di Nicola De Felice
L’Italia è un Paese marittimo
La finalità della geopolitica è il coordinamento delle azioni politiche nello spazio che circonda uno o più Stati. Per lo Stato italiano, lo spazio prevalente è il mare e le questioni che più condizionano la sua strategia di sicurezza sono vincolate da tutto ciò che il mare offre, nel bene e nel male.
Prima in Europa per merci importate via mare, l’Italia dispone della decima flotta mercantile del mondo e della terza flotta peschereccia europea, importando via mare l’80% del combustibile necessario al suo fabbisogno. Il comparto marittimo genera il 3% del PIL e l’industria correlata è uno dei settori più redditizi sul quale investire, sia al Nord sia al Sud.
Per una Marina non più cenerentola
Eppure, per tutelare tutto ciò, propedeutico al benessere del popolo, abbiamo una Marina cenerentola tra le Forze Armate, sia in termini di personale sia di spesa. Per di più, pur confermando la rilevanza strategica dell’Italia, gli USA hanno cambiato la gerarchia delle minacce: la difesa del Mediterraneo e con esso dell’Italia non è più urgente, ora è la Cina il rivale primario e tutti gli altri sono secondari (in ordine di capacità: Russia, Turchia, Iran). La conseguenza è che non saranno più gli “Yankees” a impedire al caos di avanzare verso le nostre coste; lo conferma il ritorno agguerrito delle potenze sulla sponda sud del “Mare Nostrum”, approfittando della situazione di degradante instabilità presente in Libia ed in Tunisia.
Per rilanciare una strategia di sicurezza occorrerebbe innanzitutto comprendere che le forze marittime sono uno strumento della politica da impiegare per il conseguimento di definiti obiettivi di interesse nazionale. Per tutelare questi interessi, la Marina Militare dovrebbe disporre di almeno 40.000 marinai, 100 navi e 25 sommergibili con capacità di attacco a terra, di un’efficace aviazione navale (non serve a nulla avere portaerei senza aerei), di efficaci forze da sbarco e di rafforzate forze speciali, queste ultime da sempre le migliori al mondo.
Come usare la Marina
Le forze marittime dovrebbero essere capaci di muovere rapidamente dai porti e schierarsi in teatro operativo, per lunghi periodi di tempo. La capacità di autosostentamento dovrebbe permettere alle navi di svolgere attività senza l’aiuto da terra. Tale peculiarità, intesa come capacità permanente di influire sulla condotta delle attività a terra con azioni di fuoco e di sostegno logistico, è intrinsecamente connessa alla versatilità strategica richiesta ad una qualsiasi marina seria.
Le forze marittime si spostano in prossimità di un’area di crisi senza violare le norme del diritto internazionale, impiegate in un ruolo di diplomazia navale, a tutela degli interessi della Nazione, contribuendo ad una politica di “moral suasion” attraverso un’adeguata opera di deterrenza e dissuasione, fino ad un appropriato e selettivo uso della forza. Esse dovrebbero operare in sostegno di popolazioni amiche e alleate, per l’esfiltrazione di cittadini in territorio critico o ostile.
Un argine al caos che avanza
Dopo il raddoppio del Canale di Suez e la corsa agli armamenti di Egitto, Algeria e Turchia, è fondamentale assolvere il ruolo di tutela delle linee di traffico marittimo, di legalità in alto mare, di garanzia di interdizione del commercio illegale, di embargo o blocco navale. L’Italia non può limitarsi a considerare minacce solo i migranti e i jihadisti: non sono che conseguenze di un qualcosa di più profondo.
Prigioniera di un’inefficace politica estera e di sicurezza, l’Italia è ancora in tempo a guardare con fiducia al futuro, impedendo che il caos avanzi oltre lo Stretto di Sicilia. Si assuma il ruolo di protagonista di sé stessa, dell’Ue e della NATO iniziando a recuperare credibilità nel Mediterraneo. Se la vera tragedia è che all’opinione pubblica non interessa nulla, la colpa non è della gente bensì dell’incapacità dell’autorità politica di imporre obiettivi veri e dell’autorità militare di definire utili missioni, coerenti con le necessità strategiche dell’Italia e del suo popolo.
Senior Fellow del Centro Studi Machiavelli. Ammiraglio di divisione (ris.), già comandante di cacciatorpediniere e fregate, ha svolto importanti incarichi diplomatici, finanziari, tecnici e strategici per gli Stati Maggiori della Difesa e della Marina Militare, sia in Patria sia all’estero, in mare e a terra, perseguendo l'applicazione di capacità tese a rendere efficace la politica di difesa e di sicurezza italiana.
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