di Lorenza Formicola
Direttamente ispirata alla già controversa legge tedesca NetzDG del 2018 (la norma tedesca che ha introdotto la censura sulle piattaforme social più importanti), la legge Avia è praticamente l’omologa francese. L’obiettivo di partenza è sempre il medesimo: rimuovere o bloccare qualsiasi reato, commesso in rete, per conto dello Stato.
Nell’indifferenza quasi generale, il disegno di legge era stato richiesto dallo stesso presidente Macron lo scorso anno e poi presentato il 20 marzo 2019 dal deputato Laetitia Avia per testare il nuovo modello di regolamentazione della libertà di espressione. “Questa proposta di legge mira a combattere la diffusione del discorso dell’odio su Internet”, si afferma nell’introduzione alla legge Avia.
Il 13 maggio, il parlamento francese ha così adottato la legge che richiede a piattaforme online come Facebook, Google, Twitter, YouTube, Instagram e Snapchat di rimuovere i cosiddetti “contenuti odiosi” segnalati e farlo entro 24 ore, mentre per i “contenuti terroristici” avrebbero il tempo di un’ora. In caso contrario sono state stabilite multe esorbitanti – fino al 4% del fatturato globale (con tetto di 1,25 milioni di euro) della piattaforma in caso di mancata rimozione di contenuto.
La legge fresca di Gazzetta sembra non mettere d’accordo nessuno. Se le istituzioni dell’UE hanno chiesto alla Francia di aspettare a legiferare per adeguarsi prima alle linee guida Ue, sia da destra che da sinistra – ognuno per quel che più gli riguarda – sono arrivate forti critiche al testo. L’accusa è più o meno la medesima: la libertà di espressione compromessa e affidata a degli attori privati. Gli oppositori del testo temono inoltre che, per paura delle multe e in assenza di sanzioni significative per la “censura eccessiva”, i social network saranno incoraggiati a eliminare contenuti che sono comunque legali. E quindi procederanno a rimuovere secondo opinioni arbitrarie: le loro.
Prima del voto, l’ONG dei diritti digitali ‘La Quadrature‘, invece, esortava i cittadini a protestare contro il testo, sostenendo che la legge sul discorso dell’odio era stata trasformata in un “arsenale antiterrorismo” che conferiva alla polizia un potere incontrollato. La nuova caccia alle streghe per i contenuti giudicati “controcorrente” è appena iniziata anche in Francia. Pur nell’incapacità di definire i confini e di stabilire cos’è “odioso”, è stato comunque stabilito che la censura è la panacea per i problemi percepiti.
Qualcosa di estremamente allarmante per due paesi come Germania e Francia, che hanno dimostrato di non riuscire a stare al passo con le minacce del terrorismo e con l’ondata di crimini violenti degli immigrati, ma che comunque vogliono investire cospicue risorse per zittire la libertà di espressione dei propri cittadini sui social media.
Anche negli Usa la censura social è un annoso problema. E il presidente Trump da tempo denuncia la faziosità progressista dei grandi social media. Ha così appena colto l’occasione per annunciare la riforma della legge che li regola e ha puntato il dito contro le nuove forme di “censura” introdotte in modo sempre più massiccio sia da Twitter che da Facebook.
Saggista e pubblicista, è analista del mondo arabo e islamico. Si occupa di immigrazione e sicurezza, con una particolare attenzione alla nuova islamizzazione dell'Europa. Scrive soprattutto per "La Nuova Bussola Quotidiana", "Analisi Difesa" e "Il Giornale".
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