di Daniele Scalea

La notizia è che, salvo sorprese, l’imprenditore Elon Musk rileverà la proprietà completa di “Twitter” per la cifra di 44 miliardi di dollari. Il processo d’acquisizione richiederà probabilmente ancora dei mesi per finalizzarsi, ma già ha suscitato un vespaio. Musk, infatti, ha motivato la decisione non solo con la ragione del profitto, ma pure con quella della difesa della libertà d’espressione. Per comprendere come l’acquisizione abbia preso corpo – e quali conseguenze potrà avere sulla politica – è necessario fare un passo indietro.

Il caso Babylon Bee

In origine fu Rachel Levine, vice-ministro della Salute nell’Amministrazione Biden, di professione pediatra. Rachel Levine in realtà è Richard, nato 65 anni fa e che ha vissuto come uomo i primi 54 anni della sua vita (anche sposandosi con una donna e avendo dei figli). Malgrado non esiti a far leva sul suo privato, presentandosi come “il primo transgender” ad aver ricoperto la tale o talaltra carica, mantiene uno stretto riserbo su certi dettagli intimi: non sappiamo cioè se abbia subito operazioni chirurgiche (e sia un/a transessuale), o se semplicemente si auto-identifichi come donna e si vesta da tale (e sia “una transgender” o, come si diceva una volta, “un travestito”).

Dopo essere divenuto ammiraglio a 4 stelle senza aver mai prestato servizio nelle forze armate (la nomina è frutto della congiunzione tra l’incarico governativo e l’essere entrato nell’organico dello U.S. Public Health Service Commissioned Corps), Richard/Rachel Levine è stato anche nominato da “USA Today” “donna dell’anno” senza essere una donna.

Quest’ultimo fatto ha suscitato talune battute maliziose, tra cui una di “Babylon Bee”, un sito satirico di destra, che ha risposto nominando Rachel Levine “uomo dell’anno”. Tale facezia violava uno dei comandamenti del progressismo nordamericano: evitare il misgendering. Con tale termine ci si riferisce, per l’appunto, all’attribuire un pronome maschile a un uomo che si auto-identifica come una donna, o viceversa. Negli USA è (ancora) solo una moda, ma nel Canada di Justin Trudeau è un vero e proprio reato. Twitter, sostituendosi ai giudici, ha subito emanato il suo verdetto, sospendendo l’account (da 1,3 milioni di seguaci) di Babylon Bee.

L’intervento di Musk

Si dà il caso che un estimatore della satira di Babylon Bee sia proprio Elon Musk. Lo scorso dicembre aveva concesso al sito una lunga e amichevole chiacchierata (in cui, tra le altre cose, ha definito il wokismo “un virus mentale”).

Dopo la sospensione dell’account di Babylon Bee, Musk ha chiamato Seth Dillon, amministratore del sito satirico, per informarsi sulla vicenda. In quell’occasione, per la prima volta ha ventilato l’ipotesi di acquistare Twitter.

Quali sono le idee politiche di Musk?

Non sappiamo moltissimo della collocazione politica di Musk. O meglio: conosciamo la sua opinione su diverse questioni, ma non è facile incasellarle univocamente tra destra e sinistra. Sappiamo, ad esempio, che è molto sensibile al tema del cambiamento climatico o che è critico della politica di lockdown. Ha una fondazione caritatevole, ma a differenza di altri miliardari che donano a pieni mani a sigle ideologizzate (quasi sempre di sinistra) i soldi vanno principalmente alla ricerca scientifica o all’educazione scolastica. Probabilmente Musk non è di destra e, anche se lo fosse, è abbastanza furbo da sapere che, in queste lande occidentali, nemmeno l’uomo più ricco del mondo potrebbe dichiararsi impunemente tale. È invece certo che Musk abbia idee non conformi con quelle del pensiero dominante di sinistra e, anche per questo, nutra un sincero interesse per la libertà di parola.

Questo è del resto il punto cruciale. Verificare se il nuovo proprietario terrà fede ai propositi espressi e garantirà la neutralità di Twitter, ad oggi un’azienda militante nel campo della sinistra progressista.

Le aspettative appaiono andare in tal senso. Mentre diversi commentatori di destra che avevano abbandonato (per scelta o forzatamente) Twitter stanno già facendovi ritorno, altri di sinistra minacciano di disiscriversi perché non tollerano che opinioni differenti dalla loro possano essere espresse liberamente.

Possibili implicazioni politiche

Quasi il 60% della popolazione mondiale utilizza i social network su Internet. Escludendo i bambini e gli abitanti di regioni in cui la connessione Internet è scarsa o assente, la percentuale deve essere ben più significativa tra le fasce di popolazione politicamente attive in Occidente.

Dal momento che il sistema radio-televisivo ha barriere d’ingresso insormontabili per la maggior parte delle persone, e che la socialità “fisica” (incontrarsi in piazza, al bar o in osteria per discutere) va rarefacendosi, sono oggi i social network la grande agorà pubblica in cui il grosso del dibattito ha luogo. Proprio per tale ragione è altamente problematica, da un punto di vista democratico, la condotta ideologica, censoria ed arbitraria che questi social hanno – tutti a favore della medesima ideologia.

Anche se Musk ristabilirà la neutralità di Twitter, ci si può attendere che Facebook, Instagram, YouTube rimangano invece schierati e militanti a favore della Sinistra. Tuttavia, bisogna considerare che Twitter ha 400 milioni di utenti, di cui oltre la metà attiva su base quotidiana: tali numeri potrebbero ingrossarsi con la nuova linea, ad esempio attirando utenti scontenti della censura su Facebook. La seconda considerazione da fare è che Twitter è la piattaforma più “politica”. Facebook, per conformazione e da qualche anno anche per scelta aziendale, è utilizzato prevalentemente dalle persone comuni per confrontarsi sulla loro quotidianità. Twitter meglio si presta all’uso che ne fanno commentatori e influencer politici. Ridare una tribuna alle tanti voci di destra precedentemente “deplatformate” sarà già un ottimo servizio al pluralismo.

C’è poi un’altra possibilità che si presenta allettante. Come si accennava prima, tante persone di sinistra minacciano di lasciare Twitter se perderà il suo carattere fazioso.

Potrebbe verificarsi, stavolta a sinistra e più per scelta che per costrizione, quell’esodo di utenti di destra che da Twitter sono passati ad altre piattaforme. Gli utenti di destra, trovando eguali preclusioni in tutte le piattaforme più affermate, sono migrati verso altre create ad hoc per accoglierli: Gab, Parler, Gettr, Truth. Esse hanno l’indubbio merito di offrire un approdo online a chi è stato bandito dai porti principali, ma l’effetto rimane quello di ghettizzare le voci di destra in ambienti esclusivi e uniformi. Ciò, oltre a favorire pericolose “camere d’eco”, impedisce pure di comunicare con (e convertire alla causa) persone che non siano già “dei nostri”.

Se molti utenti di sinistra decidessero di lasciare Twitter, conferirebbero un grande vantaggio alla Destra. Infatti, la massa degli utenti non schierati (o poco ideologizzati), così come non ha seguito l’esodo dei conservatori verso Parler o Gettr, non seguirebbe quello dei progressisti verso altre piattaforme. Certo: la Sinistra ha il vantaggio di poter approdare in piattaforme già affermate, come Facebook, ma è lecito sperare che il suo oltranzismo la porti a disdegnare pure il social del mai del tutto amato Zuckerberg, scegliendone invece qualcuno più marginale o apertamente fazioso come Mastodon o CounterSocial.

Lo so: siamo abituati alle reazioni isteriche da sinistra, coi soliti personaggi che minacciano (?) di emigrare se la destra vince le elezioni, ma poi non lo fanno mai. Potremmo essere di fronte a un altro fuoco di paglia del genere. Ma un conto è organizzare un difficile trasferimento all’estero, un altro effettuare i pochi clic necessari a disattivare un account. Vista la semplicità dell’operazione, potrebbero finalmente tener fede al proposito espresso. E fare così un involontario ma enorme regalo alla Destra nella battaglia informativa e culturale.

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Fondatore e Presidente del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Scienze storiche (Università degli Studi di Milano) e Dottore di ricerca in Studi politici (Università Sapienza), è docente di "Storia e dottrina del jihadismo" presso l'Università Marconi e di "Geopolitica del Medio Oriente" presso l'Università Cusano, dove in passato ha insegnato anche in merito all'estremismo islamico.

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Dal 2018 al 2019 è stato Consigliere speciale su immigrazione e terrorismo del Sottosegretario agli Affari Esteri Guglielmo Picchi; successivamente ha svolto il ruolo di capo della segreteria tecnica del Presidente della Delegazione parlamentare presso l'InCE (Iniziativa Centro-Europea).

Autore di vari libri, tra cui Immigrazione: le ragioni dei populisti, che è stato tradotto anche in ungherese.