di Giovanni Giacalone

Nella mattinata del 31 gennaio la Polizia di Stato di Ancona ha arrestato tre cittadini tunisini a seguito di un’indagine della DIA del capoluogo marchigiano in coordinamento con la Procura di Macerata e condotta dalla DIGOS di Roma e Macerata. L’operazione, denominata “Wet Shoes”, ha portato a 44 perquisizioni nei confronti di 18 indagati per vari reati e di altre 26 persone, risultate contigue a vario titolo all’organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nelle province di Ancona, Fermo, Ferrara, Catanzaro, Modena, Macerata, Siracusa e Verona. Tra i luoghi attenzionati dagli inquirenti c’è anche un Centro di Assistenza Fiscale (CAF) del maceratese ed un casolare, sempre nella stessa provincia, utilizzato come rifugio dagli irregolari.

Secondo quanto emerso dall’inchiesta, grazie alle complicità sul territorio maceratese (titolari di aziende e pubblici ufficiali, con collegamenti in altre regioni italiane e all’estero), il gruppo era in grado di gestire l’arrivo sulle coste siciliane di clandestini (in prevalenza nordafricani partiti dalla Tunisia), il supporto logistico ed anche le coperture occorrenti per ottenere la documentazione necessaria a favorire il loro trasferimento su tutta l’area Schengen. Elemento ancor più inquietante, tra gli stranieri intenzionati a raggiungere gli altri Paesi Ue erano presenti soggetti legati a reti jihadiste.

Va inoltre evidenziato che l’operazione “Wet Shoes” è nata dagli sviluppi di indagini collegate all’attentato terroristico del 19 dicembre 2016 a Berlino perpetrato dal terrorista tunisino Anis Amri, anch’egli arrivato clandestinamente in Italia dove ha soggiornato prima di raggiungere la Germania con documenti falsi. Amri fu ucciso quattro giorni dopo l’attentato a Sesto San Giovanni, in uno scontro a fuoco con la Polizia.

È bene ricordare che le province di Ancona e Macerata erano già emerse pochi anni addietro come zone interessate dal terrorismo islamista; in passato vi aveva infatti soggiornato Nourreddine Chouchane, membro di Ansar al-Sharia che aveva contribuito a pianificare la sparatoria alla spiaggia di Sousse e l’attacco al museo del Bardo nel 2015. Chouchane venne ucciso nel febbraio del 2016 in Libia da un attacco aereo statunitense. Un altro luogo della zona già interessato da indagini nei confronti di alcuni pakistani accusati di terrorismo (ma anche da altre inchieste relative allo spaccio di stupefacenti con finalità di finanziamento del jihad) è poi l’Hotel House di Porto Recanati, un enorme e degradato complesso residenziale noto anche come “ghetto verticale”.

Il fatto che, grazie all’operazione “Wet Shoes”, la suddetta organizzazione sia stata sgominata è certamente un’ottima notizia, in particolare in un momento in cui si assiste alla recrudescenza degli attentati in Europa: almeno tre da inizio gennaio.

  • L’11 gennaio, alla stazione Paris Gare du Nord, un nordafricano irregolare con precedenti ha ferito a coltellate, al grido “Allahu Akbar”, diverse persone prima di venire bloccato dalla polizia.
  • Il 19 gennaio alla stazione di Bruxelles Sud un individuo la cui identità non è stata resa nota ha accoltellato al grido “Allahu Akbar” alcune persone prima di venire tratto in arresto.
  • Il 25 gennaio ad Algeciras, nella Spagna meridionale, un irregolare marocchino di 25 anni ha verbalmente aggredito dei fedeli all’interno di una chiesa per poi ferire il sacerdote a colpi di machete e uccidere il sagrestano di un’altra chiesa poco distante prima di venire fermato dalla polizia.
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Resta poi l’incognita del movente per quanto riguarda l’attacco perpetrato da un apolide palestinese con numerosi precedenti a bordo di un treno nei pressi della città tedesca di Brokstedt, che ha causato la morte di due persone e il ferimento di diverse altre.

Come se non bastasse, il 30 gennaio un altro soggetto ha aggredito e ferito a coltellate tre persone alla stazione Schuman di Bruxelles prima di venire bloccato dagli agenti. Anche in questo caso non sono trapelate informazioni per quanto riguarda il movente o l’identità dell’assalitore.

Fatto sta che tutti gli attacchi avvenuti da inizio anno si sono verificati in stazioni o a bordo di treni, tra i soft-target prediletti dal jihadismo, mentre solo nel caso spagnolo sono state prese di mira delle chiese cattoliche.

Ciò lascia chiaramente intendere che il terrorismo è tutt’ora un pericolo per l’Europa, così come continua ad esserlo il flusso di irregolari proveniente dal Nord Africa, canale essenziale per l’infiltrazione di terroristi in Europa, come già dimostrato in numerose occasioni e a discapito di chi sosteneva che “i jihadisti non arrivano con i barconi”, posizione prettamente ideologica e ben lontana dalla realtà dei fatti. Ben poco si è finora fatto per arginare efficacemente il fenomeno e, non a caso, numerosi terroristi che hanno colpito in Europa sono transitati per l’Italia.

Ben vengano le operazioni come quella inizialmente citata, ma nel contempo non vi è modo di sapere quanti potenziali terroristi sono già entrati e pronti a colpire. Questo è un grosso problema, perché non si può semplicemente attendere che qualcuno si attivi e uccida, indicandolo poi come “pazzo” o “disadattato”, visto che da inizio anno si contano già tre morti e numerosi feriti.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.