di Luca Ruggeri
L’efferata aggressione di Hamas nei confronti di Israele, con il suo tragico corollario di stupri ed omicidi di innocenti, farà sì che i primi giorni dell’ottobre 2023 rimarranno indelebili nella memoria di tutti noi. L’attacco di Hamas è attualmente oggetto di puntute analisi sotto diversi profili, in particolar modo militari e di intelligence, dato che è stato, con tutta evidenza, attentamente pianificato ed ha stupito per la complessità operativa, aspetti che evidentemente hanno sorpreso gli israeliani.
In questo contesto un ulteriore aspetto, sicuramente marginale ma potenzialmente capace di sviluppi imprevisti, concerne la possibilità che Hamas abbia utilizzato il fatto di scatenare l’attacco, ed in particolar modo la conoscenza della data dell’attacco stesso, per operare in Borsa al fine di ottenere ulteriori mezzi finanziari da utilizzare per i propri scopi. L’argomento è tratteggiato nel paper “Trading on terror?” ad opera di due professori universitari, Robert J. Jackson Jr. della New York University e Joshua Mitts della Columbia University.
Sino ad oggi gli studi circa le modalità di finanziamento di Hamas sui mercati finanziari avevano concentrato la propria attenzione sulle criptovalute, senza peraltro che sia emersa in merito una posizione condivisa tra i diversi autori, ma il lavoro dei due professori apre nuovi scenari. Il dossier documenta infatti delle significative anomalie in specifici mercati finanziari che hanno attirato l’attenzione degli studiosi al punto da portarli a sostenere che solo operatori economici preventivamente informati dell’attacco di Hamas avrebbero posto in essere le manovre finanziarie da loro descritte.
La prima rilevante anomalia riguarda l’importante mole di operazioni short, quindi ribassiste, su un particolare prodotto, l’ETF MSCI Israel Exchange-Traded Fund, quotato sulla borsa di New York, che replica l’andamento di un paniere di aziende israeliane. Un ETF, in estrema sintesi, è un fondo che ha come obiettivo quello di replicare fedelmente l’andamento e quindi il rendimento di indici azionari, obbligazionari o di materie prime; si tratta di un prodotto ampiamente diffuso perché consente di avvantaggiarsi dell’andamento di indici assai diversificati, pensiamo ad esempio all’indice azionario mondiale, ad un costo assai limitato anche per i comuni risparmiatori.
Incrociando diversi parametri gli autori evidenziano come la mole di operazioni short sull’ETF relativo all’azionario israeliano risulti del tutto anomala rispetto alle 52 settimane precedenti, utilizzate come confronto, così come nell’intero periodo 2008-2023; non rassicura, anzi supporta l’ipotesi di una operazione posta in essere sapendo dell’attacco, il fatto che un fenomeno di simili dimensioni si sia verificato solo nell’aprile 2023 quando, secondo fonti di stampa, era inizialmente previsto l’attacco che fu poi rimandato a causa dell’innalzamento del livello di allerta delle forze armate israeliane.
Altre anomalie riguardano le operazioni ribassiste sulla borsa di Tel Aviv così come l’apparentemente eccessivo utilizzo di opzioni, in questo caso nei confronti di imprese israeliane quotate sulla borsa statunitense. I dati circa le parti coinvolte nelle operazioni finanziarie sopra descritte non sono pubblicamente disponibili e non è quindi possibile, per i due ricercatori, chiudere il cerchio individuando chi si sia avvantaggiato finanziariamente dell’attacco di Hamas; non vi è da dubitare che tale indagine verrà svolta dalle autorità di vigilanza sui mercati e, immaginiamo, da diversi servizi di intelligence.
Se l’ipotesi proposta dai due professori dovesse trovare conforto ci troveremo di fronte ad una nuova dimensione della guerra ibrida, potenzialmente utilizzabile da organizzazioni criminali o terroristiche per finanziarsi. Non va infatti dimenticato che l’economia israeliana è relativamente piccola e quindi manovre finanziarie su di essa sono relativamente visibili ma il meccanismo è replicabile, in modo assai meno distinguibile, su borse di maggiore ampiezza soprattutto se l’attaccante volesse operare frazionando le operazioni oppure nei confronti di imprese attive in settori attigui a quello effettivamente colpito dall’attacco terroristico.
Ricercatore senior del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Economia, ha lavorato per oltre venti anni presso una grande banca italiana ed attualmente svolge la propria attività quale direttore generale presso un investitore istituzionale.
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