di Giovanni Giacalone
Nella giornata di martedì 5 gennaio si terrà in Arabia Saudita il 41° summit del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc) e, nonostante la situazione d’eccezione dovuta alla pandemia, l’atmosfera appare positiva, con l’obiettivo di sostenere e rafforzare il lavoro finora fatto negli interessi dei cittadini dei Paesi membri sul piano sociale, economico e commerciale. Il direttore generale, Nayef Falah Al Hajraf, ha illustrato come il Gcc sia in procinto di chiudere la quarta decade e di dare inizio alla quinta nella speranza di incrementare la prosperità e il benessere nel Golfo.
Positive anche le dichiarazioni dell’ambasciatore del Kuwait a Riyadh, Sheikh Ali Al-Khaled Al-Sabah, che ha evidenziato lo spirito di responsabilità e l’importanza del rafforzare la solidarietà tra i Paesi del Golfo per la pace e la stabilità. Il Kuwait si è tra l’altro offerto di svolgere il ruolo di Paese mediatore tra il Qatar e il blocco ad esso contrapposto, composto da Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrein ed Egitto; blocco che accusa Doha di finanziare e sostenere l’organizzazione islamista radicale dei Fratelli Musulmani, i jihadisti in Siria e gli Houthi in Yemen, nonché di continuare a intrattenere rapporti con l’Iran.
A quanto pare, però, il Qatar non sembra affatto propenso ad affrontare il problema, al punto che l’emiro Tamim bin Hamad Al Thani non parteciperà al Gcc summit e al suo posto invierà un ministro, probabilmente quello dell’Interno, secondo quanto reso noto dall’analista politico Amjad Taha, direttore regionale del British Middle East Center for Studies and Research:
Il principale scopo del meeting è quello di trattare il problema della crisi con il Qatar, Paese che sostiene le milizie iraniane e i Fratelli Musulmani in Medio Oriente. Ci si aspettava che l’Emiro del Qatar partecipasse, ma attuali fonti ufficiali indicano che l’Emiro non ci sarà. Un tale comportamento implicherebbe che il Qatar non rispetti il ruolo di mediatore svolto dal Kuwait, quando tutti gli altri leader saranno presenti, ed anche che Doha proseguirà con il proprio supporto alla Fratellanza e alle milizie iraniane che intende usare come proxy per condizionare gli equilibri in Medio Oriente. Ciò potrebbe addirittura portare a una sospensione della vendita di armamenti da parte degli Usa al Qatar.
Ancora una volta dunque si presenta il problema del Qatar, divenuto fonte di destabilizzazione sia in Medio Oriente sia in Europa. Del resto tutti ricordano il leader della Fratellanza, Yusuf Qaradawi, quando da Doha invocava il jihad in Siria e la rivolta contro il presidente egiziano Abdelfattah al-Sisi.
Il recente libro-inchiesta Qatar Papers ha inoltre rivelato il fortissimo sostegno economico di Doha nei confronti dell’islam radicale in Europa e purtroppo l’Italia ne emerge come interlocutore privilegiato. Non a caso il titolo della prefazione è “La luna di miele tra Italia e Qatar”.
Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.
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