di Silvio Pittori

Nel saggio Teoria della dittatura, Michel Onfray espone come si possa instaurare una dittatura nel nostro tempo, individuando sette fasi per la sua istituzione: “Distruggere la libertà, impoverire la lingua, abolire la verità, sopprimere la storia, negare la natura, propagare l’odio, aspirare all’Impero”. Tralascio, nella prospettiva di questa breve riflessione, l’impoverimento della lingua, cui peraltro si procede inesorabilmente e tristemente da anni, soffermandomi sulle altre fasi individuate dal filosofo francese, per dimostrare la loro coesistenza nel corso di questi ultimi diciotto mesi.

Profonda la distruzione della libertà, da intendersi come volontà uniformatrice del pensiero a danno della libertà appunto, assistendo inermi ad una sorveglianza sullo stesso nel tentativo di impedire che qualcuno si sottragga a detta uniformazione. L’abolizione della verità ha assunto la forma dell’imposizione dell’ideologia, quale pensiero dominante, e della strumentalizzazione della stampa, pressoché totalmente uniformata al pensiero della classe dirigente, oramai di stampo sanitario. La negazione della natura, quale imposizione di vincoli igienico-sanitari costanti, che causano anche la distruzione della pulsione di vita, negazione accompagnata alla propagazione dell’odio, che si sostanzia nella creazione di un nemico, che altri non è se non chi la pensa in maniera diversa dal pensiero dominante, dimostrando, quale pericoloso sovversivo, una minore inclinazione ad uniformarsi allo stesso. Infine, la soppressione della storia, sotto il profilo che qui rileva della distruzione dei libri, da intendersi come annichilimento del pensiero epistemologico, distruzione funzionale alla creazione di una nuova casta “sacerdotale” espressione dello scientismo.

Ora, analizzando questi ultimi diciotto mesi, fatico a non intravedere la realizzazione di dette fasi. Viviamo sotto psicosi costante, bombardati da continui messaggi che attengono al numero dei nuovi malati Covid ed al numero dei decessi, nella perpetuazione di una forma di terrorismo psicologico che frustra la legittima aspirazione di chiunque al ritorno ad una vita normale. Il tutto condito da un’ideologia che affonda le proprie radici nella creazione della predetta ossessione, un’ideologia che ha natura sanitaria, e che si accompagna alla imposizione di regole igienico-sanitarie talvolta non soltanto di difficile comprensione, ma persino contraddittorie e talvolta illogiche, che hanno evidenti ricadute sulla pulsione di vita richiamata da Onfray.

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La propagazione dell’odio verso il pensiero critico che, agli occhi del pensiero dominante, diviene un pensiero affetto da patologia psichiatrica, sconfina oramai nella violenza delle parole e dei gesti e nel ripudio di chi non è allineato, in un ostracismo costante dalle televisioni e, possibilmente, dai giornali del pericoloso sovversivo. Sufficiente leggere i commenti contro due filosofi che hanno avuto l’ardire, bontà loro, di richiamare l’attenzione di tutti sulla necessità di evitare di trasformare il vaccino in un simbolo politico-religioso, sulla delicatezza della sperimentazione di massa tuttora oggettivamente in corso, che dovrebbe imporre delle cautele, così come sul rispetto delle norme costituzionali poste a tutela del vivere civile, piegate oramai alla contingenza.

Ad aggravare il timore derivante dalla coesistenza delle fasi individuate da Onfray, all’origine della nascita di una forma di dittatura moderna, un articolo apparso sul quotidiano “La Stampa” a firma di un autorevole giornalista, il quale ha evidenziato come, ove i rappresentanti del popolo “mandassero a casa” l’attuale Presidente del Consiglio, il Presidente della Repubblica dovrebbe inesorabilmente fare ricorso ad un governo elettorale, “forse persino militare”, perché “a mali estremi, estremi rimedi”.

La gravità dell’affermazione è sotto gli occhi di tutti: “tutto è compiuto”, anche l’ultima fase tra quelle individuate dal filosofo transalpino, con la prospettiva della nascita dell’impero, di natura militare.

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Avvocato cassazionista con sede a Firenze, esperto in diritto civile societario e in diritto penale di impresa e contrattualistica. Laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Firenze.