by Nathan Greppi

Al giorno d’oggi, sta diventando sempre più evidente come le derive ideologiche in ambito scolastico stiano sortendo crescenti effetti negativi: in Italia siamo ancora indietro, ma nei Paesi anglofoni l’imposizione di un certo politicamente corretto, per cui i professori e i genitori devono sempre tutelare gli studenti e mai sgridarli, sta sortendo effetti disastrosi. Ad aver previsto, in parte, già nel 2011 questa deriva è il film canadese Monsieur Lazhar, che a 10 anni dalla sua uscita nelle sale ha molto da dire sulla società in cui viviamo.

La storia si svolge in una scuola elementare di Montréal: in quello che sembra un giorno come tanti due alunni, Alice e Simon, vedono in aula il corpo di una loro insegnante che si è impiccata. Nel tentativo di superare l’accaduto, la preside offre il posto rimasto vuoto a Bachir Lazhar, un immigrato algerino di mezza età fuggito in Canada perché nel suo Paese era perseguitato dagli integralisti islamici, che gli avevano massacrato la famiglia. Con il passare del tempo, Lazhar dovrà confrontarsi con un sistema educativo dalle regole prefissate e, nel frattempo, emergerà la verità sul perché la precedente maestra si è suicidata.

Nel corso del film, diretto da Philippe Falardeau e tratto da un’opera teatrale, escono fuori tutti i problemi che affliggono le istituzioni scolastiche nella maggior parte dei Paesi occidentali, pur con le dovute differenze. A partire dai genitori iperprotettivi che, invece di sgridare i figli, se la prendono con gli insegnanti. Questi ultimi, poi, non possono avere alcun contatto fisico con i bambini perché vivono nel costante timore di essere accusati di pedofilia o, in generale, di fare qualcosa che possa traumatizzarli.

È esemplare il caso dell’insegnante di ginnastica che, non potendo neanche toccarli per spiegargli come fare determinati esercizi, li fa semplicemente correre in tondo nella più totale monotonia. Un altro non può nemmeno mettere la crema solare ai bambini; col risultato che si prendono delle bruciature. Questo è il contesto con il quale si deve confrontare il nuovo supplente che, all’inizio, dà un lieve scappellotto ad un bambino che faceva il monello e, per questo, viene subito ripreso dai suoi colleghi.

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Altro problema tipico dei sistemi scolastici nordamericani riguarda il fatto che, quando un bambino sembra avere un minimo problema, subito si ricorre allo psicologo. Di fronte a un alunno che non è bravo in matematica, il primo pensiero è che sia affetto da discalculia. Al contrario, Lazhar cerca di venire incontro ai suoi alunni ma senza atteggiamenti moralistici o di conformismo sociale. Provenendo da un altro contesto, egli si rende conto di come l’eccesso di politicamente corretto in realtà impedisca ogni dimostrazione di empatia e affetto: anche la più banale come un abbraccio.

Quello degli studenti troppo sensibili è diventato un tema sempre più controverso nei Paesi anglosassoni. Frank Furedi, sociologo ungherese trapiantato in Canada, ha spiegato in un articolo sulla rivista “The American Interest”:

Una ricerca del database “LexisNexis” di giornali in lingua inglese non ha trovato alcun riferimento a ‘studenti vulnerabili’ negli anni Sessanta e Settanta. Durante gli anni Ottanta ci sono stati 13 riferimenti, di cui 7 erano studenti di scuola (primaria o secondaria). I primi riferimenti a studenti universitari vulnerabili sono comparsi sul quotidiano “The Times” nel 1986, sul “New York Times” nel 1991 e sul “Guardian” nel 1995. […] Durante l’anno 2015-16 ci sono stati 1.407 riferimenti.

Monsieur Lazhar dimostra come il desiderio iperprotettivo di tenere al sicuro a tutti i costi chi viene visto come una potenziale vittima, pur non essendo sbagliato a priori, spesso rischia di ottenere l’effetto opposto; perché solo attraverso un confronto diretto è possibile maturare e crescere per affrontare le avversità della vita.

Giornalista pubblicista, ha scritto per le testate MosaicoCultweek and Il Giornale Off. Laureato in Beni culturali (Università degli Studi di Milano) e laureato magistrale in Giornalismo, cultura editoriale e comunicazione multimediale (Università di Parma).