di Giuseppe Morabito
In Cina, è un dato di fatto, oggi le autorità affrontano l’epidemia più significativa nel paese da febbraio di quest’anno. “La situazione epidemica nella capitale è estremamente grave”, ha dichiarato il portavoce della città di Pechino Xu Hejian in una conferenza stampa. “In questo momento dobbiamo prendere misure rigorose per fermare la diffusione di Covid-19”.
Pechino ha 22 milioni di abitanti e più di 20 quartieri nella capitale cinese sono stati ora designati a medio rischio, il che significa che le autorità possono imporre restrizioni più rigorose alla circolazione di persone. Per fare un parallelo per ciò che concerne la popolazione, è come se buona parte dell’Italia settentrionale fosse messa nuovamente in “fase 1”.
Le autorità di Pechino hanno descritto l’epidemia di coronavirus della città come “estremamente grave” in quanto sono emersi numerosissimi casi e i viaggi da e per la città sono stati ridotti. Martedì sono stati delimitati altri quartieri, con checkpoint di sicurezza istituiti presso i complessi residenziali in cui vivono persone ad alto rischio perché venute a contatto con persone poi risultate positive. Nessuno di questi soggetti può lasciare la città.
Come detto, il “cluster di Pechino” è il più significativo nella Cina da febbraio e in questa occasione ci sarà molto da studiare e analizzare. Se i numeri saranno confermati, sia in merito ai timori di una seconda ondata, sia sulla questione sulle modalità di diffusione del virus anche in presenza delle dichiarate “importanti” misure di quarantena adottate dal governo cinese .
L’epidemia è sicuramente imbarazzante per la Repubblica Popolare, che aveva dichiarato la vittoria sul virus e disposto, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, il ritorno alla vita pre-Covid19. Come noto, a Pechino, dove le misure di contenimento sono state tra le più severe del paese, non sono stati “dichiarati” nuovi casi per circa due mesi, prima di quelli manifestati giovedì scorso. Secondo le autorità cinesi prima di tale settimana la maggior parte dei nuovi casi derivava erano di rientro, ossia da cittadini cinesi di ritorno dall’estero.
Le autorità, secondo gli usi del regime cinese, si sono affrettate a dichiarare che il ceppo è molto simile a quelli osservati in Europa, negli Stati Uniti o in Russia. Mediaticamente il messaggio è chiaro: ” Il virus viene non da Wuhan ma dall’esterno della Cina ed è portato a Pechino dai viaggiatori riammessi”. Sui media statali un vicedirettore del Dipartimento di biologia dei patogeni dell’Università di Wuhan ha affermato che il nuovo focolaio è costituito da un ceppo più contagioso rispetto a quello che ha colpito la sua città all’inizio della pandemia.
Dopo mesi di paralisi economica, le autorità hanno cercato di limitare le misure di blocco a parti della città e hanno incoraggiato i residenti a continuare la “vita normale”, prendendo ulteriori precauzioni. Funzionari cinesi e media statali hanno, quindi, rapidamente difeso il Paese escludendo timori di una possibile seconda ondata. “Sono state messe in atto misure di controllo nelle comunità, tre funzionari responsabili sono stati licenziati”, ha dichiarato il direttore del “Global Times”, Hu Xijin. Aggiungendo poi: “I politici statunitensi probabilmente vedranno un miracolo nel fatto che Pechino possa avere zero nuovi casi in un mese”.
La dichiarazione sui politici statunitensi porta l’attenzione dall’altra parte del Pacifico. In queste giornate convulse a causa delle scomposte reazioni derivanti dai deprecabili e sempre condannati atti riconducibili al razzismo di alcuni membri della polizia americana, gli Stati Uniti stanno raggiungendo un terribile traguardo di morte. La Prima Guerra Mondiale ha avuto un costo umano pari a 126mila morti e, secondo le proiezioni, presto i morti a causa Covid 19 sul suolo americano raggiungeranno tali cifre.
È necessario riflettere su questa situazione e anche sull’incontrovertibile realtà che il virus cinese, prima non dichiarato, poi non controllato e infine diffuso in Occidente, sta mietendo vittime in tutto il mondo. Difficile per la Presidenza Trump non considerare questo come un atto ostile e non reagire almeno sul piano economico.
Si può cercare di “girare” il discorso, come fanno alcuni scienziati in Europa, affermando che oggi è precipitoso affermare che il virus causa del nuovo focolaio di Pechino sia diverso in termini di trasmissibilità dall’originale. In particolare Deenan Pillay, professore di virologia allo University College di Londra, ha recentemente dichiarato: “Il sequenziamento genetico potrebbe facilmente stabilire se sia stato effettivamente importato dall’Europa”. Ma con le informazioni limitate attualmente disponibili (come sorprendersi conoscendo l’attitudine di Pechino in merito) non si può confermare. Pillay ha anche aggiunto: “Il massimo che si può commentare – se davvero si vuol credere che provenga dall’Europa – è che è una buona prova del controllo della diffusione cinese originale e che non c’è nessuna rinascita di quel virus”.
In conclusione, come dicono i romani: “gira che te rigira” si tratterebbe di qualcosa che è andato in giro ma alla fine “torna a casa”.
Senior Fellow del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Generale di Brigata (aus.) dell'Esercito Italiano, membro del Direttorato della NATO Defence College Foundation. Per anni direttore della Middle East Faculty all'interno del NATO Defence College.
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