di Marco Malaguti

Già finita la guida di Armin Laschet

La notizia in Italia ha avuto poco risalto, quasi totalmente oscurata da un certo giulivo entusiasmo verso il neocancelliere della SPD, Olaf Scholz; eppure le elezioni straordinarie per la segreteria della CDU non sono cosa da poco.

È durata poco la parabola di Armin Laschet alla guida della CDU. Il giornalista di Aquisgrana, già presidente del Land del Nordreno-Westfalia, è stato l’ultimo di una lunga serie di maggiorenti cristiano-democratici a ricevere il bacio della morte dall’ex cancelliera Angela Merkel. Incoronato segretario del grande partito di centro il 16 gennaio scorso, Laschet non ha retto alla prova delle elezioni federali che hanno spalancato le porte alla cosiddetta “coalizione semaforo”, guidata dai Socialdemocratici assieme a Liberali e Verdi.

Dietro Laschet una ritirata strategica?

Secondo molti analisti tedeschi, l’ultimo dei fedelissimi di Angela Merkel era stato probabilmente scelto proprio con il preciso proposito di vederlo sconfitto, essendo il candidato cristiano-sociale bavarese Markus Söder ben più quotato nei sondaggi.

La dura e preannunciata sconfitta di Laschet avrebbe ottenuto un duplice scopo: da un lato consentire un’elegante ritirata strategica alla CDU in un momento difficilissimo, tra pandemia, geopolitica e stagnazione economica, e dall’altro mettere la croce definitiva sull’ultimo fedelissimo della cancelliera appena pensionata, consentendo una ridefinizione in chiave conservatrice del partito dopo la lunga stagione d’amore tra CDU e Sinistre, che però ha causato una grave emorragia di consensi e portato ai minimi storici le relazioni con l’alleato di ferro della CSU bavarese.

La rivincita di Friedrich Merz

In quest’ottica era molto facile prevedere che la corrente conservatrice della CDU, capeggiata da Friedrich Merz avrebbe perso le elezioni per la segreteria del Gennaio scorso, vincendo invece ampiamente quelle dello scorso 17 Dicembre, ed è infatti il copione è stato rispettato alla lettera.

Friedrich Merz era stato sconfitto a Gennaio proprio da Armin Laschet, con il fedelissimo di Mutti che si è imposto al ballottaggio con 521 voti contro 466, dopo aver già eliminato il terzo candidato, l’ambientalista Norbert Röttgen. Lo scorso 17 Dicembre invece è stato proprio Merz ad imporsi con il 62,1% dei consensi, sconfiggendo il già menzionato Röttgen (25,8%) e mettendo fuori gioco l’ultimo candidato dei merkelisti, l’ex Ministro per gli Affari Speciali Helge Braun (12,1%).

Chi è il nuovo capo della CDU

Ma chi è e cosa vuole Friedrich Merz?

Laureatosi in Giurisprudenza nel 1985, comincia la sua carriera nel mondo della giurisprudenza diventando giudice presso la Corte del Land della Saarland, dove rimane per solo un anno, quando accetta di diventare consulente legale della Verband der Chemischen Industrie (VCI), l’influente sigla di categoria delle industrie chimiche tedesche. Viene eletto europarlamentare nel 1989, lavorando per un quinquennio nella Commissione agli Affari Monetari occupandosi, tra le altre cose, dei negoziati per l’adesione di Malta all’Unione Europea. Nel 1994, alla scadenza del mandato all’Europarlamento, decide di candidarsi al Bundestag dove è eletto senza difficoltà per il collegio di Hochsauerland, nel quale risiede fin dalla nascita. Viene eletto capogruppo dei cristiano-democratici a Berlino nel 2000, rimanendo tale fino al 2002.

La lunga rivalità con Angela Merkel

In questo periodo la CDU è ancora all’opposizione, mentre al governo c’è la SPD di Gerhard Schröder alleata ai Verdi di Joschka Fischer. È qui che Merz fa i conti con la grande rivale della sua vita, Angela Merkel, con la quale entra quasi subito in conflitto senza riuscire, nel 2000, ad impedirne l’elezione a segretaria del partito. I rapporti si fanno ancora più tesi quando, nel 2002, proprio la futura cancelliera si prende d’imperio il suo posto di capogruppo cristiano-democratico al Parlamento. I rapporti peggioreranno ancora con l’ascesa al cancellierato della Merkel, tanto che nel 2009 Merz decide di ritirarsi strategicamente dal Bundestag, pur continuando a fare militanza attiva nel partito e attaccando ripetutamente la cancelliera.

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Nel frattempo, continua a dedicarsi con profitto al suo lavoro di consulente legale, che gli frutta un grande successo nel settore privato, facendolo diventare membro dei consigli di sorveglianza di importanti banche e società finanziarie quali “Blackrock” (come presidente), HSBC, “Axa” e “DBV-Winterthur”, oltre a ricoprire la stessa carica per conto di importanti infrastrutture (come l’aeroporto di Colonia-Bonn), della Borsa di Francoforte e per la società calcistica “Borussia Dortmund”.

In cosa crede Merz

Ideologicamente, Merz si definisce atlantista e liberalconservatore. È membro di spicco del think-tank filo-americano “Atlantik Brücke”, quartier generale dell’atlantismo tedesco, ed è lontano anni luce dall’equidistanza merkeliana tra Washington e Pechino-Mosca. Europeista di ferro, Merz è però contrario a qualsiasi condivisione del debito coi partner più deboli dell’Unione Europea, ma è la sua collocazione ideologica ciò che più rende la sua figura doverosa di approfondimento.

Merz non ha mai fatto mistero delle sue radici culturali di destra. La CDU sognata da Merz è un partito marcatamente figlio dell’idea atlantica di destra liberale. Favorevole al matrimonio omosessuale, è contrario alle adozioni. Sostiene la necessità di una ridefinizione in chiave conservatrice e moderna della CDU, diventato a suo avviso un partito troppo affine ai suoi concorrenti di sinistra.

Abbracciare i populisti per sconfiggerli: la sua strategia anti-AfD

Il grande nemico di Merz sono però i populisti di AfD. Come tutti i partiti istituzionali tedeschi, la CDU di Merz non ammette alcuna collaborazione con AfD. Tuttavia la segreteria Merz avrà un obbiettivo diverso da quelli degli altri partiti: riconquistare i voti dei populisti. Mentre i segretari degli altri partiti (compresa la stessa Merkel) hanno sempre ribadito che i voti degli elettori di AfD sono incompatibili con la democrazia, e dunque indesiderabili, Merz si è detto disponibile, primo uomo politico tedesco a farlo, a “riaccoglierli a casa”.

A Merz non sfugge infatti che la gran parte dei voti di AfD, specialmente ad Est, proviene da ex elettori della CDU delusi dal centrismo e dal liberalismo culturale della Merkel. Sa inoltre che la componente “occidentale” di AfD, formata prevalentemente da liberalconservatori allergici all’identitarismo dell’Est, potrebbe essere sensibile ai richiami di una CDU marcatamente conservatrice. La strategia di Merz è proprio questa: combattere AfD spalancando le braccia ai suoi sostenitori: accogliendo le persone ma ghettizzando il partito, tanto che proprio ieri ha affermato che chiunque, nella CDU, collaborerà con AfD sarà espulso.

Come risponderà AfD?

Si tratta di una strategia insidiosa, che AfD dovrà dimostrare di essere in grado di saper rintuzzare. AfD, fondata nel 2014, non si è mai confrontata con una CDU non-merkeliana, e ora le cose potrebbero cambiare. Va detto che un profondo lavoro culturale portato avanti su e da le èlite del partito (come quello dell’Institut für Staatspolitik) ha evitato uno sterile appiattimento del partito in un’anti-merkelismo di maniera, ma per l’elettorato il discorso potrebbe non essere così semplice.

Se e come l’elettorato di AfD saprà resistere alla tentazione del voto utile sarà la prima grande sfida a cui il giovane partito populista tedesco sarà chiamato.

Marco Malaguti
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Ricercatore del Centro Studi Machiavelli. Studioso di filosofia, si occupa da anni del tema della rivalutazione del nichilismo e della grande filosofia romantica tedesca.