La crisi della nostra Nazione non è solo sanitaria, nonostante l’enorme dramma rappresentato dalla pandemia. Il drammatico crollo del Pil, il fallimento di molte aziende (facile preda di criminalità organizzata o investitori cinesi) e l’emorragia senza precedenti di posti di lavoro sembrano aprire ferite insanabili nel corpo della penisola. E non ci si ferma qui: la demografia ci condanna ogni anno di più a una rapida scomparsa, favorita dalla “fuga dei cervelli”, dallo spopolamento dei borghi e da decenni di martellante “pensiero unico” antinazionale. Sul piano agricolo e industriale continuiamo a perdere pezzi, senza mettere in campo strategie di lungo periodo credibili e mature, con una classe dirigente che offre esempi di impreparazione che superano ogni limite. La disarticolazione del tessuto sociale e dell’industria pubblica iniziata negli anni ’90 ha privato l’Italia di una serie di basi economiche senza le quali oggi diventa quasi impossibile resistere nella temperie della globalizzazione, dell’alta finanza e delle grandi multinazionali, alcune delle quali stanno beneficiando enormemente delle chiusure per fare profitti e mutare radicalmente la vita e le abitudini delle persone. Il rischio che la “tecnica” cambiasse l’essenza stessa dei singoli era già ben chiaro a tanti pensatori del primo ‘900, e oggi le più fosche profezie sembrano avvicinarsi sempre più alla realtà.

Bisogna trovare gli anticorpi comunitari per reagire a tutto questo, in nome di una gloriosa storia e del futuro delle prossime generazioni di italiani. L’Istituto “Stato e Partecipazione” ha provato a dire la sua in questo senso pubblicando uno studio volto a programmare e immaginare L’Italia del Futuro (Eclettica edizioni) in nome di termini quali l’amor di patria, la partecipazione, l’identità, la responsabilità e il ruolo dello Stato. Il libro, con la prefazione Le ali del folle volo firmata da Giulio Tremonti, raccoglie 18 contributi che offrono analisi e proposte di livello su tutti i temi centrali del nostro tempo, dall’economia alla geopolitica passando per la cultura. La prima parte, con gli articoli di Francesco Carlesi, Stelio Fergola, Daniele Trabucco e Mario Bozzi Sentieri, partendo da una serie di riflessioni storiche, ambisce a fornire alcune linee guida politiche verso cambiamenti istituzionali profondi che permettano all’Italia di ritrovare il suo ruolo internazionale e il suo “modello sociale” alternativo a quello anglosassone, oltre i paletti del neoliberismo. Si prosegue poi con degli studi importanti sul settore primario, troppo a lungo trascurato dal dibattito e analizzato nei saggi di Sandro Righini, Gian Piero Joime e Augusto Grandi. Sul piano industriale e sindacale trovano spazio le proposte di un “Iri 2.0” (Filippo Burla), di un piano infrastrutturale per la logistica nazionale (Raimondo Fabbri), di un’ampia riforma del sindacato (Ettore Rivabella) fino a una vera e propria rivoluzione del mondo del lavoro (Francesco Guarente). Si passa poi al tema scottante delle periferie, letto attraverso l’esperienza e le proposte di Emanuele Merlino, fino a quello della (sempre più omologata) stampa (Flaminia Camilletti), passando per la previdenza sociale (Gabriele De Paolis) e l’immigrazione (Daniele Scalea), su cui si giocherà una fetta importante del nostro futuro. Gli ultimi articoli sono invece dedicati alla moneta e al mondo bancario, attraverso le lenti di due “auritiani” come Francesco Filini e Massimiliano Scorrano. Chiude il volume una postfazione di Fabio M. Mascioli, ricca di suggestioni, richiami storici e “futuristi”.

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Quest’opera dell’Istituto “Stato e Partecipazione” punta con decisione a scatenare dibattiti, rianimare il panorama politico-culturale della Nazione e lanciare proposte che favoriscano la rinascita dell’Italia, la quale potrà avvenire solo attraverso un lungo percorso fatto di cultura, formazione e sacrificio.