di Trader

Dalla Gran Bretagna all’Italia, la crisi di consenso della Destra

In Gran Bretagna, il Partito Conservatore, al governo da più di un decennio, è in grande ansia. Solo sei mesi fa si ritrovava con una maggioranza schiacciante in parlamento, un vantaggio (spesso a doppia cifra) nei sondaggi da più di 100 settimane e un’opposizione dilaniata dalla distanza ideologica dei propri attivisti rispetto alla gran parte dell’elettorato. Nelle ultime settimane, invece, non solo il capo di governo, Boris Johnson, è sulla graticola, con rischio serio di crisi di governo, ma i laburisti si ritrovano nei sondaggi in vantaggio di ben 10 punti in caso di nuove elezioni.

Cos’è successo? L’esperienza britannica può essere da lezione anche per la destra italiana, da qualche anno in calo di consensi, sia a livello di sondaggi sia di effettivi risultati elettorali, dati delle amministrative alla mano. Il problema di Johnson è lo stesso di Salvini: l’elettorato deluso e demoralizzato.

La fuga verso l’astensionismo

Vi è una notevole differenza tra chi vota a sinistra e chi vota a destra. Il primo vota per il proprio partito sempre e comunque: indipendentemente dall’importanza della tornata elettorale e dalle qualità del candidato. Vi è una lealtà ideologica e di classe per quegli elettori che vivono nelle grandi città, lavorano per grandi aziende multinazionali, sono geograficamente mobili e consumano cultura dei media mainstream senza alcun senso critico.

La destra di Johnson come la destra di Salvini, invece, era riuscita a fare breccia nelle periferie, tra i perdenti della globalizzazione, motivati da un forte senso nazionale. Molti di questi elettori provenivano da decenni di voto di classe operaia a sinistra. La loro lealtà non è garantita né scontata, il loro era un voto di protesta. Ancora una volta, dati alla mano, questi elettori non stanno tornando a sinistra ma, più semplicemente, stanno rinunciando a votare, perché si sentono traditi dai propri rappresentanti.

Per l’elite globalista, questo è lo scenario ideale. Metà della popolazione rinuncia a votare, in quanto lo ritiene inutile, e si rassegna al proprio destino. Chi vota sono i leali sostenitori delle elite. La facciata di democrazia è mantenuta – il che è necessario per chi si vuole mostrare come leader benevolo.

Le ragioni dello scoramento

Perché l’elettorato popolare è deluso? Qui la situazione tra Italia e Gran Bretagna diverge. Il problema dei Tories è che i loro rappresentanti eletti, in termini di istruzione, classe, cultura e preferenze ideologiche, alla fine dei conti, non sono troppo differenti dall’elettore laburista: più interessati a crociate ambientaliste (scaricando i costi sulla comunità), spesso bendisposti verso le mode woke provenienti dagli USA (con celebrazioni religione LGBTIIAQ+ o BLM), scarsamente attenti alle questioni di sicurezza e cultura patriottica che invece animano i propri elettori (confini, identità nazionale, crimine). A questo si può aggiungere una serie di errori grossolani dello stesso Johnson e la frittata è fatta.

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In Italia, invece, la Lega di Salvini, dopo un iniziale travaso nei sondaggi a favore di Fratelli d’Italia durante l’esperienza all’opposizione del Conte Bis, è tornata al governo con Draghi. Una svolta europeista, spesso invocata dai giornali di sinistra, verso un ”centro” che elettoralmente non esiste. I voti guadagnati sono zero. La Lega da primo partito è spesso scesa al terzo posto. I giornali di sinistra sono rasserenati. Salvini non è più una minaccia, né a livello ideologico, né elettorale. Rimane il dubbio che la stampa europeista non sia troppo interessata a suggerire alla Lega svolte che ne possano favorire il successo elettorale: tutt’altro.

La trappola dell’emergenza sanitaria senza fine

Salvini e la Lega sembrano essere in trappola. Finché l’emergenza pandemia persiste, non si parlerà d’altro. Al massimo, si cercherà di trovare nuove ragioni per prolungare l’emergenza, come vessare i non vaccinati e violarne i diritti costituzionali, con il pieno consenso della magistratura. Finché non si parla d’altro, buona parte degli elettori non va neanche più a votare. A un anno dalle elezioni, lo scenario per le elite è ideale: presidenti della Repubblica e del Consiglio in salde mani europeiste, opposizione neutralizzata, totale controllo della narrativa sui temi scottanti (si parla solo ed esclusivamente del virus).

Forse per questo Johnson ha deciso di porre fine alla pandemia, ormai più mediatica che altro. In Italia invece sembra ci si muova in direzione opposta: emergenza permanente e con essa governi tecnici di stampo europeista.

Il declino garantito.

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