini, infatti, non è conveniente per chiunque ma essenzialmente per chi può godere di una ridotta vicinanza casa-lavoro. Senza contare che, con il boom dello smartworking, per molti i mezzi di trasporto diventeranno quasi superflui. In metropoli grandi e complesse come Roma (manto stradale spesso dissestato, poche piste ciclabili e viabilità non sempre in piano), il monopattino va incontro per lo più alle categorie manageriali o dirigenziali. I giovani saranno sicuramente più motivati ed entusiasti nel condurre un mezzo del genere ma tra gli universitari meno abbienti (specie se fuori sede) avere un monopattino sarà probabilmente un lusso. Dopo una certa età, poi, si è meno propensi per i cambiamenti, anche tecnologici: un monopattino non è uno smartphone e, dopo i 40-50 anni, non tutti sono ancora fisicamente agili e predisposti a debuttare nella conduzione di mezzo simile. Un’altra categoria sistematicamente esclusa dalla fruizione del monopattino è senz’altro quella dei pendolari che, normalmente, non rientrano tra le fasce della popolazione più economicamente agiate.
Un’ultima considerazione sull’entità degli incentivi governativi: nel Decreto Rilancio, la cifra destinata al Fondo per le non autosufficienze è pari a 90 milioni di euro, quindi il 25% in meno di quella per i monopattini. La vita di un disabile, agli occhi del Governo Conte, vale meno di un mezzo elettrico fabbricato in Cina…
Saggista e giornalista professionista, è accreditato alla Sala Stampa della Santa Sede dal 2011. Direttore del webmagazine di informazione religiosa"Cristiani Today", collabora con "La Nuova Bussola Quotidiana"e"Pro Vita & Famiglia". Dal 2011 al 2017 è stato caporedattore dell’edizione italiana di "Zenit".
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